
Nata e cresciuta a Scampia, Maddalena Stornaiuolo è molto più di un’attrice: è una presenza attiva e rivoluzionaria nel suo territorio. Nel 2017 ha fondato La Scugnizzeria, una scuola di recitazione che sottrae i ragazzi alla strada per restituirli all’arte, al sogno, a un’alternativa concreta. Molti dei suoi allievi oggi recitano in film e serie tv. E lei continua a lavorare su tutti i fronti: attrice intensa (in Gelsomina Verde e I Bastardi di Pizzofalcone), regista pluripremiata (Sufficiente, Coriandoli), acting e dialogue coach per progetti come Fortuna, L’amica geniale, La vita bugiarda degli adulti. È anche tra i volti più amati di Mare Fuori 4, dove interpreta Maddalena, agente nell’IPM, con uno sguardo umano che supera le sbarre.
Ospite tra i protagonisti del Fashion Gold Summer Party 2025, evento clou dell’estate campana, Maddalena ci ha raccontato, con voce appassionata e senza filtri, il suo percorso artistico e umano. Dai primi laboratori da adolescente timida alla direzione artistica, fino al sogno di un lungometraggio: la sua è una storia fatta di scelte coraggiose, passione contagiosa e gratitudine vera.
Hai studiato recitazione, doppiaggio, movimento scenico con grandi maestri (Barba, Montanari, Cirillo ecc.). Quale insegnamento ti ha formato di più e ti porti ancora dentro? E quale consiglio irrompe spesso nella tua vita artistica?
«Il consiglio che ogni tanto ritorna nella mia vita, legato a tutta la formazione che hai citato, è di non pensare che i propri limiti siano insuperabili. Tutti ne abbiamo, certo, ma non per questo dobbiamo vederli come barriere invalicabili. Passo dopo passo, si possono scalare le vette: chi una più alta, chi una più bassa, ma sempre una vetta è. All’inizio, quando me lo dissero, pensai: “Vabbè, è una di quelle frasi fatte, retoriche”. Poi, con gli anni, ho capito che invece è una verità profonda.Per quanto riguarda i maestri, non saprei dire chi mi ha formato “di più” o “di meno”. Ognuno, a suo modo, mi ha dato qualcosa. Certo, con alcuni ho avuto meno feeling, anche perché ero molto giovane e non capivo ancora dove volessero portarmi. Con altri, invece, si è creata una connessione forte, luminosa. Non faccio nomi, per non fare torti, ma ci sono due o tre insegnanti che porto nel cuore come fari. Loro lo sanno».
Quindi hai iniziato da giovanissima?
«Sì, avevo 15 anni. La prima esperienza è stata un laboratorio teatrale. Avevo una paura tremenda perché ci andavano anche amici e amiche. Io ero timidissima, ma speravo che il teatro potesse aiutarmi. Il primo giorno fu un disastro: dovevo improvvisare il verso di una gallina. Ho pensato: “Siete pazzi, io questo non lo faccio!”. Poi, sai, ci ripensi... e dici: “Vabbè, riproviamo”. E così, giorno dopo giorno, ho continuato».
Ti ha aiutata a vincere la timidezza?
«Tantissimo. Lo consiglio davvero, soprattutto ai più piccoli. Alla Scugnizzeria, capita che i genitori ci portino dei ragazzini timidi, che non parlano. Gli diciamo: “Dateci due o tre mesi e vedrete”. E puntualmente si trasformano. È una magia».
Com'è nata la Scugnizzeria? Perché hai sentito il bisogno di crearla?
«È nata sette anni fa, quando ero incinta. Un periodo complicato per chi fa il nostro mestiere: non puoi stare né sul set né in teatro. È stato un momento di pausa forzata, e io ferma non so stare. Così ho pensato di realizzare qualcosa che da tempo avevo in mente: uno spazio permanente, non più laboratori a tempo determinato. I percorsi con i ragazzi prima avevano un inizio e una fine. E ogni volta, alla fine, piangevamo tutti. Mi chiedevo: “Cosa gli ho lasciato davvero?”. La Scugnizzeria è nata da questo desiderio di continuità. Oggi è una delle scelte più belle che abbia fatto. Alcuni ragazzi che erano timidissimi ora li vediamo sui set, li ritroviamo come colleghi. È emozionante».
