Nel suggestivo scenario del teatro greco romano nel Parco Archeologico di Locri Epizefiri andrà in scena il 31 luglio alle 21.15, nell’ambito della rassegna ‘Tra mito e storia’, l’Iliade di Alessandro Baricco a cura di Blas Roca Rey.
Con Blas Roca Rey e Monica Rogledi. Musiche originali di Pino Cangialosi. Musicisti: Pino Cangialosi, Fabio Battistelli, Marzouk Mejri.
L'Iliade di Alessandro Baricco è una celebrazione dell’umanità, è concepita come un nuovo umanesimo, per questo, Baricco esclude gli dei lasciando solo uomini e donne e le loro esperienze. La differenza temporale si azzera, sicché Ulisse, Elena, Ettore, Achille, non sono elevati o divinizzati ma sono uomini e donne comuni. Nonostante il contesto epico della guerra di Troia, (la guerra delle guerre combattuta nel 1200 a.C.), i personaggi vivono amori, delusioni, debolezze proprio come le persone ai giorni nostri. Ed è per questo che il pubblico si appassiona e sente il testo vicino, attuale più che mai. Blas Roca Rey e Monica Rogledi hanno già portato l'Iliade nella splendida cornice della Valle dei templi di Agrigento, facendo il tutto esaurito, con le persone che entravano pur sapendo che i posti erano terminati e si accomodavano su gradini, muretti addirittura seduti per terra pur di ascoltare e gustare lo spettacolo.
Tutto esaurito anche in Sardegna, nella prestigiosa rassegna "La notte dei poeti" di Nora. Indimenticabile il Teatro Greco di Tindari.
Lo spettacolo continua, dopo la tappa del Parco Archeologico, il 1° agosto a Casignana, sempre in Calabria e il 13 agosto, nell'anfiteatro romano di Albano Laziale (Roma).
Abbiamo incontrato la protagonista, Monica Rogledi. Attrice genovese di grande talento e versatilità, ritorna ad affrontare i monologhi femminili tratti dalla rivisitazione del poema omerico di Alessandro Baricco, con la sua appassionata delicatezza. Le abbiamo chiesto le sue impressioni in un piccolo viaggio nella carriera di questa grande attrice.
'L'Iliade' di Baricco pare l'opera perfetta per una location come il teatro greco romano. Qual è la sensazione che si prova a recitare in un teatro antico?
«È un'emozione davvero grande. Sono location con una loro vita che è sopravvissuta a oltre duemila anni di storia e si sente. Ti chiedono un rispetto e un'attenzione particolare. Se posso fare un parallelo nella letteratura: è come quando recito la "Divina Commedia", mi tremano le gambe, perché non è un testo qualunque, così sono questi luoghi, ti fanno vibrare»
Il monologo è un punto di forza della tua recitazione, come in questa pièce, ma c'è un ruolo che prediligi o cui sei affezionata?
«L'Iliade di Baricco è un' alternanza di monologhi femminili e maschili. Siamo in scena io e Blas Roca Rey. I miei personaggi sono Criseide, Elena, la nutrice e Andromaca. Mi sono domandata spesso quale prediligo e non ho saputo rispondere. Sono tutte donne forti e coraggiose, con i loro affetti in guerra, circondate da sofferenza e passione. In quest’opera, Baricco si è superato e la scrittura diventa poesia, per cui la scelta è ancora più difficile. Splendido è il momento in cui Elena redarguisce Paride per essere scappato dalla battaglia contro Menelao e, un attimo dopo, sciogliersi d'amore per lui. Struggente la supplica di Andromaca per trattenere il suo sposo Ettore lontano dalla battaglia, dove morirà per mano di Achille. La descrizione di come Achille strazia il corpo di Ettore, negandogli degna sepoltura e lasciandolo in pasto ai cani, è unica. Potrei aggiungere molto altro, perché è uno spettacolo davvero emozionante!»
Nella tua carriera, spesso ti sei cimentata in monologhi di personaggi femminili molto forti con temi altrettanto intensi, ricordo ancora il monologo dell'infanticida dello spettacolo 'Storie', tanto per citarne uno e, anche in questo caso, le donne di Omero/Baricco sono personaggi che senti molto, non è vero?
