Sanghenapule: Un’ode al Santo e ai Napoletani. Borrelli&Saviano al Bellini

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Sanghenapule: Un’ode al Santo e ai Napoletani. Borrelli&Saviano al Bellini

Al Teatro Bellini di Napoli è in scena fino al 29 settembre, “Sanghenapule: Vita straordinaria di San Gennaro”, un’opera audace per la forza della sua narrazione e per l’intensità emotiva che riesce a trasmettere. Opera che abbraccia la vita di San Gennaro, patrono di Napoli, il cui sangue liquefatto è considerato un simbolo vitale di protezione per la città, passando attraverso le voci di Roberto Saviano e Mimmo Borrelli, e si presenta non solo come un tributo al Santo, ma come un viaggio profondo nelle viscere della terra, lì dove si è aggrovigliata la coda di un precipitato Lucifero, nelle anime e nelle storie di un’intera città, intrisa di contraddizioni e di vita pulsante.
Mimmo Borrelli riesce a penetrare nel cuore palpitante del Santo straordinario, non si limita ad una mera analisi storiografica, ma richiama dalle profondità delle viscere un canto atavico, prima in latino, poi in antico napoletano e infine giungendo al nostro contemporaneo dialetto, trascinando il pubblico in un vortice di emotività frenetica, incalzante, da togliere il fiato. 
La sua prosa evocativa riesce a farci quasi sentire il rimbombo della fede popolare che risuona tra una scenografia che incarna la decadenza della città, con architetture rotte e paesaggi nebbiosi che evocano le rovine della Napoli barocca e neoclassica, sulle quali mura degli ex voto timidamente appaiono non come semplici ornamenti, ma incarnazione di dialogo complesso tra materia e spiritualità.

                                                   
Roberto Saviano apre lo spettacolo con parole che risuonano come un canto identitario. "Quello che voglio raccontare è una delle storie di San Gennaro, non la storia di San Gennaro". Queste parole, pronunciate con passione, pongono immediatamente l’accento su un concetto fondamentale: la poliedricità delle storie napoletane, la ricchezza di significati che si intrecciano nell’immagine del Santo. San Gennaro non è solo un simbolo spirituale, ma è un compagno di vita dei napoletani, una figura che si rinnova sempre, abbracciando le trasformazioni e le sfide di una popolazione resiliente.
Originario di Benevento, si narra che Gennaro fosse un uomo di fede, un arcivescovo che si opponeva con coraggio alla persecuzione dei cristiani sotto l’imperatore Diocleziano. La sua esecuzione, avvenuta per decapitazione, potrebbe sembrare un epilogo drammatico, ma in realtà segna l’inizio di un culto che affonda le radici nell’anima stessa della città. La sua vita e la sua morte sono un monito contro l'ingiustizia e un simbolo di speranza per i fedeli che vedono in lui un intercessore e un protettore.
La leggenda della liquefazione del sangue di San Gennaro è il fulcro di una delle manifestazioni più significative della devozione napoletana, un evento che richiama migliaia di persone ogni anno nella maestosa cattedrale di Napoli. La storia racconta che una pietosa donna, Eusebia, raccolse il sangue del santo dopo la sua esecuzione, conservandolo in due ampolle. Secoli dopo, questo sangue, apparentemente secco, si liquefò alla presenza della testa del martire, creando un legame indissolubile tra il sacro e il profano. Questo fenomeno ha generato un dibattito acceso: tra i fedeli, c'è chi vede in esso un chiaro segno divino, mentre i razionalisti lo considerano un'illusione o un semplice fenomeno fisico. Tuttavia, ciò che conta davvero è l'impatto culturale e sociale di questa tradizione.

                                              
Saviano nel suo racconto ne evidenzia la sua corporeità: mentre i santi tradizionalmente si immaginano in cielo, San Gennaro vive tra noi, è quell’entità che ascolta i bisogni e le speranze della gente comune. "In genere, i Santi li immaginiamo sempre pronti all’ascolto. Invece, San Gennaro ascolta solo in amore". La sua presenza è intimamente collegata alla vita quotidiana, alla fatica e alle aspirazioni di chi vive nella zona grigia tra il sacro e il profano. San Gennaro è comprensivo, conserva quella dimensione umana di affettuosa permissività verso chi si vuole bene – napoletani e emigranti – arrivando a giustificare anche piccoli peccati, saggiamente riconducendoli alle debolezze umane che serpeggiano tra la quotidianità di ognuno. 
Saviano, con il suo monologo incisivo, conferisce al racconto una dimensione ancora più universale, collegando le storie di San Gennaro all'esperienza degli immigrati italiani. "Fa un’unica singolare eccezione", osserva Saviano, riferendosi alla capacità del Santo di farsi vicino a chi è lontano, a chi ha dovuto abbandonare la propria terra per cercare fortuna altrove. Un milanese, per farsi ascoltare da San Gennaro, deve pregare non da turista, ma da immigrato. Questa osservazione sottolinea l’appartenenza e riecheggia il tema dell’identità, suggerendo che la spiritualità napoletana è indissolubilmente legata alla terra da cui si proviene.
La rappresentazione di "Sanghenapule" non si limita a narrare, ma instilla anche una riflessione profonda: è la vita vissuta sulle strade di Napoli, nei suoi vicoli, nelle sue piazze, quella vita di amore e dolore, di festa e sofferenza, che fa di San Gennaro il "Santo più terreno che esiste". Qui, la terra non è solo un luogo fisico, ma un concetto intriso di passione, di eredità, di lotta e di speranza. 
Essere presente alla liquefazione del sangue di San Gennaro è un'esperienza che va oltre la semplice celebrazione religiosa; è un tuffo in una folla caleidoscopica di speranze, timori e fervido affetto. Le urla dei fedeli, la loro frenesia, parlano di una ricerca di protezione, di una connessione profonda con il passato e di una richiesta di intercessione da chi, come Gennaro, ha conosciuto una vita di sacrificio. "Muovete San Gennà, fa' ampressa!" implorano in coro; un grido che riassume le aspettative di una città che ha sempre vissuto sull’orlo dell’incertezza. Spesso viene anche insultato: “Faccia gialla”,  quello più in voga e altre imprecazioni discutibili.

                                                     
Lo spettacolo, dunque, non è solo un inno a San Gennaro, ma una celebrazione della napoletanità, di quel connubio tra sacro e profano che caratterizza la cultura partenopea. Attraverso la regia e l’interpretazione di Borrelli, accompagnata dalla penna incisiva di Saviano, "Sanghenapule" diventa un viaggio emozionante: una fusione di passato e presente nella quale il pubblico è invitato a immergersi, vivendo in prima persona le storie di coloro che hanno fatto di Napoli la loro casa, un luogo in cui San Gennaro non è mai solo un Santo, ma un compagno di vita.