L’immortale, un film scritto, diretto e interpretato da Marco D’Amore, esce oggi nelle sale cinematografiche di tutta Italia.
Non è solo un opera cinematografica ma un nuovo capitolo che si integra in Gomorra-La serie e fa da ponte tra la quarta e la quinta stagione. Un progetto innovativo attraverso il quale, per la prima volta in assoluto nella storia della serialità, un film a se stante diventa un segmento di un racconto di una serie tanto amata dal pubblico.
Il film della durata di 116’ è distribuito dalla Vision Distribution che ne è anche produttore insieme a Cattleya.
Il cast vede la presenza di:Marco D’Amore (Ciro Di Marzio), Giuseppe Aiello (Ciro da bambino), Salvatore D’Onofrio (Bruno) ,Giovanni Vastarella (Bruno da giovane), Marianna Robustelli (Vera), Martina Attanasio (Stella), Gennaro Di Colandrea (Virgilio), Nello Mascia (Don Aniello), Aleksei Guskov (Yuri Dobeshenko), Nunzio Coppola (Nunzio), Salvio Simeoli (‘O Mierlo).
Il film è ambientato tra la Napoli degli anni ’80 post –terremoto e la città di Riga odierna e vede come protagonista Ciro detto l’Immortale che sopravvive al colpo sparatogli in pieno petto dal suo amico fraterno Ciro Savastano. Don Aniello gli offre una piazza di spaccio a migliaia di chilometri da Napoli, sul Mare Baltico, in una città fredda e inospitale come può essere appunto Riga. Ciro si trova costretto a scegliere tra la mafia russa e quella lettone. Ma il suo passato di orfano riaffiora prepotentemente nei ricordi che lo sopraffanno. L’immortalità è una condanna peggiore della morte.
Nelle note di regia Marco D’Amore spiega:«Ciro è il male assoluto, il gesto efferato, la violenza ingiustificabile ma è anche la tenerezza improvvisa di una carezza, la compassione per il dolore, il gesto eroico del sacrificio. É un essere umano totale, conflittuale, tridimensionale e ha, a mio avviso, la potenza dei grandi protagonisti della letteratura teatrale, come l’Amleto o lo Iago di Shakespeare, il Caligola di Camus. Negli anni di percorso fatti spalla a spalla con questo personaggio, non ho mai smesso di pensare a lui, di interrogarlo come un oracolo nero, di sognarlo e averne l’incubo». E ancora circa la genesi del film prosegue:«Questa ossessione mi ha fatto immaginare infinite storie possibili che ne ampliassero il racconto e ne indagassero le origini. Una di queste ha preso poi il sopravvento, quella di un uomo sospeso tra il ricordo del tempo in cui tutto è incominciato, la Napoli degli anni ’80 e un presente in un luogo lontano che è asilo ed esilio al tempo stesso».
Numerose le domande che sono state fatte a D’Amore durante la conferenza stampa che si è tenuta stamane all’Hotel Vesuvio, alle quali l’attore-sceneggiatore e regista non si è sottratto.
Innanzitutto ha voluto ringraziare gli attori che hanno preso parte al film per aver mostrato grande talento e professionalità. Essi hanno “dato cuore e corpo a personaggi indimenticabili”. Il bambino che interpreta Ciro da piccolo, Giuseppe Aiello, è “un vero scugnizzo napoletano” ed è la vera rivelazione del film.
Alla domanda di quanto c’ è di D’Amore nel personaggio dell’ Immortale ha risposto:« In effetti ben poco. Io, nella vita reale, ho avuto la fortuna di essere sostenuto dai miei genitori. Il mio personaggio si ritrova invece orfano e preda degli eventi. Si affeziona a Bruno come un vero padre e alla sua compagna Stella. Diventa un uomo con una ferita incancellabile e rincorre disperatamente un sentimento, una persona che gli voglia realmente bene, ma al posto dell’amore incontra delusioni e amarezze. Ed ecco che diventa un delinquente, ma capace di picchi sentimentali ed emotivi che, a seconda dei casi, ce lo fanno amare o odiare».
E ancora, perché queste scelte estreme? E D’Amore risponde:«Ciro nella vita sostiene che si possa sempre scegliere ma una volta presa una decisione è difficile tornare indietro. Ciro compie le sue scelte con piena consapevolezza».
Noi di The Cloves Magazine gli abbiamo chiesto: Come risponde alle polemiche strumentali che qualcuno potrebbe avanzare dopo aver visto il film come violento, diseducativo, che si compiace di mostrare una Napoli crudele e lo stesso Roberto Saviano un autore da condannare? D’Amore ha risposto:«Penso a Galileo Galilei, a Bertold Brecht che non furono compresi. É la storia dell’umanità che va così. Questi scrittori sono stati attenti osservatori della realtà, né visionari, né profeti. Gomorra descrive la realtà ed io desidererei che i giudizi espressi fossero onesti, indipendenti e scevri da condizionamenti. La serie di Gomorra è stata venduta in 200 Paesi e molti si sono identificati nelle sue storie. Io considero il lavoro di Roberto Saviano un regalo e un potente mezzo per fare aprire gli occhi alla collettività. Inoltre, Gomorra ha richiamato turisti e indirettamente ha permesso ad altri registi di allestire set cinematografici a Napoli dando opportunità di lavoro».
Il film è poetico e potente. Lo spettatore si porrà domande che riguardano la vita, le passioni, i sentimenti, i desideri e il male attraverso cui si è disposti per realizzarli.
La Napoli dickensiana descritta nel film di D’Amore, sorprenderà tutti per la profonda umanità dei personaggi descritti.
La lotta di potere e il sangue versato formano l’espressione granitica de l’Immortale e il suo sguardo sfuggente. I fantasmi del passato e il male compiuto sono e saranno la sua condanna, peggiore della morte.