Dopo tre anni di silenzio, il cantautore romano Max Casali si ripresenta al pubblico con il suo nuovo album "Ar-dente", un'opera in cui l'artista mescola abilmente denuncia sociale e creatività. Pubblicato il 16 settembre, il disco si compone di 11 brani inediti e una bonus track, tutti improntati a un'analisi incisiva della realtà odierna. Casali, già noto per il suo spirito critico e la sua padronanza del linguaggio musicale, offre nuovamente ai fan uno spunto di riflessione, invitando gli ascoltatori a riscoprire un approccio critico verso le informazioni e le dinamiche sociali. In questa intervista, esploriamo il significato del titolo "Ar-dente", l'evoluzione della sua musica e i temi scottanti affrontati nell’album, sempre con l’obiettivo di stimolare un risveglio collettivo e una maggiore consapevolezza. Con Max Casali, la musica diventa un mezzo di resistenza e speranza in un mondo sempre più distratto.
“Ar-dente” è il tuo quarto album e hai scelto un titolo così evocativo. Cosa ti ha spinto realmente a questo titolo e come si collega alla tua visione artistica?
«Come mia consuetudine, mi piace dare una doppia chiave di lettura. Ar-Dente richiama temi caldi, forti e fiammanti. Allo stesso tempo, giocando un po' con il dialetto romano, evoca l’idea di una pasta "al dente", un po' cruda, proprio come alcuni dei miei contenuti, che in effetti possono risultare un po' crudi».
Rispetto ai tuoi lavori precedenti, “Ar-dente” sembra affrontare tematiche di forte attualità con uno spirito rinnovato. In che modo ritieni sia cambiata la tua scrittura e la tua musica in questi tre anni?
«In ogni nuovo lavoro c'è sempre la volontà di alzare un po' l'asticella, e credo che il mio songwriting si sia leggermente evoluto verso nuovi territori sonori. È un percorso che richiede impegno, ma ogni sforzo vale la pena».
Molti dei brani dell’album trattano argomenti critici riguardo alla società contemporanea. Quale messaggio vorresti che gli ascoltatori portassero con sé dopo aver ascoltato “Ar-dente”?
«Il mio sogno da inguaribile idealista è provare a scuotere il pensiero delle persone, affinché si riapproprino del senso critico dei fatti e delle cose, spesso manovrato e assopito dalle trame dei “Lor Signori”. È un modo per invitarli ad aprire gli occhi, perché ci condannano a una rassegnazione sempre più supina».
Ci sono state collaborazioni particolari in questo album che hanno influenzato il risultato finale? E come ti sei preparato per la produzione di “Ar-dente” in un tempo relativamente breve?
«Ho avuto la fortuna di collaborare con Luca “Zanna” Zannoni, un talentuoso tastierista e music-maker. Abbiamo instaurato un’intesa quasi immediata e l'empatia è cresciuta di brano in brano. Lavorare con lui accelera notevolmente i tempi creativi: è un grande stimolo».
Hai accennato a temi come l’indifferenza e il voyeurismo. Cosa ti ha portato a voler esprimere queste preoccupazioni nella tua musica?
«Oggi la gente spesso si accontenta del nulla, dell'inutile, della superficialità, illudendosi di essere libera e felice, ma nel profondo non credo sia questa la loro ambizione originaria. Gli basta un’illusoria mediocrità o il desiderio di godere del gossip senza guardare in profondità alla propria vita. Quella sarebbe la vera ricchezza per ognuno!».
Ogni brano dell’album sembra raccontare una storia unica. Puoi comunicarci qual è il tuo brano preferito e perché?
«Direi “sGANGherati”, poiché tratta dell'allarmante problema delle baby-gang e della deriva educativa. È un tema che mi sta molto a cuore, e spero che si possa operare un’inversione di rotta, ma serve più attenzione da parte di genitori, scuole e società. Mi chiedo: a quest’ultima interessa davvero? Forse sono troppo drastico, ma quando manca la minima volontà, il sospetto è forte».
In “Via col vanto” fai riferimento alla corsa ai “like” sui social media. Puoi raccontarci il tuo punto di vista su come la tua generazione interagisce con questi strumenti?
«Quando ho visto un post di un'influencer americana posare accanto alla bara del padre, è scaturita in me una rabbia incontrollata e la penna ha iniziato a scrivere il testo di getto. Purtroppo, ci si trova in un “trash” dilagante, dove il decoro è diventato un’eccezione. Pur di attirare follower, alcuni sono disposti a tutto, anche a comportamenti smisurati e inaccettabili: come leccare il water. È folle, ma vero».
In “Covi(d)i iene” affronti un tema molto attuale e controverso. Come hai vissuto la pandemia e come ha influenzato la tua arte… e poi è un forte J’accuse!
«Quando ho sentito la dichiarazione di Assuntina, una brillante studentessa di medicina, rimasta sulla sedia a rotelle a causa di complicanze dopo la vaccinazione, con il forte intento di laurearsi per curare i bimbi oncologici, sentivo il dovere spontaneo di denunciare il fatto. La cosa ancor più triste è che, dopo l’incidente, la dirigenza scolastica le ha suggerito di abbandonare gli studi, asserendo che sarebbe meglio perché quale immagine può dare una dottoressa in carrozzina? Che cattiveria circola? Fortunatamente è più determinata che mai a laurearsi. Per quanto riguarda la pandemia, l'ho affrontata bene, sfruttando il tempo a disposizione per ponderare nuovi sviluppi nella mia arte».
Brani come “Misto amare” celebrano il volontariato. Per te, qual è l'importanza di questo gesto nella società odierna?
«È fondamentale e imprescindibile. Ho scritto il brano con un’enorme riconoscenza, poiché il volontariato è un tesoro silenzioso e prezioso. Senza di esso, ci sarebbero molte più vittime e difficoltà. Se aspettiamo che sia lo Stato a intervenire, stiamo freschi! Lunga vita a questi giganti dell’altruismo».
Hai parlato di voler riaccendere il “fuoco del pensiero critico”. Qual è il tuo sogno per un futuro migliore, sia a livello sociale che musicale?
«Desidero un ritorno al dialogo, alla socialità, al rispetto reciproco, senza più guardarsi in cagnesco per cercare di ottenere una posizione sociale superiore. Meno competitività e più slancio altruistico e affettivo, per realizzare quella sorta di “rivoluzione” garbata che possa riunire la gente in un grande abbraccio. Magari è utopia, ma non smetto mai di sperare…».
Hai già ricevuto feedback da chi ha ascoltato l'album. Che tipo di reazioni ti hanno colpito di più?
«Sì. Riflessione dopo riflessione, ho notato quanto sia soggettiva la preferenza di un brano rispetto a un altro: alcuni ascoltatori scelgono tracce che non avrei mai immaginato, mentre altri evidenziano brani più scontati. Inoltre, fa piacere constatare quando le recensioni non si limitano a riprendere il comunicato stampa, ma offrono commenti ben delineati e una visione personale».
Puoi parlarci dei tuoi hobby al di fuori della musica? Libri, fumetti, sport….
«Sono un grande amante dell'enigmistica. Adoro la lingua italiana, con le sue miriadi di accezioni, doppi sensi e giochi di parole, e ogni volta che scopro qualcosa di nuovo, rimango catturato dalla sua magia e musicalità. È una fortuna (o purtroppo… come diceva il grande Gaber) essere nato in Italia: un paese unico e inimitabile».