“A Provincial Painter Moods” è un progetto artistico sperimentale che unisce musica e teatro in 6 tracce originali. Nate come una sorta di “divertissement” sulle musiche di scena pianistiche di Domenico Capotorto realizzate per la commedia “A provincial painter” di Dacia Maraini, le composizioni hanno presto assunto le sembianze di un’opera a sé stante.
Veronica Pompeo, che è una cantante e compositrice di origine materana, artista versatile ed eclettica che affianca lo studio del canto lirico alla passione per la musica pop, ci ha presentato il suo ultimo progetto e si è raccontata alle nostre pagine.
Possiamo dire che il tuo ultimo lavoro “A Provincial Painter Moods” è come se fosse un tuo diario personale?
«Lo è assolutamente, anche perchè l'elemento compositivo che ho utilizzato in questo lavoro ha lasciato spazio a una forte creazione emozionale. Non mi ritengo una compositrice, nel significato canonico dell'espressione perchè ho seguito, nell'atto della scrittura e nella realizzazione in studio di questo lavoro, ogni singola intuizione che scaturiva dall'ambiente sonoro, dall'ambiente letterario strettamente mio, strettamente personale, del momento, quindi non posso non dire che questo lavoro è un diario personale perchè ho sempre avuto quest'idea dell'arte compositiva che è quella più vicina al sentire musicale, quella legata allo stato emozionale che dà luce al processo creativo della musica e quindi, sì, è un diario personale. Il tutto si è fuso tra la situazione del momento e quella della protagonista dell'opera di Mariani. Il mio modo di fare musica è questo e difficilmente declinerò per fare cose che, magari, possono sembrare più ortodosse, più accademiche o più opportune».
Questo Ep nasce da un'opera teatrale di Dacia Maraini “A Provincial Painter”, una unione tra musica e teatro. La protagonista dell'opera teatrale, che è una pittrice, raggiunge il suo successo, ma si piega alle “regole” del mercato. Tu, invece, con questo Ep, non ti pieghi alle regole del mercato discografico. É un Ep sperimentale e usando questo termine si apre un mondo.....
«Sì, assolutamente sì. La protagonista marainiana è una figura femminile del Centro-Sud Italia, di origine calabrese. Si trasferisce con la famiglia in Pennsylvania e poi nella Grande Mela per dare sfogo alla sua creatività cercando, finchè ha potuto, di seguire quello che il mercato le stava chiedendo, spinta anche dal padre e qui entra il discorso del padre padrone. Il padre, quasi le imponeva di dipingere a ritmi frenetici, per star dietro al mercato e per arricchire la sua famiglia. Ma nell'epilogo dell'opera teatrale non si comprende se lei è decisa a continuare su quella strada o se seguirà la sua indole personale. Ho iniziato a cantare sin da piccola, prima non c'erano i corsi di canto pop o jazz in Conservatorio ed ero anche affascinata dal mondo della danza classica. Anche mio padre mi disse che, se avessi voluto continuare a cantare con i miei gruppi, l'avrei fatto comunque, ma cercando di finalizzare questa mia passione studiando canto in Conservatorio. In Conservatorio c'era solo canto lirico e la sola idea di dover cantare le opere che la banda di paese suonava con tanto di flicornino che imitava la voce del soprano, mi faceva sorridere, era quasi un lavoro al contrario. Devo andare io con la mia voce a ripetere quello che fa il flicornino con tanto di trillo finale e di doppia corona? Però questo ha giovato molto alla conoscenza del mio repertorio. Loro facevano le prove la domenica mattina nel garage di casa mia con il suono della grancassa, dalle otto della mattina fino a l'una, con i muri che tremavano mentre facevono le prove e questo è successo per tanti anni. Quindi, quando poi sono andata in Conservatorio, ha giovato molto al mio percorso. Ero però innamorata follemente di qelle opere non eseguite dalla banda, non ci avevo mai pensato, ma forse ne è proprio questo il motivo. Ero follemente innamorata delle opere di Mozart, perchè non si suona nelle bande. Una volta entrata in Conservatorio, dopo qualche tempo, ho chiesto alla mia insegnante la possibilità di poter affronate Duke Ellingotn e George Gershwin, ma lei guardandomi, dalla testa ai piedi, mi disse:“Non è contemplato nei programmi ministeriali”. A quel punto capii che se avessi voluto, avrei dovuto fare le due cose insieme e seguire la mia passione al di là del diploma, della laurea e dei corsi di specializzazione anche nella musica contemporanea e forse è anche da lì che parte il gusto della sperimentazione. Ho toccato tutti i generi della musica, mi manca il country. La mia curiosità mi ha portata a cantare anche se io non mi sento musicalmente una cantante, ma una persona che utilizza la voce come uno strumento. Il canto mi fa venire in mente qualcuno che intona un qualcosa di precostituito. Io non so mai dove la voce mi porterà, sono in continua sperimentazione, sono in profonda relazione artistica con la mia voce, che, a volte, mi segue per quella che sono e credo di essere. A volte va in contrasto con quelle che sono le mie scelte artistche e non posso che non venire incontro a quello che la mia indole più profonda vuole. La creazione spirituale è quella più vera, perchè la voce non mente. Ho questa mia predisposizione a miscelare i generi, a crearne di opportuni per tutte quante quelle che sono le mie vicissitudini artistiche, musicali e spirituali».
