«Gli amori idealizzati sono più forti degli amori che si consumano con l'abitudine.» Intervista ad Enrico Ruggeri

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«Gli amori idealizzati sono più forti degli amori che si consumano con l'abitudine.» Intervista ad Enrico Ruggeri

Esce domani, 15 marzo, il nuovo album di inediti di Enrico Ruggeri, Alma (Anywaymusic / Believe Digital), disponibile nei negozi tradizionali, in digital download e sulle principali piattaforme streaming. La copertina del disco è disegnata dal noto pittore, imitatore e attore Dario Ballantini, poliedrico artista da anni grande amico di Enrico.

Undici brani, tra i quali il singolo attualmente in radio “Come lacrime nella pioggia”, accompagnato da un video girato a “Marotta, la Città del mare d’inverno”, località delle Marche a cui l’artista è legato fin da piccolo, che ha ispirato la sua celebre canzone “Il mare d’inverno” e di cui Ruggeri è cittadino onorario. Alma è prodotto da Enrico Ruggeri e Lorenzo Cazzaniga e registrato “live”, in presa diretta, all’Anyway Studio. Il disco contiene un featuring con Ermal Meta, nel brano “Un pallone”.

Il tour parte il 4 aprile,  composto da due tipi di esibizioni che sottolineano la duplice anima del cantautore, resa celebre dal suo disco del 1990 “Il falco e il gabbiano”: il falco è l’animale aggressivo mentre il gabbiano è quello poetico per eccellenza. In questa serie di concerti, infatti, gli show nei teatri, in cui Enrico asseconda la sua vocazione cantautorale, si alterneranno a quelli nei club dalla verve elettronica.  Enrico Ruggeri sarà affiancato sul palco durante l’acoustic tour da Davide Brambilla (fisarmonica e tromba), Francesco Luppi (pianoforte e tastiere) e Paolo Zanetti (chitarra); mentre nel corso dell’electric tour da Francesco Luppi (pianoforte e tastiere), Paolo Zanetti (chitarre), Fortu Sacka (basso) e Alessandro Polifrone (batteria).

                      

Alma, quanta anima di te c’è e delle storie che descrivi…

«Naturalmente molto, è un album importante, pur essendo il trentacinquesimo, è un album di debutto, perché arriva a tre anni dal mio ultimo album di Ruggeri. Nel frattempo c'è stata l’avventura con i Decibel, un album, un tour, poi un secondo album, Sanremo, un altro tour e, quindi, non doveva assomigliare né ai Decibel né al vecchio Ruggeri. Bisognava lavorare molto sulle canzoni, ho la fortuna di avere uno studio mio e ho fatto arrivare la band in studio, ho iniziato a suonare le canzoni e poi le abbiamo suonate tutti insieme, magari passando due giorni senza registrare nulla, fino al momento in cui si decideva che la canzone era pronta e da quel momento si andava avanti a lavorare. Non abbiamo fatto la pre-produzione, questa parola orribile che oggi usano tutti, che vuol dire groove di batteria, computer accesi, pad di tastiere etc., abbiamo suonato le canzoni, nella parte ritmica c'è una batteria e un basso, c’è una o due chitarre, al massimo due tastiere. Facendo arrangiamenti a volte per sottrazione, non per aggiunta. Ci sono momenti dell'album, dove c'è la mia voce, basso e batteria e basta o solo voci e una chitarra, quindi, pronti a suonare questi pezzi dal vivo anche il giorno dopo che li avevamo registrati.»

Un album, quindi, molto asciutto in contrapposizione di quello che è la musica oggi…

«Assolutamente, ogni tanto noi ascoltavamo la radio solo per sapere cosa non fare.»

Il tuo primo singolo è “Come lacrime nella pioggia”, un titolo molto poetico…

«É la frase finale del monologo di Blade Runner, che inizia “Ho visto cose che voi...” e finisce “tutto questo finirà come lacrime nella pioggia!”. La musica l’ha scritta mio figlio Pico Rama che ha ventotto anni e lui mi ha scritto solo la prima riga del testo: “La paura che mi prende parte dal profondo di me.” É stata suggestiva, trovo sia una bella frase per iniziare una canzone e sono andato avanti.»

Le paure dei genitori sono le stesse dei figli?

