Supercalifragilistichespiralidosa Antonella Morea- intervista

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Supercalifragilistichespiralidosa Antonella Morea- intervista

Per Antonella Morea è stata una delle esperienze più particolari della sua carriera far parte di una produzione della Disney, Mary Poppins il Musical, andato in scena quest’inverno a Milano al teatro Nazionale e ritornerà in autunno prossimo, sempre a Milano, dal 5 ottobre al 31 dicembre 2018 e sono già in vendita i biglietti.
 

La grande macchina di Mary Poppins è arrivata per la prima volta in Italia… 
«È stata la prima volta che un musical importante e di grande risonanza è arrivato in Italia e che Cameron Mackintosh, proprietario dei diritti di alcuni spettacoli Disney, tra cui Mary Poppins, viene a Milano, lavora con gli attori italiani e li trova straordinari e dà il placet perché questa versione che facciamo noi, sia quella da portare in tutto il mondo, in pratica si è mobilitata tutta la Disney per venirci a vedere e sono rimasti estasiati.»
Il suo ruolo è quello di Mrs Brill…
«La cuoca brontolona che ha quest’aiutante, Robertson Ay, interpretato da Roberto Tarsi, che lo maltratta molto e, anche lei, come tutti i personaggi hanno bisogno di amore e Mary Poppins arriverà e porterà amore anche per lei, tanto è vero che alla fine i due che litigano sempre, che si  rimbrottano uno con l'altro, si abbracceranno e Mary Poppins volerà via.»
Qual è secondo lei il successo di Mary Poppins nel mondo?
«Me lo spiego fino a un certo punto, è un fatto emozionale. Quando sentivo le canzoni con l’orchestra, ci veniva da piangere, non so perché. Smuove qualche cosa all'interno dell'animo umano, c'è qualcosa che Mary Poppins smuove, sarà questa magia, quest’incanto di ritornare bambini, di staccare la spina per un momento ed entrare in un mondo di fiabe. È una cosa che, evidentemente, è dentro di noi, e Mary Poppins la fa venire fuori. A parte poi la spettacolarità straordinaria del  musical, ci sono dei cambi di scena meravigliosi, delle magie bellissime, musiche meravigliose. C’è l’ensemble veramente mirabile, cantano e ballano, sono dei performer strepitosi che poi sono affiancati da noi attori con un po' più di esperienza per dare un po' di vita maggiore al musical che, solitamente non ha tutta questa vita il musical, perché è un po' tutto appiattito, si canta sempre, invece, inserendo le parti recitate con attori di teatro, acquista una valenza maggiore.»
Come sono state le prove e poi la messa in scena di questo musical? È stato molto faticoso? C'è stato un clima affettuoso fra voi. Nonostante vi siete conosciuti per la prima volta?
«Il clima è stato sempre eccezionale, perché noi siamo una forza, ci amiamo e ci siamo aiutati l'un con l'altro, ci siamo ispirati l'un con l'altro, non c'è stata invidia o pettegolezzo tra noi. Le prove sono state strane, poiché siamo arrivati tutti a scaglioni, in alcuni giorni provavo le mie scene senza Mary Poppins immaginandola solo, invece, lei provava scene con altri senza altri e immaginandoli, poi improvvisamente ci siamo fusi tutti insieme e abbiamo dato vita allo spettacolo che anche noi non conoscevamo, perché un conto che tu lo leggi sul copione e un conto che si faccia sul palco, quando si è assemblato il tutto abbiamo subìto anche noi questa magia. Ci sono stati pianti, applausi, un sacco di risate tra noi. Abbiamo sofferto, però, un po’ per la scenografia che è molto impegnata, facevamo le prove nella sala dei ballerini con un modellino in scala dove il regista spiegava tutti i movimenti della scenografia e poi la casa è una casa volutamente stretta e piccola, io la chiamo la casa dei Polly Pocket, dove a un certo punto ci vuole il semaforo per entrare, perché ci ritroviamo molti di noi e prima di prendere confidenza con lo spazio ne abbiamo fatte di prove, noi e i macchinisti, che si fanno un mazzo quadrato a spostare, a muovere tutta l'ambaradan della scenografia, poi magicamente, come sempre avviene in teatro, si fanno anche doppi spettacoli e ce li beviamo come una semplice coca-cola.»
Com’era l’entusiasmo del pubblico?
«Una cosa incredibile, entusiasmo alle stelle, il pubblico applaudiva sempre, portava il tempo sempre, soprattutto su Basta un poco di zucchero o Supercalifragilisti. Piangeva, rideva, il pubblico ha sempre partecipato, dall'inizio fino alla fine, e tutti gli applausi che, noi sapevamo di avere, li abbiamo avuti tutti, non è mancato mai uno.»
Cameron Mackintosh ha visto lo spettacolo finito? 
«Non conoscevo personalmente Cameron Mackintosh, l'autore di Phantom of the Opera e di Cats tra l'altro, lui  e il regista hanno visionato tutti i provini e ha scelto lui, uno per uno i personaggi e, devo dire la verità, lui ha fiuto perché li ha scelti benissimo, sono tutti azzeccati. Poi è venuto, ha visto le nostre prove e tutto quello che avevamo fatto  e ha lavorato con noi per tre giorni e ci ha dato delle dritte, degli aggiustamenti che lui riteneva opportuno. Dopo ci ha mandato diverse lettere di ringraziamento, quasi ogni giorno arrivavano lettere, dove lui diceva che era felice e contento e che vorrebbe ritornare in Italia.»
Dalla produzione londinese c’è qualcosa di differente da quella italiana? Stesse scenografie, traduzione letterale…
«Qualche minima licenza sulla traduzione se la sono presa, l'italiano è una lingua più ricca. Del resto è uguale, ci sta solo il cambio per quanto riguarda Bert, interpretato da Davide Sammartano, solitamente nel musical alla fine quando c’è “Tutti insiem”, deve volare sul tetto, a Londra succede questo, invece, qui in Italia, non è stato possibile per problemi tecnici, però fa un grande tip tap sul tetto e ripaga di questa mancanza, anche perché le coreografie sono state di Gillian Bruce che è eccezionale. Noi addirittura facciamo lo spelling di “Supercalifragilistichespiralidoso” che è una cosa d'obbligo, cioè è stata l'unica coreografia imposta, perché c'è questo SuPeR tutte queste lettere figurate e c'è la coreografia originale, solo su quello non hanno apportato nessuna modifica, poi sul resto sono tutte coreografie nuove.»