Mattia Mariano: Voglio far conoscere il cantautorato italiano alle nuove generazioni

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Mattia Mariano inizia il suo percorso artistico come rapper fino ad arrivare a oggi a trasformarsi completamente dedicandosi al cantautorato italiano nello specifico a De André, cui ispira il nuovo album, Bombarolo, esplora la parte più oscura e negativa della persona dando vita ad un personaggio, Plaqo, protagonista dei cinque brani dell’Ep, anticipato dal singolo "La Ballata dei Dimenticati", un pensiero rivolto a tutti i cosiddetti “ultimi”.

Tu sei giovanissimo, ma hai già fatto un percorso di trasformazione, da rapper hai cambiato il tuo stile...

«Nasco rapper, nel 2010 circa avevo diciassette anni, tutti i ragazzini della mia età seguivano quel movimento e ci sono finito dentro, poi mi sono reso conto che era il caso di variare, sperimentare e sono arrivato a questo punto, al rifacimento trap di De André».

Hai anche fatto parte di un gruppo in precedenza. Com’è stato quel periodo?

«Sì, ho militato nei 73100mob, 73100 era il CAP della nostra città, era un movimento molto rappresentativo in zona e ci siamo tolti tante belle soddisfazioni».

Quali differenze hai riscontrato come solista e come componente di una band?

«Cambia tutto, cambia l'impostazione del lavoro iniziale, quando hai a che fare con un gruppo. Il nostro nello specifico eravamo 6 rapper, non è facile mettere tante teste d'accordo! Lavorare da solo, invece, ti dà modo di lavorare con una calma, una tranquillità diversa e di far trasparire tutto quello che hai dentro».

Il tuo nuovo progetto è, invece, "Bombarolo" che riprende le opere di De André. Come nasce questo progetto e, soprattutto, la passione per De André?

«Un paio di anni fa, quando mi sono distaccato dal gruppo, ho iniziato ad ascoltare molto cantautorato italiano e De André è il più rappresentato, ascoltando “Storie di un impiegato” mi sono innamorato di questo progetto, anche un po' fuori di testa, quindi volevo proporlo a mio modo».

È un progetto molto azzardato, ci vuole coraggio, anche perché tu sei molto giovane e c'è il rischio che i tuoi coetanei non possano apprezzare un progetto così ambizioso?

«Sì, però è anche il bello del progetto! C'era questo rischio di essere frainteso, ma era un rischio che sapevo di correre dal principio, quindi, ben voluto. Secondo me, poi, è anche bello il fatto che, per la prima volta, un ascoltatore medio non debba per forza essere mio coetaneo, ma abbraccia più fasce di ascolto e credo di essere riuscito nel mio intento, siamo tutti molto contenti».

Bombarolo è un progetto molto studiato. Com’è strutturato?

«È un ep di cinque brani legati l'uno all'altro e rappresentano delle fasi diverse del Bombarolo in cui mi sono immedesimato. Si parte dagli inizi in cui c'è il Bombarolo che ragiona sull'utopia dell'anarchia, concetto molto vicino a De André, fino ad arrivare all'ultimo singolo, La ballata dei dimenticati».

La figura di Plaqo, il protagonista come nasce?

«Plaqo è un gioco di parole con il mio vecchio nome d'arte, volevo dare un nome a questo personaggio per creare un distacco da me, per chi fa rap questo credo sia una novità».

Oggi uno dei mezzi per far conoscere la propria musica sono i talent, che cosa ne pensi?

«Non ci vedo niente di male, tutto ciò che è promozionale, va bene. In Italia la gente è un po' restia, mentre in America molti grandi artisti sono proprio usciti dai talent. Qualche anno fa ho provato ma non andò particolarmente bene».

Parliamo di social, spesso è associato l'artista al profilo Instagram, che opinioni ti sei fatto in merito?

«È un discorso molto complesso perché il social se utilizzato correttamente può aiutare a farti capire e conoscere molto meglio perché anche una foto è un’espressione d’ arte, il problema è quando si crea l'idolatria».

Ci sono in progetto dei live?

«Con la mia etichetta stiamo lavorando a portare il disco nei live e fare conoscere magari a qualche ragazzo più giovane, artisti come De André».

Qual è il messaggio principale che vuoi trasmettere con la tua musica?

«Arrabbiatevi, nel senso buono del termine! La figura del Bombarolo mi affascina perché oltre a essere una figura scorretta, si parla di vendetta privata, cosa di cui non si parla mai e poi parliamo di emozioni».

In attesa di un concerto tutto tuo, qual è quello che porti nel cuore da spettatore?

«Caparezza!».