«Se le paure degli esseri umani è rimanere da soli con se stessi e cercare di non vedere un vuoto, ma di vederci qualcosa dentro.»

Ci sono altri brani scritti da Pico?

«No, solo quello.»

                       

Cime tempestose, L'amore ai tempi del colera, titoli letterari...

«Uno scrive canzoni sulle sensazioni forti che ha nella vita e, leggere un libro, per me è una delle sensazioni più forti che uno possa provare, per cui “L'amore ai tempi del colera” che è un capolavoro, un libro bellissimo su tanti argomenti anche sulla rabbia. Il protagonista Florentino Ariza diventa ricco per dimostrare a lei che c'è l'avrebbe fatta, quindi, la rabbia come riscatto estremo e poi è un libro sull'idealizzazione dell'amore. Se si fossero sposati a 20 anni, invece, che rincontrarsi a 70, almeno a 25 anni non stava lì a dire che palle questa, invece, non l'ha avuta e passa tutta la vita a sognarla e, forse, gli amori idealizzati sono più forti degli amori che si consumano con l'abitudine.»

Il ritorno dell'amore sotto varie forme e percezioni, come l'affronti dopo 35 album, e quaranta di carriera..

«Sull'amore si scriveranno ancora migliaia di canzoni belle e milioni di canzoni brutte. L’amore è una fonte inesauribile e, il bello che, se racconti l'amore a vent'anni è diverso da come lo puoi raccontare a trenta, quaranta, cinquanta o sessanta, ci sono talmente tanti tipi d’amore in natura che, per chi scrive canzoni, è una manna dal cielo.»

Oltre a cantautore sei un grande autore, come vivi ogni volta che devi scrivere un album, con tensione, pressione o non ci pensi?

«Si tende a non pensarci, però è anche vero che cerchi di essere all'altezza del tuo passato. Queste sono cose che non si sanno  subito, si scoprono dopo un po' di anni e ti accorgi che quel pezzo è resistito all'usura del tempo, un altro se lo ricordano solo i fan, quell'altro poteva venire meglio, ci vuole un po' di tempo per giudicare tutte le cose e, soprattutto, le canzoni.»

Da cantante a scrittore, dalla tv alla radio. Cosa pensi di tutte queste tue metamorfosi?

«Sono uno che ama raccontare storie agli altri, probabilmente io non amo il mio prossimo come me stesso, però m'interessa il mio prossimo, la gente è interessante. Sulla vita di ogni persona nel mondo puoi scrivere un libro, puoi farne un film, una canzone o una pièce teatrale. A me piace raccontare che la vita è molto spettacolare, molto poetica, molto intensa, lo faccio con le canzoni, poi l'ho fatto anche con i romanzi, lo faccio adesso con un programma “Il falco e il gabbiano” su radio 24, dove racconto la vita degli altri. È bello raccontare la vita, soprattutto, la parte spettacolare.»

C'è ancora qualcosa che ti sconvolge quando ascolti le storie degli altri?

«Ma sì, io non so un sacco di cose ancora nel mondo, come quando ti metti a parlare con uno, e dici: “Caspita questo è forte. Fammi sentire, perché mi sta dando degli spunti per una canzone.”»

Della reunion con i Decibel quali emozioni ti sono rimaste e anche dell’amore del pubblico… 

«Ci siamo divertiti e si sono divertiti anche quelli che sono venuti a vederci. L'altra cosa bella è che, quando sei sul palco, non percepisci delle persone vicino a te, percepisci delle anime. Se la guardi in maniera disincantata, dici: “Vabbé è un sessantenne che ha a fianco altri due sessantenni”, ma non è così. Io, a fianco, sentivo le anime dei miei compagni del liceo e non mettevo a fuoco che, mi giravo, e c'era un signore di una certa età che stava suonando la chitarra o le tastiere, avevo al mio fianco due anime della mia adolescenza e questa è una sensazione forte, noi viviamo di sensazioni forti.»

E con i fan?

