Si aprirà all’insegna di un affascinante viaggio attraverso le storie, gli esorcismi e le canzoni di un Sud invisibile l’ultima settimana di programmazione per Brividi d’Estate 2019 nell'affascinante cornice del Real Orto Botanico di Napoli, che continua a essere il ‘palcoscenico’ naturale per la rassegna nata da un’idea di Annamaria Russo, sostenuta dalla sensibilità e la collaborazione dell’Università Federico II di Napoli, che gestisce il parco, e con il patrocinio del Comune di Napoli.
IL GIORNO DEI MORTI - Paolo Cresta, Ramona Tripodi
Cinque serate, da mercoledì 31 luglio a domenica 4 agosto 2019 alle ore 21.00, che vedranno in scena tre spettacoli e il quarto appuntamento con l’originale format de La Cena con Delitto, per continuare a regalare al pubblico brividi e grandi emozioni, in piena estate.
La programmazione della settimana inizierà mercoledì 31 luglio con La notte dei racconti magici di Gennaro Monti, con Gennaro Monti, Sonia De Rosa e Davide De Rosa.
Una vecchia Fiat 128 percorre le strade di un paesino del Sud più profondo. É estate, ed è la festa di Santa Almeda in paese. Ma è anche la notte delle confessioni, dei ricordi, dei piccoli esorcismi, dei tradimenti e della musica fatta di radici e sangue. C’è la luna delle storie da raccontare ad ogni costo, prima che arrivi l’alba. Un viaggio intimo e potente, delicato e sospeso tra eroi senza nome, leggende sussurrate e segreti inconfessabili di una terra calda e misteriosa.
Giovedì 1 agosto la scena sarà per L'ultima notte del Principe di Sansevero di Annamaria Russo e Ciro Sabatino, con Marco Palumbo e Andrea De Rosa. É la notte del 22 marzo del marzo 1771, in cui il più grande studioso, filosofo e alchimista di Napoli morrà. Raimondo de Sangro, il Principe di Sansevero è chino sul suo tavolo da lavoro, ingombro, fra alambicchi e ampolle. Alle sue spalle, un’ombra, il profilo di Giuseppe Sanmartino, l’uomo che scolpì il Cristo Velato. E’ la notte delle rivelazioni e dei segreti.
L’ultimo weekend di Brividi d’Estate 2019 inizierà, venerdì 2 agosto, con il quarto appuntamento de La Cena con Delitto, cui seguirà, sabato 3 agosto (in replica domenica 4), Il giorno dei morti di Maurizio de Giovanni, con Paolo Cresta e Ramona Tripodi, per la regia di Annamaria Russo. Napoli, autunno 1931, il commissario Luigi Alfredo Ricciardi avvia un’indagine non autorizzata sulla morte, apparentemente accidentale, di un orfano.
Un’indagine che parte da un ricordo e procede a dispetto di ogni ragionevole ragione, e che rischia di far precipitare il commissario Ricciardi in un abisso di follia.
Tutti gli spettacoli avranno inizio alle ore 21.00, ingresso euro 16
Le cene con delitto avranno un costo di euro 30, inizio ore 21.00
Informazioni ai numeri 0815422088, mob 3473607913
Prenotazioni sul sito www.ilpozzoeilpendolo.it
Giovedì 1 agosto, ore 21.00
L'ULTIMA NOTTE DEL PRINCIPE DI SANSEVERO
di Annamaria Russo e Ciro Sabatino,
con Marco Palumbo e Andrea De Rosa
É la notte del 22 marzo del marzo 1771. La notte in cui il più grande studioso, filosofo e alchimista di Napoli morrà. Raimondo de Sangro, il Principe di Sansevero è chino sul suo tavolo da lavoro, ingombro. Alambicchi, ampolle. Un calice. Alle sue spalle, un’ombra. Il profilo di Giuseppe Sanmartino. L’uomo che scolpì il Cristo Velato. E’ la notte del 22 marzo 1771. La notte delle rivelazioni, dei segreti.
Il Principe di Sansevero e Giuseppe Sanmartino si sono conosciuti ad una festa di corte, alla fine del 1752. Quando il Principe lo incontra per la prima volta lo scultore è pressoché sconosciuto. Secondo quanto riporta uno dei suoi maggiori biografi, Elio Catello, il Sanmartino fino a quel momento aveva realizzato una sola commessa per la città di Monopoli.
L’incontro con Raimondo de Sangro segna dunque una svolta nella vita del giovane. Naturalmente sono ancora oscuri i motivi per i quali il Principe decide di affidare il Cristo Velato ad un artista così sconosciuto. All’opera o meglio al progetto dell’opera, aveva lavorato il Corradini e tutta la “scuola” di scultori che ruotava intorno alla cappella e al Principe.
Con un colpo a sorpresa, però, don Raimondo decide di affidare il lavoro proprio a Sanmartino che nel 1753 ha solo 33 anni. E’ storicamente accertato anche il documento notarile con il quale Sansevero “incastra” Sanmartino.
