Lo spettacolo Regina Madre di Manlio Santarelli per la regia di Carlo Cerciello con Fausto Russo Alesi ed Imma Villa, approda al Teatro Nuovo di Napoli fino al 24 marzo 2019, dopo il fortunato debutto al Napoli Teatro Festival della scorsa estate.
Il testo scritto nel 1984 e definito al suo debutto da Eugène Ionesco “èxtraordinaire”, può essere considerato a tutti gli effetti un classico della drammaturgia contemporanea.
Il regista Carlo Cerciello afferma:«In Regina Madre, si ha subito l’impressione che il personaggio della Madre sia in realtà lo specchio, o meglio la proiezione della sofferenza esistenziale che attanaglia il Figlio. Santarelli, accomuna al medesimo destino fallimentare Alfredo e la sorella Lisa, assente nell’opera ma continuamente citata. Questo gioco al massacro, infantilmente agito e subìto, mi ha suggerito di mettere in scena il testo, dandone concretezza al rituale onirico e psicologico dei due fratelli alle prese con il fantasma della Madre.»
Molti sono i testi teatrali che trattano il rapporto conflittuale tra madre e figli ma il lavoro di Santarelli si distacca da essi per la profonda introspezione psicologica riservata ai personaggi.
La madre è l’archetipo da cui si diramano le complesse tensioni emotive che incidono nella personalità dei figli e, in particolare la Madre del testo rappresentato è aggressiva, ossessiva, invasiva e manipolatrice dell’esistenza dei suoi figli. Impartisce ordini e divieti morali che saranno fatali per lo sviluppo evolutivo delle loro personalità.
Soltanto dopo anni il Figlio, ormai cinquantenne, ritornato nella casa paterna per accudire la Madre affetta da una grave malattia, sarà capace di rinfacciarle le colpe del fallimento della sua vita. Tuttavia tale presa di posizione critica non sarà sufficiente perché la Madre è ormai anziana, debole, indifesa, quasi intontita dai farmaci e incapace di comprendere la ribellione del figlio e le sue ragioni.
Imma Villa dà ancora una volta prova di essere versatile e quindi credibilissima nel ruolo della Madre esaltandone la complessa psicologia dei sentimenti e delle emozioni; Fausto Russo Alesi riesce a far trasparire sentimenti di insofferenza ma anche di pietà per la madre in modo convincente e senza alcun artificio tecnico con una fisicità inibita, incerta e repressa.
Il testo è una “prova d’attore” di eccezionale spessore per due personaggi così sfaccettati e intricati, pronti a divorarsi l’un l’altro e a scambiarsi rimorsi, accuse, rimpianti e ricordi laceranti che investono trasversalmente anche la figura del Padre-marito, ulteriore presenza scomoda e ricattatoria per il Figlio.
Entrambi i personaggi sono immersi in un labirinto di forti recriminazioni ricco di zone d’ombra e vuoti interiori che non possono essere più colmati dal solo affetto filiale.
Il regista Cerciello esaspera situazioni e dialoghi e anche le scene minimaliste costituite da un enorme letto nuziale al centro della scena tra due burattini quali Pinocchio e la Fata Turchina rimandano all’infanzia dei figli.
Al termine della rappresentazione il letto si trasforma in una culla-gabbia con l’introduzione di sponde messe dal Figlio che, presi i trucchi della Madre disegna sul suo volto e su quello della donna sopracciglia nere ad ali di gabbiano e labbra di un rosso vivo. L’identificazione con la figura materna si è compiuta.
L’allestimento si avvale delle scene a cura di Roberto Crea, le musiche di Paolo Coletta, i costumi di Daniela Ciancio e le luci di Cesare Accetta.