«I fan si sono divertiti, poi se ne sono aggiunti di più giovani. Ad un concerto, oramai, la gente è abituata a sentire che parte un computer, qualcuno ci suona sopra qualcosa, neanche tanto, il cantante forse canta… forse, e tu senti una cosa che è uguale al disco, perché ci sono le sequenze che sono il disco. Mentre i concerti dei Decibel erano un happening, c'era un pezzo che durava 5 minuti, al pezzo dopo se ne riuniva un altro, si stava per fare un pezzo e uno cambiava idea:“Facciamo quello.” E, soprattutto, i ragazzi erano spiazzati, ma questa è una musica nuova, pur essendo fatta da persone molto più agée di loro.»

                                

Voi avete avuto anche un kudos particolare dai vostri colleghi alla vostra reunion…

«Il primo album dei Decibel ha venduto 1.500 copie che, allora, erano pochissime, però quei 1.500 hanno messo tutti su una band rock, anche di successo e, più di una volta, hanno detto che i Decibel sono stati quelli che hanno dato l'inizio a tutto. Anche in un contesto del punk italiano che non è stato un movimento così capillare, come quello inglese, il punk italiano era poca cosa numericamente, però da lì sono partiti diversi artisti. Raf suonava nei Cafè Caracas, un gruppo punk di Firenze, per cui sono partite carriere diversissime tra loro. Quel momento storico fu una molla per tutti, per iniziare, perché prima del punk, c'era il progressive. Da ragazzino non potevi cimentarti con il progressive, perché dicevi, non c'è la farò mai, quello ha dieci tastiere, quello il conservatorio, quello suona Bach a memoria. Io ho un sacco d’idee, ma non sono a quell’altezza lì, poi andavi a Londra e vedevi della gente che suonava peggio di te, che, però, aveva una forza interiore, un suono ed erano i Clash, i Sex Pistols. Dopo due note lì riconoscevi, capivi chi erano, quindi, succedeva tutto e tu dicevi, allora posso fare il musicista anch'io, cioè la mia rabbia, la mia energia, la mia voglia di comunicare sono sufficienti a stare su un palco, magari passavi i primi anni a suonare davanti a quaranta persone che però facevano bene. Oggi c'è gente che, per fare un talent, poi fa il firma copie, poi fa il forum di Assago, non dovrebbe funzionare così. Quelli della mia generazione sanno cosa vuol dire suonare in un club vuoto con quaranta persone di cui trenta stanno bevendo e chiacchierando, è importante.»

In questo disco ci sono delle nuove e vecchie collaborazioni?

«C'è la mia band che sono una parte di vecchi amici musicisti, c’è un musicista che suona la tromba e che verrà nella parte acustica del tour che si chiama Davide Brambilla, Andrea Mirò ha fatto dei cori, insomma, tutti quelli che ruotano intorno allo studio.»

E poi c’è anche Ermal Meta che duetta con te nella canzone, Un pallone…

«L’ho contattato io, lui è uno simile a me. Non ho tanti amici tra i cantanti, mi annoio andare a cena con loro, perché ognuno si autoproclama. Ermal è una persona piacevole, ha un vissuto, è bulimico come me, uno che scrive un sacco di pezzi, uno che finisce una tournèe e ne comincia un’altra, parte anche lui da una band. Abbiamo un vissuto simile, rivedo molte cose di me in lui e, quindi, c’è una grande affinità, poi il pezzo gli è piaciuto. È un pezzo intenso, lui che ha avuto un passato da combattente della vita fin da quando era giovane, insomma, lo ha capito subito.»

 

Date del tour:

4 aprile la data zero al Teatro Mascagni di Chiusi (Siena) - ACOUSTIC TOUR

6 aprile al Teatro Mandanici di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) - ACOUSTIC TOUR;

9 aprile al Teatro Cristallo di Bolzano - ACOUSTIC TOUR;

13 aprile all’Athena Live Club di Ponte Dell’Olio (Piacenza) - ELECTRIC TOUR;

27 aprile al Teatro Sociale di Sondrio - ACOUSTIC TOUR;

4 maggio alle Officine Cantelmo di Lecce - ELECTRIC TOUR;

10 maggio alla Latteria Molloy di Brescia - ELECTRIC TOUR;

11 maggio al Fabrique di Milano - ELECTRIC TOUR;

24 maggio al Teatro Colosseo di Torino - ELECTRIC TOUR.

I biglietti sono disponibili sul circuito Ticketone e nelle prevendite abituali.

Il tour è prodotto e organizzato da JOE & JOE S.R.L.