«La Venere è la nostra speranza di rigenerazione. Prosperare non basta, bisogna agire». Pistoletto premiato a Leopardi

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«La Venere è la nostra speranza di rigenerazione. Prosperare non basta, bisogna agire». Pistoletto premiato a Leopardi

Poliedrico, complesso, esponente eccelso dell’arte povera, provocatore della società civile, il suo modus operandi è la semplicità, nonostante i suoi novant’anni la sua creatività è inesauribile, Michelangelo Pistoletto vive e lavora ancora a Cittadellarte, il laboratorio creativo da lui fondato nella città alpina di Biella, sua città natale.
La scorsa settimana ha ricevuto il prestigioso premio La Ginestra alla XVI Edizione del Premio nazionale letterario leopardiano La Ginestra negli spazi del Teatro di Verzura della Villa delle Ginestre di Torre del Greco (NA), residenza campana dell’ultima stagione della vita di Giacomo Leopardi.
Il nome di Michelangelo Pistoletto è balzato all' attenzione anche ai digiuni d’arte a seguito dello spiacevole evento successo a Napoli, il rogo dell’installazione in piazza Municipio della Venere degli Stracci  per mano di Simone Isaia, un giovane clochard che ora sconterà la pena in una casa di accoglienza di Salerno.
La nostra breve intervista è stata informale e curiosa, sulla terrazza della Villa delle Ginestre dal bellissimo panorama.
Lei non è andato in pensione…
«Chiesi al mio commercialista tanto tempo fa, ‘quand'è che posso andare in pensione?’ e mi rispose: ‘Guardi, finché lei lavora non può andare in pensione!’. Beh, io continuo a lavorare, dunque non posso andare in pensione».
La mattina, quindi, si sveglia con qualche idea o è la notte che carbura idee?
«Lei azzecca la domanda, perché io lavoro, evidentemente, inconsciamente durante la notte e, quasi sempre al mattino, alle 5, nasco con un'idea. No, non nasco, rinasco in qualche modo, apro gli occhi e ho un'idea. Quest’idea che ho, mi devo alzare e andare a segnare, a scrivere perché, se non lo faccio, me ne dimentico. Mi dico sempre che me ne ricorderò, ma, assolutamente, poi non me lo ricordo ed è così che nascono i pizzini, i miei pizzini, tutti fogliettini che entrano prepotentemente nel mio lavoro, li sviluppo, li realizzo…».
Praticamente ha una casa piena di pizzini, sparsi ovunque…
«In effetti, mia moglie poi li raccoglie e li mette via».
Carina…
«Gran parte di queste pizzini diventano parte di scritti che faccio, diventano soggetto di opere o di attività e vengono anche trascritti, magari con la tecnologia».