I tuoi brani, infatti, non sono tutti cantati, sono sussurrati, parlati, una trasmissione di emozioni derivante non soltanto dal testo della canzone, ma anche dall'uso della voce...
«Esattamente, stai toccando tutti i tasselli di questo lavoro. Abbiamo voluto preferire il vocalico al valore semantico del testo, perchè sono profondamente convinta che il vocalico in se, sia portare di significato forse anche più di un testo scritto, di un testo cantanto. Penso che la timbrica, la maniera di emettere un suono, l'intenzione che porta a emettere un suono invece di un altro, sia portatore di significato più di quanto la stessa voce potrebbe fare seguendo un testo. Ho sempre amato tantissimo le vocalizzazioni, mai fine a se stesse. Così, come adesso sto parlando con te, sono sicura che tutto quanto quello che ti sto trasmettendo con le parole sia solo una buona metà di quello che ti sto trasmettendo con il timbro di voce, la velocità dell'eloquio e con le pause. Ho voluto mettere in evidenza questa seconda parte che, in genere, viene tralasciata dalla musica. Ho voluto che fosse messa in risalto, per dar voce alla parte più profonda di noi, che vien fuori dal primo vagito del bambino fino all'ultimo sospiro. Io ho fatto questo, dare più spazio all'uso della voce come strumento e non come portatore solo di un testo».
Tu sei diplomata in canto lirico, poi ti sei laureata in Discipline Musicali, oggi insegni canto Pop e Rock. Ci sono molti esempi nella storia della musica italiana di una commistione tra il lirico e il rock, tra la musica classica e il rock, la musica sperimentale. Ad esempio, nel 2017 Le Orme pubblicano ClassicOrme un album con le loro canzoni cantate da un soprano e un tenore. Prima mi parlavi di Mozart e mi è venuto in mente l'album della PFM, PFM in Classic, dove troviamo il Flauto Magico di Mozart...
«Sì, l'insegnamento del Pop-Rock è arrivato in Conservatorio come un grande regalo, negli utlimi 15 anni il mio insegnamento nelle Accademie private, perchè in Conservatorio è arrivato solo un anno e mezzo fa, è sempre vertito sull'insegnamento di questa disciplina. Non a caso ho seguito tantissimi ragazzi nelle varie trasmissioni televisive, nei talent, Amici, Ti Lascio una canzone, X Factor e The Voice e, quindi, ho sperimentato anche la mia attitudine nell'insegnamento di un genere che non è quello che io canto, ma è quello che cantavo da ragazza prima di andare in Conservatorio. Il pop abbraccia un po' tutto, pop è anche Il Volo, la stessa Antonella Ruggiero che ha questi suoni quasi classici, mozartiani. Il pop ricorpre tutte quelle che sono le varie Know Hows delle vocalità in giro per il mondo. Anche la canzone popolare si affaccia al pop, ad esempio, Elio e le Storie Tese inserì nella loro canzone “Pippero” il coro di voci bulgare o anche i Tazenda e le loro canzoni sarde. Io non amo molto la commistione di generi, rock con il classico, perchè io stimo molto i generi, amo tantissimo la bellezza del genere in se e le caratteristiche precipue di ogni genere. Io stessa cerco di svincolarmi da ogni classificazione nel momento in cui lavoro su un prodotto, a meno che non decida di fare esattamente un genere, ad esempio, incisioni prettamente liriche. Quando, invece, sono più io cerco di non confondere i generi, ci possono essere dei richiami, come in questo lavoro c'è un richiamo alla voce impostata, ma non voglio che si percepisca che ci sono più generi messi insieme, questo non mi piacerebbe, mi piace confondere e creare linguaggi nuovi, infatti, per me quello utilizzato in questo lavoro è già vecchio».
