Non sbaglia nulla il favoloso australiano, come sempre, Daniel Smith umile e generoso a dirigere questo straordinario e divertente “Barbiere di Siviglia” con complice un cast prestigioso in un lavoro di squadra dai risultati appaganti.
Si potrebbe dire ‘cronaca di un successo annunciato’, come dimostra il sold-out della serata, ma nessuno è andato in scena pensando di fare una passeggiata, al contrario, la volontà di rendere tutto perfetto è stata percepibile nei volti che si sono distesi alla prima nota e hanno coinvolto il pubblico come solo un gruppo d’artisti con Smith come direttore riesce a fare.
L’orchestra è sempre impeccabile, i complimenti per loro non bastano mai, gli artisti sul palcoscenico perfetti. Il Barbiere non è un’opera facile, dall’esterno, da spettatori si coglie l’allegria e la simpatia della storia, quasi si canticchia come dietro alla musica pop ‘Largo al factotum’ la cavatina di Figaro o l’aria di Basilio ‘La calunnia è un venticello’, coinvolti dal ritmo e dall’allegria, tuttavia, non c’è nulla di semplice in quest’opera di Rossini, anzi, tempi, crescendo e movimento sono difficili da tenere soprattutto su un palco all’aperto con tanto di microfoni che possono essere croce e delizia. Ma il cast è riuscito a superarsi, con una performance moderna e meravigliosa, coinvolgendo il pubblico, con molti giovani – che hanno risposto all’invito di Smith lanciato in occasione di ‘Otherworlds music from the players’ – e regalando a tutti una serata divertente ed emozionante.
Complice anche l’eclissi di luna, che ha rubato qualche minuto nell’intervallo e che simpaticamente è stata salutata anche nel canto di Claudio Ottino (Don Bartolo) all’inizio del secondo atto.
Sergio Bologna è strepitoso sia vocalmente che nei panni di un personaggio che sembra scritto per lui, chi non s’immagina Figaro con le sue fattezze? Brave Elena Belfiore (Rosina) e Marta Calcaterra (Berta) che aggiungono simpatia alla loro recitazione oltre al bel canto. Giovanni Battista Parodi è impeccabile in Don Basilio, ma mi si permetta di sottolineare l’eccezionale Blagoj Nacoski nel ruolo del Conte D’Almaviva: la sua presenza scenica è qualcosa di raro, la capacità recitativa è coinvolgente e la voce è unica. È protagonista in tutto, non solo con il canto ma con la mimica e la padronanza del palco che tiene ad un altissimo livello per tutta la performance.
Ancora spendo parole per la difficoltà di tutto questo, apparsa al pubblico come invece qualcosa di naturale, a qualche ‘purista’ perfino troppo moderna e movimentata, a mio avviso nella giusta formula per raggiungere un pubblico variegato e avvicinare i giovani con linguaggi espressivi ad essi più vicini. Quindi plauso alla regia di Vivien Hewitt e complimenti a costumisti (omaggiati anche da Daniel Smith che nel secondo tempo indossa abiti di scena) e scenografi, perché hanno saputo riportare i colori di una Siviglia immaginaria e allegra nel Porto Antico di Genova che, ormai, dopo il successo anche della Butterfly si è lasciato sedurre dall’opera e dal Teatro Carlo Felice.
Si replica domenica con un altro annunciato sold-out. Mentre, sabato sera la seconda e ultima replica di Madama Butterfly.
IL BARBIERE DI SIVIGLIA di Gioachino Rossini
– Direttore, Daniel Smith*
– Regia, Vivien Hewitt
– Scene e costumi, Teatro Carlo Felice
-Assistente alla regia, Federico Vazzola
-Assistente ai costumi, Elena Pirino
-Assistente alle luci, Angelo Pittaluga
– Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice
– Maestro del Coro Franco Sebastiani
Personaggi e interpreti:
Il Conte d’Almaviva, Blagoj Nacoski
Don Bartolo, Claudio Ottino
Rosina, Elena Belfiore
Figaro, Sergio Bologna
Don Basilio, Giovanni Battista Parodi
Berta, Marta Calcaterra
Fiorello/Un ufficiale, Giuseppe De Luca
* Direttore principale ospite del Teatro Carlo Felice
Dal sito del Teatro Carlo Felice: Hegel scriveva nel 1824: “Ho sentito il Barbiere di Rossini per la seconda volta. Bisogna dire che il mio gusto deve essersi molto depravato, perché trovo questo Figaro molto più attraente di quello di Mozart.” Non ci potrebbe essere testimonianza più significativa sulla capacità del capolavoro rossiniano di arrivare a tutti, compreso uno dei filosofi più seri di tutti i tempi.
L’irresistibilità dell’intreccio, tratto dalla fortunata commedia di Beaumarchais del 1775, e il fiume inesauribile di invenzioni musicali che attraversa per intero la partitura hanno sempre messo d’accordo tutti, anche gli ascoltatori meno “rossiniani”. Eppure, a ben guardare, non si tratta di un’opera così semplice. A proposito della celeberrima cavatina di Figaro, “Largo al factotum”, per esempio, il critico Fedele D’Amico ha scritto che si tratta di un “pezzo senza precedenti nella storia dell’opera, sia per la violenza ritmica e timbrica (l’orchestra vi sostiene una parte di grande rilievo), sia per la complessità della costruzione.”
Il fatto è che il comico di Rossini era un comico del tutto nuovo, basato su intuizioni precedenti dell’opera buffa, sì, ma portate così alle estreme conseguenze da suonare inaudite e dirompenti. Il vecchio personaggio settecentesco dell’intrallazzone libertino, Figaro appunto, con Rossini (e il librettista Cesare Sterbini) diventa un uragano che travolge tutto ciò che c’è in scena; nessun Dottore tardone e gabbato dell’opera buffa era mai stato così tardone e gabbato come il Don Bartolo del Barbiere; nessuna aria non drammatica aveva mai raggiunto un’apoteosi drammatica (anche se per finta) come il “colpo di cannone” dell’aria della “Calunnia” di Don Basilio, lezione magistrale di “crescendo rossiniano”; e nessuno dei finali d’atto mozartiani, meravigliosi, si era mai spinto talmente oltre la ragionevolezza da arrivare alla vera e propria follia musicale e linguistica del “Mi par d’essere con la testa in un’orrida fucina” che chiude il primo dei due atti.
La regia che Vivien Hewitt ha pensato per questa edizione, si inserisce in quella tradizione che da sempre valorizza il divertimento e l’audacia di una delle opere più comiche – musicalmente e teatralmente – di tutti i tempi.
**Immagine dalla pagina Facebook di Daniel Smith