Storie di donne: Carmela

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Storie di donne: Carmela

Io non ho reagito.

Non ho urlato.

Non ho neanche tentato di respingerlo.

Non ce l'ho fatta.

Per anni ho provato solo vergogna.

 

Ho conosciuto mio marito quando ne avevo 13.

Ero stata solo con lui fino a quel momento.

Nessun altro uomo mai, nemmeno un bacio.

 

Credo sia per questo che non ho mai né detto qualcosa a qualcuno, né denunciato.

Troppa vergogna.

 

Oggi, a distanza di anni, ne sto parlando per la prima volta e mentre scrivo, sembra quasi io mi stia liberando da un fardello.

Da un peso che mi sono portata sull'anima senza riuscire a liberarmene.

 

Lo conoscevo già. 

Era un cliente della nostra pasticceria.

Una persona gentile.

Veniva almeno 2 volta la settimana.

Prendeva o la torta di mela o i biscotti di mandorle.

Quella sera ero rimasta in negozio perché all'ultimo mi avevano richiesto una torta di compleanno per l'indomani.

Mandai mio marito a casa dicendo che sarei tornata per le 23.

Avevamo il negozio poco distante da casa, a volte capitava che uno dei due rimanesse più tempo lì.

Avevo appena infornato il pan di spagna e sfornato dei biscotti di mandorle.

Ho sempre adorato il loro profumo.

La sera ne facevo sempre un po' da portare a casa.

 

Erano le 21 o giù di lì.

Sentii bussare vicino la vetrata del negozio. 

Era lui.

Quando lo vidi, fui contenta.

Pensai "Una chiacchierata mentre finisco ci sta".

Lo feci entrare e gli chiesi se voleva del tè caldo con un po' di biscotti.

Accettò volentieri.

Quella sera faceva freddo, quindi anche a me andava qualcosa di caldo.

Misi a riscaldare l'acqua sul fuoco e gli chiesi che gusto preferiva.

"Se i biscotti sono quelli di mandorle..." mi disse.

"Allora ci vuole il a ciliegia".

Finii io la frase, era un giochino che facevo sempre con i clienti in pasticceria.

Posai le due tazze sul tavolo e andai nel laboratorio a prendere i biscotti.

 

"Ti aiuto".

 

Ricordo il bancone di ferro freddo su cui mi schiacciò la faccia.

Il profumo dei biscotti di mandorle ancora caldi a terra.

Le mie calze rotte che mi premevano a lato delle gambe dopo che lui me le aveva aperte con forza.

E il dolore.

Tanto dolore.

Ma io rimasi in silenzio, immobile.

Venne subito.

Finì tutto in fretta.

Mi guardò soddisfatto e andò via.

 

Non emisi un suono io.

Nemmeno una lacrima.

Mi alzai le calze.

Mi abbassai la gonna.

Andai alla porta d'ingresso e la chiusi a chiave.

Lavai il bancone.

Sfornai il pan di spagna e lo decorai.

Lavai tutto.

Spensi le luci e chiusi il negozio.

Andai a casa.

 

Quando aprii la porta mio figlio mi chiese:

"Niente biscotti di mandorle stasera?"

Non ne feci mai più.

 

Quel profumo che tanto adoravo, cominciò a farmi tanto male al cuore.

 

Non rimasi più in negozio la sera da sola.

E anche se ero con mio marito, tendevo a chiudere la porta a chiave.

A volte, dopo averlo fatto, ritornavo indietro a controllare.

Quando chiudevo, mi tremavano le mani. Facevo una corsa in macchina.

Arrivata fuori casa, correvo in casa, e quando la paura era troppa, lasciavo anche la macchina aperta.

Se bussava il postivo o il corriere e io ero sola, non aprivo.

Anche la spesa non la facevo più da sola.

E se proprio non riuscivo a trovare nessuno che venisse con me, la prima cosa che facevo quando entravo in macchina, era mettere le sicure e la prima che facevo prima di scendere, era controllare che non ci fosse nessun uomo intorno.

Al mercato avevo difficoltà e anche nei posti troppo affollati.

Le persone mi camminavano troppo vicine e io non sopportavo essere toccata.

 

Ho trascorso la mia vita in gabbia e a chiedermi se avessi sbagliato io.

A consumarmi il cervello con i se.

Se non lo avessi fatto entrare.

Se non avessi scherzato con lui.

Se fossi io la sbagliata.

Se avessi urlato.

A chiedermi perché non avessi reagito.

Se fosse solo colpa mia.

Oggi so che non è così. 

Non é stata colpa mia.

Ora devo solo trovare il coraggio di chiedere a mio figlio di portarmi dei biscotti di mandorle caldi dalla pasticceria.

Devo ricominciare a ricordare quanto mi piacesse quel profumo da giovane.

 

Sono Virginia, ho 75 anni, e finalmente, dopo 35, mi sono liberata l'anima perché ho trovato il coraggio di parlarne.

 

 

Storie di donne, Rosanna Pannone

 

 

 

Se volete essere uno dei protagonisti dei mie racconti, scrivetemi: dottorecaffe@gmail.com

mettendo in oggetto "Storie di donne".

 

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