Nulla, invece, si sa rispetto al motivo per il quale lo scultore decide di abbandonare il Principe subito dopo la realizzazione del Cristo Velato. Solo alcune leggende segnalano una serie di incontri misteriosi tra i due uomini. su queste leggende.
Dall’ipotesi di un ultimo incontro segreto tra questi due uomini, le cui vite erano legate insieme dal filo indistruttibile dell’arte, prende le mosse questo spettacolo. Dall’idea di un redde rationem tra due personalità enormi, di una spietata partita a scacchi la cui posta in palio fosse la morte o l’immortalità.
LA NOTTE DEI RACCONTI MAGICI - Gennaro Monti
Venerdì 2 agosto, ore 21.00
CENA CON DELITTO
Anche quest’anno, la rassegna Brividi d’Estate ospita, nel parco più bello di Napoli, la Cena con Delitto, un format che 17 anni fa il Pozzo e il Pendolo ha importato dalla Gran Bretagna. Il murder party, di matrice anglosassone nasce nella seconda metà dell’ottocento, come forma di intrattenimento dell’alta borghesia.
Noi per prima l’abbiamo portata in Italia tentando di restare fedeli ai cardini fondamentali del format originale: la fusione tra il teatro ed il gioco, l’utilizzo del modello d’indagine deduttivo, l’interazione tra il pubblico e gli attori, l’ossequio alla regola della credibilità.
E da 17 anni, al di là del fiorire di rivisitazioni più o meno riuscite di Cene con Delitto, restiamo l’unico punto di riferimento accreditato in Italia per i murder party.
Ed il nostro format, continuamente aggiornato e arricchito di novità, attraversa, inossidabile, gli anni, continuando ad intrigare il pubblico.
Sabato 3 e domenica 4 agosto, ore 21.00
IL GIORNO DEI MORTI
di Maurizio de Giovanni
adattamento e regia Annamaria Russo
con Paolo Cresta e Ramona Tripodi
musiche Luca Toller
Il capitolo più bello delle stagioni del commissario Ricciardi: Il giorno dei morti.
Napoli, autunno 1931. Un autunno sferzato dalla pioggia. Una pioggia che non lava, ma ricopre di fango. Il commissario Luigi Alfredo Ricciardi avvia un’indagine non autorizzata sulla morte, apparentemente accidentale, di un orfano.
Un’indagine che prende le mosse da un ricordo e procede a dispetto di ogni ragionevole ragione. Un’indagine che rischia di precipitarlo in un abisso di follia. Per una volta, non sarà l’ultimo pensiero della vittima a guidare i passi di Ricciardi, ma il silenzio assoluto di quel piccolo cadavere ad imporgli di inoltrarsi nuovamente nei gironi infernali delle passioni umane.
Il giorno dei morti é un libro spietato. Promette di portati all’inferno fin dalla prima pagina. E ti ci porta. Senza nemmeno una lusinga. Tuo malgrado. Non molla la presa, fino all’ultima riga. Devasta. Senza pietà. Tutto l’esercito dei buoni sentimenti, in rivolta sul fronte dell’ultima pagina, non riesce, però, a sconfiggere il rimpianto di essere arrivati alla fine.
E non bastano, gli occhi verdi di Ricciardi, il sorriso buono di Maione, i rimbotti dolci di Rosa, la ruvida generosità del dottor Modo, né i sospiri, languidi e senza speranza, di Enrica e Livia, a sciogliere, in lacrime, quel nodo che stringe la gola.
Prendere un libro così e decidere di farne uno spettacolo teatrale è un’operazione che potrebbe avere molto a che fare con la follia. O con la sconsiderata presunzione. O con entrambe. Ma potrebbe anche avere a che fare con l’amore.
Per i libri, per quel libro, per le parole che rimescolano il sangue e graffiano la coscienza. E l’amore, Ricciardi docet, è motore di ogni delitto. Nel nostro caso è stato l’amore ad uccidere prima la paura di rimettere in scena il commissario Ricciardi, poi il ritegno di smontare l’architettura perfetta del romanzo di Maurizio de Giovanni per adattarla alle esigenze teatrali, ed infine il terrore di non riuscire a restituire, su un palcoscenico, la potenza di quelle pagine.
Alla carneficina è sopravvissuto solo il desiderio di rinnovare una magia: quella della letteratura che si fa teatro. E il desiderio, talvolta, è persino più forte dell’amore.
Ci sono molti modi per mettere in scena un libro. Noi, da sempre, scegliamo quello, apparentemente, più semplice: smontarlo e ricomporlo avendo cura che la ricucitura sia così lieve da essere impercettibile. Il rispetto del testo e la teatralizzazione di parole scritte per essere lette, non recitate, rappresentano il tratto più impervio del nostro percorso. Ancora una volta abbiamo provato a procedere con il solo sostegno della scrittura scenica, consapevoli del rischio, ma determinati a non contaminare uno stile e ed un ritmo inconfondibili come quelli di de Giovanni. Abbiamo scritto con i gesti una storia minima, messa al servizio della narrazione: un filo sottile che sfila le parole dalle pagine e prova a farle muovere sul palco. Abbiamo provato a dare vita ad un libro amatissimo. Se ci siamo riusciti potrà dircelo solo il pubblico