
A pochi giorni da San Valentino, un evento speciale ha animato Piazza San Pasquale a Chiaia, Napoli. Organizzato da nss edicola e il club Venus, l'evento ha celebrato la tradizione napoletana con un aperitivo che ha visto la partecipazione del famoso "numeraio" Pasquale De Stefano. Durante la serata, è stata presentata la "Love Collection" di J'Adore Napoli, e i partecipanti che hanno acquistato articoli della collezione hanno ricevuto un regalo speciale da Don Pasquale. La serata è stata accompagnata dalla musica di DJ Enrico Maria e dall'offerta di birra e cioccolatini a forma di cuore.
Don Pasquale, che è l'ultimo esponente di un'antica tradizione artigianale, è un vero e proprio simbolo della Napoli più autentica. Nella sua bottega, che vanta oltre 100 anni di attività, continua a realizzare a mano le targhette con i prezzi che vengono utilizzate nei mercati, nei ristoranti e nelle pizzerie. La sua arte, un lavoro che si tramanda da generazione in generazione, sta lentamente scomparendo, poiché nessun giovane sembra voler intraprendere questa professione. Don Pasquale, in quest’intervista, ci fa riflettere sulla bellezza e sul valore di un mestiere che affonda le radici nel cuore della tradizione partenopea e ci porta nel cuore di una Napoli che, purtroppo, sta cambiando. Don Pasquale, con la sua arte, è un custode di una tradizione che rischia di svanire, ma la sua passione e il suo amore per il mestiere continuano a illuminare la città con la sua maestria.
Che cosa rappresenta una tradizione così radicata nella nostra città. Ci può raccontare come ha iniziato a lavorare come "numeraio"?
«Ho iniziato questo lavoro da molto giovane, avevo solo dieci anni. Il mestiere mi è stato insegnato da mio padre, che a sua volta lo aveva appreso da mio nonno. Quindi, si può dire che è una tradizione che va avanti da generazioni nella nostra famiglia. Fin da piccolo, mi è stato naturale imparare a fare questi cartelli, anche perché vivevo in bottega con mio padre e i miei fratelli».
É un lavoro che si tramanda da generazione a generazione. Cosa significa per lei mantenere viva questa tradizione?
«È una cosa che mi dà molta soddisfazione. Ho visto crescere e cambiare Napoli, ma la mia arte è sempre stata legata a quella tradizione che, purtroppo, ora sta scomparendo. Mi fa male vedere che non ci sono giovani che vogliono imparare. Quello che faccio non è solo un mestiere, è una passione. Questi cartelli non sono semplici segnali, sono veri e propri pezzi di arte che raccontano la storia e il carattere di questa città».
È vero che oggi il suo lavoro è molto richiesto, non solo per i mercati, ma anche per ristoranti e pizzerie. Come è cambiato nel tempo?
«Sì, oggi faccio cartelli anche per pizzerie, ristoranti e per eventi speciali. Prima si facevano solo per i fruttivendoli, i macellai e i negozi di alimentari. Ma il nostro stile è diventato raro e apprezzato, quindi molti imprenditori, anche all'estero, mi commissionano dei lavori. Quindi, nonostante il mestiere stia scomparendo, c'è ancora chi apprezza la nostra arte».
Il suo lavoro è davvero un'arte, come dimostrano i suoi cartelli colorati. Ma lei è anche l'ultimo dei numerai, come si sente riguardo a questa situazione?
«Mi sento un po' triste, devo ammetterlo. Mio figlio non hanno voluto intraprendere questa strada, e nessun giovane sembra interessato. È un lavoro che richiede pazienza, passione e tanta costanza. Purtroppo, oggi le cose sono cambiate e molti preferiscono mestieri che offrono una vita più facile. La mia bottega è stata testimone di tanti cambiamenti nel corso degli anni, ma il futuro del mio mestiere non sembra così roseo».
Suo figlio non è interessato a continuare il suo lavoro, ma neanche un nipote che prenda il suo posto un giorno?
«Purtroppo non lo so. Mio figlio vive e lavora a Barcellona, quindi non è coinvolto nel mio lavoro. E mio nipote, che va a scuola, è ancora giovane e non ha ancora deciso cosa vorrà fare da grande. Mi piacerebbe che continuasse la tradizione, per me, ogni giorno è un'opportunità per fare ciò che amo. E se anche questo mestiere dovesse finire con me, almeno saprò di averlo fatto con cuore e passione fino all'ultimo».
Lei ha avuto anche la possibilità di lavorare per marchi importanti, come Sorbillo. Ci può raccontare qualche esperienza particolare che le è rimasta nel cuore?
«Sì, ho avuto la fortuna di collaborare con marchi prestigiosi. Uno dei lavori che ricordo con affetto è stato quello per Sorbillo. Ho fatto dei cartelli anche per pizzerie napoletane in giro per il mondo. Ad esempio, alcune pizzerie a New York, Londra e Dubai mi hanno chiesto dei cartelli con frasi napoletane. È bello vedere che la nostra tradizione è apprezzata anche all'estero. Un'altra volta ho fatto un cartello per James Franco, che era in zona per girare un film. È stato un momento divertente, e mi ha fatto piacere che anche personaggi famosi apprezzino il nostro lavoro».
Cosa vorrebbe dire ai giovani che oggi cercano un mestiere, magari partendo dalla sua esperienza di vita?
«Il mio consiglio è di seguire le proprie passioni. Questo lavoro non è facile, ma è molto gratificante. I giovani dovrebbero imparare a fare qualcosa con le mani, con l'arte. Certo, non è un lavoro che ti fa diventare ricco, ma ti dà molta soddisfazione. E soprattutto, bisogna avere tanta pazienza e costanza. Se non c'è passione, non si può fare nulla di buono».