Ho letto, infatti, che tu in realtà stai già preparando un prossimo progetto, partendo proprio dai riferimenti che fai in questo ultimo Ep...
«Sì, credo possa essere una buona prosecuzione di questo lavoro per la tipologia di ambientazione che vorrò proporre eventualmente nei live. Per esempio, per “A Provincial Painter Moods” ho insisito molto sull'utilizzo della quadrifonia che non si sente molto spesso. Quadrifonia, quindi, comportamento della fonte sonora da un punto piuttosto che da un altro, il vortice vocale che si muove nelle quattro casse come fosse quasi un elicottero. Creare degli spostamenti sonori per far sì che lo spettatore, al centro di questa costruzione sonora, possa sentirsene quasi parte e fare in modo che il proprio corpo sia cassa di risonanza, a seconda proprio del movimento sonoro nelle quattro casse. Il mio prossimo lavoro è più spinto sulla musica contemporanea con l'aggiunta della musica elettronica e si avvicinerà molto al mondo della sacralità, degli eremiti, della vita di clausura, qualcosa che ha a che fare con la spiritualità. Ne ho anche un altro in cantiere, composto da canzoni vere e proprie ma, dal punto di vista della produzione e dell'uso della voce, ci metterò del mio, voglio che si vada oltre il sentito, io non voglio essere mainstream. Io mi auguro un domani che il mainstream diventi la musica di nicchia di oggi. Si deve puntare a proporre musica ben scritta e ben suonata. Preferisco lasciare tracce di me facendo cose mie personali e originali, senza però far diventare l'orignilità una forzatura».
Anche perchè si rischierebbe di diventare alla moda, ma la moda è qualcosa di passeggero...
«Certo perchè arriva la moda, poi l'etichetta e, quando arriva l'etichetta nel momento in cui nasce, è già la fine. Mi auguro di essere quell'acqua di un ruscello che continua sempre a muoversi, a dispetto di se stessa e che riesca a captare quelle che sono le correnti di pensiero e di ascolto di chi la musica la intende un po' più vicina al mio profondo, senza chiedersi cosa va e cosa non va ed è il discorso che facevo anche con il mio discografico che ha compreso perfettamente il mio modo di ragionare».
In questo preciso periodo storico della musica, i musicisti, stanno tornando a delle sonorità diverse rispetto a quello che è di moda oggi, mi viene in mente l'ultimo lavoro di Enrico Ruggeri “Alma” nel quale si percepisce un cambiamento in tal senso.
Tornando però a te, sei originaria di Montescaglioso in provincia di Matera, e proprio il tuo paese ha una percentuale molto alta di diplomati in Conservatorio. È quasi come se la musica scorra nel sangue...
«La cultura bandistica di Montescaglioso è famosa a livello europeo. La famosa banda Rocco D'Ambrosio è una banda che ha vinto molti premi e ultimamente ha realizzato una diretta radiofonica per Matera 2019, per un concerto di Max Gazzè che ha espressamente chiesto una banda che potesse eseguire al meglio gli arrangiamenti dei sui lavori e ha avuto un grandissimo successo. Nella banda di Montescaglioso il 90% è diplomato in Conservatorio, ciò che non accade nelle bande. Questa cultura bandisitca c'è da ormai duecento anni e chiunque entra in questa banda è benevolmente costretto a proseguire gli studi avendo anche il conservatorio di Matera vicino. Il primo violoncello della Scala, Sandro Laffranchini, mi ha scritto su Facebook “Montescaglioso la città con il più ampio numero di musicisti capaci che io conosca”».
A me piace abbinare la musica alla cucina e, quindi, ti chiedo se tu fossi un piatto, che piatto saresti?
«Questa domanda proprio non me l'aspettavo, però se fossi un piatto sarei un piatto di Lasagne croccanti con le verdure un piatto dello Chef Bruno Barbieri».