                  
E in queste ultime mattine come si è svegliato?
«Mi sono svegliato con alcune idee che riguardano le mostre e gli incontri che sto facendo. In questo momento sto portando in giro il mio libro, La Formula della Creazione, l’ho fatto e adesso lo porto con le parole. Eccolo qua…» (Mostra il libro che ha in mano).
Bellissima la copertina, semplice e raffinata...
«Questo libro è un libro che io tengo in mano così facilmente, ma credetemi pesa, un grande peso. D'altra parte, il suo peso lo ha acquisito togliendolo a tutta quella che è la mia mancanza di conoscenza, mi sono alleggerito molto, arrivando a capire delle cose che, oggi, acquisiscono secondo me un senso per la società».
È stato mai osteggiato per una sua opera?
«Osteggiato? A me non mi osteggia nessuno!».
Inevitabile non parlare dell’increscioso fatto di cronaca che l’ha coinvolta, il rogo alla Venere degli Stracci, vuole spiegarci della simbolicità dualistica che la contraddistingue?
«La dualità dell'opera è evidente, due elementi estremi, uno è l'armonia, l'elemento della storia che attraversa tutti i tempi e arriva a noi intatta. La Venere nasce come una delle più antiche concezioni di esistenza, perché è la femminilità, è la madre, infatti, le prime Veneri erano incinta, e, quindi, tramandanti l’idea della procreazione. Tutta l’umanità che noi possiamo, in qualche maniera, concentrare è in quella Venere che continua nel tempo.
L'altra cosa straordinaria è che la parola stessa Venere ha creato il concetto di venerazione, di spiritualità, di ricerca, il suo essere imperitura e immortale. Vedere nella nascita della Venere un'immortalità, quella che porta oltre la nostra esistenza, è la cosa meravigliosa insita ad essa.
Dall'altra parte, abbiamo l’opposto, il materiale che è stato usato: cose che sono passate attraverso la vita. Ogni abito è stato vissuto. La nudità della Venere ha raccolto la nudità di milioni e milioni di persone. La materia poi sì è sfatta, è andata distrutta e, quindi, parliamo di degenerazione. Ma materia che degenera, non si annulla, ma si rigenera, così come le cellule del corpo si ricreano; tutto quello che finisce, finisce perché ogni cosa ha una nascita, una durata e una fine, ma durante la crescita le cose si auto consumano e, in questo consumo, nasce e si distrugge continuamente qualcosa e, questa formula della creazione, questa fenomenologia della dualità del farsi e del rifarsi continua; non è mai la stessa cosa, tutto cambia incessantemente, per cui c'è questa degenerazione che vediamo continuare fino al punto in cui prende fuoco, come in questo caso.
Secondo me, questi stracci hanno preso fuoco per autocombustione, è l'umanità, che stava lì dentro, che soffre di tutto il degrado che noi viviamo, della nostra capacità di agire a volte mostruosa e, quindi, la Venere è la nostra speranza di rigenerazione. Prosperare non basta, bisogna agire. Ecco, noi per questo dobbiamo passare a uno stadio che è quello della rigenerazione, per cui gli elementi contrari, che noi possiamo pian piano dominare, porteranno un terzo stadio».

                   

Premio La Ginestra 2023 a Michelangelo Pistoletto – la Motivazione
“Michelangelo Pistoletto, in un lungo percorso che va dal Dopoguerra ad oggi, ha trasformato in arte i mutamenti accaduti nella psicologia individuale e nell’immaginario collettivo. La percezione del mondo fuori di noi, il sentimento fugace dell’istante, l’idea variabile del bello, l’incessante mutamento dei fenomeni e dei punti di vista che li osservano sono diventati il cuore del suo lavoro.
Nutritosi della pop-art, Pistoletto si è confrontato con i miti d’oggi e ne ha fatto rappresentazione. I frammenti fotografici, travasati su lastre di metallo riflettente, diventano il luogo di un’esperienza mentale, in cui tutti gli osservatori sono implicati. Chi guarda altera continuamente la forma della rappresentazione, al punto che «l’immagine che vediamo riflessa nello specchio non esisteva un momento prima di quel momento e non esiste più un istante
dopo».
L’idea stessa di bello subisce nei suoi lavori una trasformazione profonda, che la collega all’immaginario di tempi altri. Proprio la Venere degli Stracci, l’opera ripresa nel corso degli anni fino alla recente disavventura di Piazza Municipio, costituisce, nella sua ideazione, la testimonianza esemplare della perdita di un’antica sacralità. Stracci variopinti si contrappongono e coesistono con un busto antico. La prosa della vita si intreccia con l’idea classica del bello e la contamina per sempre. Pistoletto cerca una sintesi, estetica e sociale, che crei un equilibrio rinnovato tra artificio e natura: come la Mela rigenerata, disegnata da lui nel 2007, in cui la mela morsicata, emblema della Apple e simbolo massimo della tecnica, ritrova la forma di una nuova sintesi tra bisogni
e esperienze separate. Alla maniera di Leopardi, Pistoletto potrebbe ripetere che, “come la massima parte delle cose e verità che crediamo assolute, il bello è relativo” e “non ne abbiamo (come del buono) un’idea assoluta, ma ce la formiamo con l’assuefazione, il confronto, l’esperienza, con lo sviluppo dei
nostri organi sensoriali più o meno delicati”. Parole e categorie care a Leopardi, come infinito e bello, trovano nelle opere di Pistoletto una reinvenzione originale e feconda. Il premio “La Ginestra”, assegnato a Michelangelo Pistoletto, intende riconoscere il significato di una straordinaria avventura estetica, che prova a rifondare vita e comunità in mezzo alle lacerazioni della nostra storia”.