Bagno di folla ieri alla Feltrinelli di Piazza dei Martiri a Napoli per Vinicio Capossela alla presentazione del suo ultimo album Ballate per uomini e bestie. Leggermente in ritardo sull’orario previsto, vestito di nero e con in testa una specie di colbacco dal quale spuntavano le fauci di un lupo, si è lasciato intervistare per una buona mezz’ora da Francesco Raiola ed ha regalato ai numerosi fan l’ascolto dal vivo di tre brani: Ballata del carcere di Reading,La giraffa di Imola e I musicanti di Brema.
Alla domanda sul perché si sia servito della ballata in questo album, Vinicio Capossela ha risposto«É una forma antica dei trovatori e utilizza un linguaggio popolare. Le mie ballate però non rispettano la metrica della ballata classica. Essa serve per raccontare una storia ed è l’habitat ideale per esprimere il mio pensiero. Sono partito nel 2012 a studiarne la potenza evocativa. Il fuoco e il racconto sono sempre andati insieme . Quando l’uomo si è sottratto alla lotta per la sopravvivenza e alla caccia ha dato spazio alla pittura. Uro è il primo atto culturale: l’uomo ha dipinto i suoi compagni della creazione. Bataille spiega che le bestie hanno sempre fatto parte della storia dell’umanità e il dipingerli è una sorta di specchio riflesso in cui il dualismo e la vicinanza tra i due universi è evidente».
E come un fiume in piena ha continuato:«Negli ultimi mesi mi sono ritirato in una casa di un paese semi abbandonato dell’Irpinia per studiare e dedicarmi alle letture. Mi sono reso conto che cercavo rifugio da un’epoca pestilenziale, proprio come accadeva ai tempi del Boccaccio e del suo Decamerone. É necessario fortificare i nostri corpi contro la pestilenza dei social che ci danno l’illusione di un coinvolgimento. Per Artaud la pestilenza era liberatoria, ma è innegabile che questa falsa democrazia della rete ci rende tossici». E ancora ritornando alla domanda iniziale aggiunge:«Il passaggio dalla cupa alla ballata è stato naturale. La cupa rappresenta la cultura della tradizione orale, del canto epico, omerico, la ballata è di origine medioevale. Sono partito dalla Ballata di Oscar Wilde, una delle sue ultime opere. Egli scrive una lettera al suo amante che è bellissima e vi prego di leggerla. È un grido disperato contro la pena di morte, contro la crudeltà di un sistema carcerario che non redime ma che è un totale tradimento del messaggio cristiano».
Foto di Maria Battaglia
E a questo punto Vinicio Capossela si è seduto al pianoforte e ha cantato La ballata del carcere di Reading che è diventata più struggente e accorata con il suono delicato della sola tastiera.
L’intervista è proseguita chiedendo la genesi del brano La giraffa di Imola che sembra una favola di Gianni Rodari o un sogno felliniano. Capossela ha risposto:«Ci sono spesso episodi grotteschi tratti dalla cronaca vera di qualche anno fa, forse il 2012. In una piccola città una giraffa scappa da un circo e la sua bellezza fa sentire orribile e ridicolo tutto ciò che le è intorno. La sua presenza sovverte il paesaggio. La filmano e la postano su YouTube e quella presenza meravigliosa che destò scalpore nella Francia di Carlo X , si rivela per quella che è: un elemento di disordine inconciliabile. La narcotizzano per catturarla, ma la giraffa muore. La giraffa è una straniera e per giunta africana! É un simbolismo che è difficile ritenere casuale».
E anche questa volta Capossela si è avvicinato al pianoforte per eseguire il brano con grande maestria…” il suo collo vacillò lentamente lentamente/ come un salice piangente come una betulla quando vacilla/ verso il sole e cade a terra… “
Raiola ha incalzato ed ha chiesto quale fosse il rapporto dell’artista con il sacro. Capossela ha risposto:«Tutto è manifestazione del divino come dicevano gli antichi greci. L’uomo fin dalla notte dei tempi ha avuto la necessità del sacro e del sacrificio come immolazione. Questo è alla base della nostra cultura e tutto quello che riteniamo sacro lo sottraiamo dalla nostra quotidianità. Entriamo però in un tema complicato che richiederebbe riflessioni approfondite. Io voglio invece parlarvi della mia musica. A Napoli cantano i neomelodici, ma io mi sento neomedioevale! Ho realizzato uno spettacolo dal titolo In Sanità e ho suonato nella Basilica della Sanità. Questa esperienza musicale mi ha fatto incontrare artisti e musicisti con suoni barocchi (vedi il brano Danza macabra) e mi sono avvalso di collaborazioni preziose perché la musica unisce. Al temine di questo incontro voglio farvi ascoltare il brano I musicanti di Brema con Daniele Sepe, Claudio Romano, Antonello Iannotta, Luca Casbarro, Andrea Tartaglia che sono con me stasera. Un asino, un cane, un gatto e un gallo che, sembrano dirci ora come allora che non importa se tu sia stato licenziato o esodato. Puoi sempre scappare a Brema, trovare qualcun altro come te e formare una band. Il brano è una lezione di unione e forza».
Foto di Vinicio Capossela
Le percussioni di Claudio Romano in realtà erano costituite da una sedia, ma gli altri strumenti sono stati in grado di riprodurre quasi fedelmente i versi degli animali citati e il coro e gli spettatori hanno segnato il ritmo. Qualcuno dei presenti ha chiesto il bis a gran voce. Ma è tardi. Bisogna firmare le copie dell’album. Capossela si è sottratto ai selfie, ma in compenso ha dispensato sorrisi e ascolto ai numerosi fan intervenuti. Questa volta si è munito di un timbro che ritrae i lineamenti del suo volto e ha impreziosito con dedica e iniziali le numerose copie vendute dell’album.
Non sempre un artista propone ai firmacopie l’ascolto dal vivo di qualche brano. Tutti siamo stati grati a Vinicio Capossela e noi di The Cloves Magazine, presenti all’incontro, non possiamo far altro che confermarvi quanto detto in un precedente articolo: Ballate per uomini e bestie è un grande album da ascoltare e riascoltare con partecipazione emotiva e mentale.