Inevitabile successo di pubblico e di grandezza attoriale per il debutto del Pompeii Theatrum Mundi, la rassegna di drammaturgia antica promossa dal Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale in collaborazione con il Parco Archeologico di Pompei, con lo spettacolo Salomè di Oscar Wilde nella traduzione di Gianni Garrera, su adattamento e regia di Luca De Fusco.
In uno scenario illuminato dalla luna, sia magica sia sinistra, lo sguardo diventa un'indicazione fatale di desiderio interiore e di possessività di chiunque guardi Salomè, la cui storia è raccontata nel Vangelo di Marco 6, 14-29 e di Matteo 14, 1-12.
Sotto l'ineguagliabile direzione di Luca De Fusco, Salomè è Gaia Aprea, la sua recitazione di pacata concitazione è straordinaria, la sua immagine è aliena, ha i colori freddi e argentei della luna anche se gli altri la vedono solare sotto un trucco dorato, quasi a definire la femme fatale che è in lei, femmina demoniaca che guidi gli uomini, solo per svuotare le loro forze. Salomè è una donna seduttrice ma annoiata dagli uomini che disprezza per il loro continuo corteggiamento lascivo, ma tutto ritorna, anche lei diventerà petulante e innamorata, ma la femme fatale sarà determinata: "Io bacerò la tua bocca, Iokanaan!"
Salomè incontra il prigioniero del suo patrigno Erode, Iokanaan, noto come Giovanni il Battista, impersonato dall’abile e affascinante Giacinto Palmarini e così nasce questo inestinguibile desiderio per il profeta incarcerato, ma lui la ripudia: “Indietro, figlia di Babilonia! Indietro, figlia di Sodoma!” e preferisce proclamare l'arrivo di Gesù e inveire contro l'immoralità, anche quella di Erodiade, Anita Bertolucci che la costumista Marta Crisolini Malatesta si è divertita a creare la sua immagine come fosse uscita da un quadro di Klimt.
Foto di Fabio Donato
Salomè decisamente determinata, capace di compiere atti di vendetta estremi nel caso in cui lei venga disprezzata, cede alle continue lusinghe di Erode che vuole che lei balli per lui. Su Eros Pagni nel ruolo di Erode, bisognerebbe aprire un capitolo a parte, ma mi limiterò a dire che lui fornisce alla recitazione linee da grandi ritmi attoriali con la disinvolta indifferenza del personaggio rende realistiche le battute stravaganti e divertenti scritte da Wilde, con quei toni, quelle pause, quegli impulsi e quegli intercalari perfetti che si trovano negli interstizi della sua grande padronanza del palcoscenico.
Erode offre metà del suo regno per un ballo di Salomè e lei esegue la famosa danza dei sette veli, ma alla fine cambia le carte e Salomè chiede la testa di Iokanaan su un bacile d’argento come ricompensa, il re infelicemente accetta i suoi termini e alla fine desiderio e distruzione si uniscono in Salomè, in una struttura drammatica piena di presentimenti iniziali, di spettatori coinvolti e di uno spettacolo assolutamente da vedere per la sua completezza cui ha saputo dare Luca De Fusco.
Sul palco un cast davvero eccezionale: Alessandro Balletta (secondo giudeo), Silvia Biancalana (paggio di Erodiade), Paolo Cresta (un sadduceo), Luca Iervolino (secondo soldato), Gianluca Musiu (giovane siriano/un nazareno), Alessandra Pacifico Griffini (schiava di Salomè), Carlo Sciaccaluga (un nubiano/ un fariseo), Paolo Serra (tigellino/ cappadociano), Enzo Turrin (primo giudeo).
Le scene e i costumi sono firmati da Marta Crisolini Malatesta; il disegno luci è di Gigi Saccomandi; le musiche originali sono di Ran Bagno; le coreografie sono di Alessandra Panzavolta; le installazioni video sono di Alessandro Papa. La produzione è del Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Teatro Stabile di Verona.
Foto di Fabio Donato