La nota scrittrice giapponese Banana Yoshimoto è stata a Napoli su invito dell’Università Orientale.
Noi di The Cloves Magazine abbiamo avuto il privilegio di incontrarla presso la sede dell’Orientale di Palazzo Du Mesnil in Via Chiatamone e le abbiamo rivolto tre domande come da protocollo.
La scrittrice è restia a concedere interviste e quando lo fa, le sue risposte sono laconiche ma nel suo riserbo si nasconde il fascino di una cultura millenaria. L’alone di mistero che la circonda resiste e ogni forzatura assumerebbe i toni di una profanazione.
É una signora gentile e composta nei modi. La sua voce è calda ed avvolgente. Sorride spesso mentre parla e guarda diritta negli occhi chi la intervista con un atteggiamento sornione e a tratti di sorpresa. La traduttrice non fa fatica a starle dietro perché parla lentamente e si nota che è abituata ad attendere i tempi della traduzione. Infatti, le sue risposte hanno una durata precisa, come se le parole prendessero il posto delle note su un pentagramma.
Il suo primo fortunato romanzo Kitchen fu pubblicato nel 1988 da Inge Feltrinelli, donna di rare virtù editoriali, scopritrice di talenti e lungimirante al punto da aver compreso, con largo anticipo sui tempi, che la scrittrice sarebbe diventata un punto di riferimento per i giovani.
Come spiega il grande successo dei suoi libri presso i giovani?
«Un paio di anni fa sono venuta in Italia, per la precisione a Milano e mi sono molto meravigliata nel vedere, tra il pubblico presente alla mia conferenza, un grande numero di giovani. Ho una certa età e pensavo di trovare di fronte a me persone della mia età. É stato qualcosa di inaspettato. Evidentemente i genitori hanno influenzato le scelte letterarie di questi ragazzi. Provo molta gratitudine nei loro confronti».
Cosa le piace dell’Italia e quali autori italiani legge?
«In verità non leggo molti autori italiani perché non sono tradotti e, quind,i non leggo tanto da potermi fare un’idea precisa a riguardo».
Legge autori stranieri?
«Sto provando a fare mente locale, ma non c’è nessun autore che mi entusiasmi in modo particolare. Capote lo leggo spesso, ma questo non vuol dire che sia il mio autore preferito».
Foto di Maria Battaglia
Dal suo romanzo Tsugumi è stato tratto un film dal titolo Tugumi nel 1990 per la regia di Jun Ichikawa. Pensa che i suoi testi possono essere trasposti in film e ripeterebbe l’esperienza?
«É molto difficile realizzare un film da un mio testo. Non credo che questa esperienza possa ripetersi, a meno che non si realizzino tutte le condizioni necessarie affinché un tale progetto possa andare in porto».
Dal Palazzo Du Mesnil si vede il mare e il golfo di Napoli che in silenzio ha fatto da sfondo alla nostra intervista. Banana Yoshimoto si è comportata come questo mare calmo e silenzioso, ma trasparente e con bellezze nascoste.
Se è vero che gli scrittori si rivelano nelle loro opere allora basterà leggere i suoi 45 romanzi!