Qual è stato uno dei momenti più emozionanti che hai vissuto con i ragazzi? C'è qualche ragazzo che ti ha detto qualcosa che ti ha colpito e commosso?
«Grazie, sembra una parola banale. Un grazie vero, che senti arrivare dal cuore. Per un passo avanti che per loro era una montagna, per uno scoglio superato insieme. Uno di quei grazie che ti dicono: “Ce l’ho fatta anche grazie a te”. In un mondo dove la gratitudine è merce rara, è un regalo immenso».
Lavori come vocal coach, anche con la Valeria Golino. Com’è stata quell’esperienza?
«Bellissima. L’ho seguita per La vita bugiarda degli adulti. Più che vocal coach, ho fatto da dialogue coach: l’ho aiutata a lavorare sulla cadenza napoletana. Lei è una diva, certo, ma anche una persona di una sensibilità incredibile. Mi ha accolta a braccia aperte, si è affidata completamente. Avevo paura all’inizio, ma è andato tutto benissimo».
Hai diretto due cortometraggi premiati. Come sono nati?
«Dall’osservazione di quello che ho intorno. Vivo a Scampia da sempre, ho visto cose che non ti dico... Durante la faida, di tutto. A un certo punto senti un’urgenza dentro, qualcosa che ti bussa fino a quando non la lasci uscire. Ho trovato in Gianluca Arcopinto un produttore-amico che mi ha dato carta bianca. Gli ho raccontato l’idea e lui ha detto: “Lo facciamo”. Pensavo fosse un esercizio, una cosa per gioco... Invece l’ha portato a Venezia. E alla fine abbiamo vinto il Nastro d’Argento. Non me lo aspettavo. Ora stiamo lavorando al primo lungometraggio».
Hai recitato con registi come Martone, Di Costanzo e Pacifico. C’è un set cinematografico che ha segnato una svolta per te, sul piano artistico o umano? Perché a volte c'è, non so, delle incomprensioni sul set, c'è qualcosa per dire no, ma me ne vado, perché non lo voglio fare…
«Sicuramente, stai dicendo una grande verità e non tutti lo dicono perché è scomoda, però io l'ho vissuta anche sulla pelle e non sempre è tutto rose e fiori. A volte sul set ci sono incomprensioni, tensioni. Ho imparato a capire subito con chi ho davanti, se posso fidarmi. Non parlo solo a livello professionale, ma umano. Quando c’è empatia, lavorare insieme diventa bellissimo. Altrimenti impari ad andare avanti, a fare bene il tuo lavoro, nonostante tutto».
Parliamo di Mare Fuori. Ci sarà uno sviluppo per il tuo personaggio?
«Lo speriamo in tanti, i fan me lo chiedono di continuo: sviluppiamola, gridiamolo forte! Io sono entrata nella terza stagione, ora siamo alla sesta. Ci sono state scene molto intense con personaggi centrali come Rosa Ricci, Crazy J, Viola... È una serie a cui sono molto affezionata. Dopo tanti anni diventa una famiglia. Quando si crea un legame vero, continui perché hai voglia di rivedere quelle persone, di lavorare ancora con loro».
E nel film “Io sono Rosa Ricci”?
«No, lì non ci siamo noi del cast originario. È un progetto a parte, focalizzato solo sulla sua storia».
Insegni qualcosa di particolare alla Scugnizzeria?
«Oggi curo la direzione artistica. All’inizio eravamo in tre: io e sei allievi. Ora siamo più di duecento. Ho collaboratori preziosi che mi danno una mano, altrimenti sarebbe impossibile gestire tutto».
Hai tempo per qualche hobby?
«Mi piace tantissimo ballare e cantare. L’arte in generale mi fa impazzire. Canto sotto la doccia, ovvio! Ma a settembre ho deciso di iscrivermi a un corso di canto, non quello della Scugnizzeria, per non mischiare i ruoli. È una passione che coltivo da tempo, ed è arrivato il momento di liberarla».
C’è un tipo di musica che preferisci?
«Ascolto un po’ di tutto: rock, pop... L’unico genere che non mi appassiona è il rap. Va fortissimo adesso, ma non fa per me».
Hai un rituale prima di entrare in scena?
«Come no. Ma non te lo svelo…».
È un po’ volgare?
«Un pochino sì…».