«Amo molto i monologhi. Sono sempre alla ricerca di pezzi nuovi da studiare. Ripassandoli velocemente nella memoria, mi rendo conto di prediligere pezzi forti, duri. Pezzi che se apparentemente iniziano con ironia, alla fine, virano nel cinismo e nelle miserie dell'animo umano. Il monologo che preferisco è appunto quello della madre infanticida, un dramma che purtroppo si sente spesso nei telegiornali. Nessuno vuole assolvere un gesto tanto grave, ma il monologo fa riflettere sull'altra faccia della medaglia, cioè sull'indifferenza dei familiari, degli amici e della collettività che fa finta di non vedere. Purtroppo, la nostra società è sempre più indifferente alle necessità e al malessere degli altri. Per questo, ritengo che il teatro abbia il compito di far riflettere, nella speranza, dove possibile, di sensibilizzare e aiutare. Ho lavorato diverse volte nelle carceri, con attori detenuti. Alcuni avevano come condanna "fine pena mai" quindi omicidi spesso multipli di mafia. Però, in quel momento, durante le prove e poi in spettacolo, sembra un paradosso, ma mostravano grande sensibilità, spirito di gruppo, debolezze. Pochi giorni fa mi hanno proposto un lavoro teatrale sui migranti, con un monologo bellissimo, che alla sola lettura mi ha emozionata. Insomma, il teatro è un grande mondo. Fa ridere, fa piangere, fa riflettere e speriamo faccia smuovere gli animi»
Tornando indietro nel tempo (di poco perché sei molto giovane), quali sono le esperienze che rammenti più volentieri e quelle che ti hanno forgiata, nel bene e nel male?
«Ogni spettacolo forgia e regala nuovi insegnamenti, anche dopo trent'anni di carriera. In teatro ogni sera è diversa dall'altra, accadono cose inaspettate e le emozioni sono conseguentemente diverse. Personalmente, ad oggi, ho avuto per la maggiore colleghi deliziosi. Però, spesse volte mi trovo a raccontare quest'unica esperienza negativa: ero ancora un'allieva e sono stata scelta per un lavoro nel quale recitava anche la mia insegnante di teatro, di pochi anni più grande di me. Naturalmente il regista aveva indicato chiaramente la nostra posizione sul palco e per tutte le prove è stata rispettata. Però, la sera del debutto, mi accorgo che la mia insegnante si era spostata e mi aveva completamente impallata, cioè coperta. Fortunatamente ho avuto la lucidità di accorgermene e di spostarmi. Non lo dimenticherò mai, perché non pensavo di dovermi "difendere" dalla mia insegnante. Purtroppo, non è raro trovare colleghi poco collaborativi»
Lavorando con tanta passione e maestria, anche accanto ad un veterano del palcoscenico come Blas tuo compagno di scena e di vita, come riesci a conciliare la vita privata e il lavoro?
«Riusciamo a conciliare bene perché lavorare insieme è bello. Soprattutto, con una bimba piccola, partire in tournée assieme è più comodo. Ci capita comunque anche di lavorare separatamente e, quando accade, è sempre un buon viatico per la coppia!»
A proposito ancora di questo, tu sei mamma di una bimba, è molto piccola, quindi non ti chiedo se pensi che seguirà le orme dei genitori, ma ad una ragazza che volesse diventare attrice di teatro, cosa consiglieresti?
«Mia figlia è partita in tournée con noi a 5 mesi … e come battuta dico sempre che vorrei diventasse idraulico o elettricista. A chi desidera affacciarsi a questo mestiere suggerisco di pensare ad un piano B. Purtroppo la carriera non dipende solo da noi. Dipende se si incontra qualcuno che decide di aiutarti, se si è al posto giusto nel momento giusto, ma soprattutto dalla fortuna. Purtroppo, in questo mestiere e soprattutto in Italia, sembra che il talento sia marginale. In ogni modo, bisogna sempre seguire i propri sogni e come disse il mio conterraneo Sanguineti: "Chi ha resistito gli è fiorito il cuore" e a tutti … in bocca al lupo!»
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
«Ne ho diversi, ma da buona teatrante sono superstiziosa e non li rivelo. Anche perché in questo lavoro, purtroppo, si progetta e si "sprogetta" con una velocità sorprendente. Come diceva il buon Eduardo de Filippo: "credere alla superstizione è un atto di ignoranza, non crederci porta male"»
Nelle immagini alcune delle interpretazioni di Monica Rogledi.