L’etichetta discografica CNI Compagnia Nuove Indye lancia il videoclip “Vento di terra, vento di mare”, primo estratto dell’album dei Renanera con Vittorio De Scalzi, un brano semplice che racconta una storia d’amore e di coraggio.
Vittorio De Scalzi è uno dei pochi poeti di cui possiamo ancora godere e che riesce a regalarci ancora “opere d’arte” come questa
Il video è stato realizzato in modo semplice e senza pretese, con l’intento di sottolineare questa canzone romantica e profonda, una rarità di questi tempi!
"Vento di terra, vento di mare" è l'album che recentemente hanno pubblicato i Renanera con Vittorio De Scalzi. Quest'album raccoglie le diverse culture di tutto il Mediterraneo e non solo. È un incontro di culture, di musica, di suoni e di poesia, tutte forme d'arte che fondendosi insieme hanno creato un vero capolavoro.
"Vento di terra, vento di mare", canzone che dà il titolo all'album, è un racconto di speranza.
Storia é ciò che contraddistingue questo album, storia intesa come storia d'Italia che viene raccontata in alcune canzoni come “Salvace sta terra” e “Quante Botte”, canzoni che ti portano nell'Italia del 1500 quando l'ammiraglio Andrea Doria, ormai “vecchio”, continuava a combattere contro i corsari Saraceni, “quante botte che gh'emmo daeto, quante botte ch'emmo piggiou”. Il tutto raccontato in lingua napoletana e genovese con sonorità world. Storia intesa anche come storia della musica, perché quest'album racchiude delle perle di storia della musica italiana dei New Trolls come "Una Miniera", "Quella carezza della sera" e "Faccia di cane" riarragiante in chiave world e impreziosite dalla voce sognante di Unaderosa e anche la bellissima “Crêuza de mä”, canzone di Fabrizio De André del 1984 che "per primo ha dato spazio e voce a una lingua, il genovese, che non fosse per forza quella napoletana" come dichiarato da Vittorio De Scalzi. Quella contenuta nell'album parte dalla versione appunto di De André e da quella di Teresa De Sio "Na strada miezzo 'o mare".
In "Una Miniera" e "Quella carezza della sera", in particolare, i Renanera insieme a Vittorio De Scalzi hanno messo, ancor di più, in risalto la storia che queste canzoni raccontano, le hanno prese dall'Olimpo della musica e portate con i piedi saldamente ancorati a terra.
In "Una Miniera" il cameo di Lino Vairetti, leader degli Osanna, ci trasporta direttamente all'interno della miniera diventando lui stesso il minatore, la cui storia è racconta nella canzone, poi gli arrangiamenti di Antonio Deodati, per tutta la canzone, permettono di ascoltare il rumore della pala che è nelle mani del minatore che sta scavando e ancora la voce di Unaderosa, ci fa immaginare la moglie che aspetta invano il proprio marito.
In “Quella carezza della sera”, sempre la voce di Unaderosa, può essere quella della figlia che non ricorda più il sapore della carezza del padre o della mamma che cerca di spiegare alla figlia perchè il proprio papà non è più tornato a casa. Una canzone, una poesia, una storia che difficilmente, acoltandola, si riesce ad arrivare fino alla fine senza avere un nodo alla gola.
«Vento di terra, vento di mare è un'insieme di culture diverse - racconta Vittorio De Scalzi - che non sono solo cultura genovese e quella della Basilicata, ma è la cultura di tanti paesi del Mediterraneo che citiamo usando strumenti di tutta l'area. Fabrizio De André ha aperto le porte per poter fare questo, anche se altri tentativi ce ne erano già stati in anticipo, ma è stato lui a dare spazio e voce a una lingua dialettale che non fosse per forza napoletano, una lingua più esotica che è il genovese. Ha tolto il guinzaglio. E questo vale per tutti i dialetti, perché finalmente i dialetti vengono accettati da chi non li parla con curiosità come se fossero lingue diverse. Quante volte sentiamo brani in inglese senza capire mezza parola e dire: “ma che bella atmosfera in questo brano”. E allora perché non usare i dialetti? Poi, chi vuole, si va a cercare la traduzione. Storie come quelle dello sbarco dei Saraceni, accomunano Liguria e Lucania attraverso le azioni dell'ammiraglio Andrea Doria, di cui si racconta nei brani "Salvace sta terra" o del pirata Dragut di cui in modo intrinseco si parla in "Quante botte"».
« Questo album collega quelle che sono le vicende storiche e anche attuali che hanno poi identificato da sempre il Mediterraneo - racconta Unaderosa - . Ci sono delle similitudini tra la cultura Ligure e quella Lucana, dovute proprio ad aneddoti storici realmente accaduti, come appunto le invasioni da parte dei Saraceni. Ci siamo resi conto, anche work in progress lavorando con Vittorio e attraverso l'amicizia che c'è con lui, che effettivamente c'è molto in comune tra alcune zone della Basilicata e Genova. Il nostro obiettivo era quello di rispondere ad un quesito preciso: “Da dove arriviamo?” È un po' una domanda retorica, però non prevede una risposta né metafisica né spirituale, ma abbastanza concreta, cioè parlare di storie che non sono equivocabili come quelle dell'Ammiraglio Andrea Doria, dello Sbarco dei Saraceni o comunque rievocare le tradizioni attraverso quelli che sono stati brani di artisti come Antonio Infantino, che era di origine toscana, ma ha rappresentato appieno quella che era la cultura lucana. Noi abbiamo rivisitato la "Hatta Mammona" e Vittorio l'ha riconcepita e cantata in genovese. Quindi il filo conduttore storico unisce le culture del Mediterraneo e arriva in modo diretto alla sensibilità di chi ascoltando si riconosce in un'atmosfera mediterranea».
«Quello che avrei voluto mettere in un album world, è una serie di strumenti che mi incuriosivano - racconta Antonio Deodati-. Abbiamo cominciato questo percorso da un brano, che sembrerebbe essere un corpo estraneo all'album, ma in realtà deriva tutto da questa canzone, "Crêuza de Mâ", che abbiamo realizzato partendo dalle due versioni esistenti, quella appunto di Fabrizio De Andrè e la rivisitazione di Teresa De Sio “'Na strada miezzo 'o mare”. Questo album ha avuto una gestazione lenta, lunga e con ritmi biologici. Ci veniva voglia di fare una canzone dopo averne ascoltata un'altra. Dopo "Crêuza de Mâ" è venuta "Salvace sta terra" e così via... Anche l'apporto di Vittorio come musicista è stato incredibile, lui è un eccellente musicista. Tutto questo universo sonoro è arrivato piano piano. Solo dopo ci è venuta voglia, anche per un'esigenza live, di rivisitare dei suoi cavalli di battaglia. Inizialmente ho dovuto faticare un po' per far accettare a Vittorio dei cambi di accordi perché il senso del maggiore che hanno le sue canzoni, l'ho forzato con il minore, cercando di togliere anche quel senso di festosità che ti da il maggiore. Sono andato sul significato delle parole, ho dovuto lavorare anche sulla tessitura armonica talvolta in canzoni anche “sacre” per il panorama Pop italiano. Certo non è facile mettere mani sull'armonia di questi brani».