Provocazione e arte: La magia di Dignità Autonome di Prostituzione a Nola

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Provocazione e arte: La magia di Dignità Autonome di Prostituzione a Nola

Foto di Nicola Garofano

Dignità Autonome di Prostituzione (DAdP), format ideato da Luciano Melchionna e Betta Cianchini, produzione Ente Teatro Cronaca, ha portato la sua carovana con più di trenta artisti a Nola, in Piazza Duomo, occupando per alcuni giorni la casa comunale su invito del sindaco Carlo Buonauro.

Non lasciatevi ingannare dal titolo provocatorio: questo spettacolo, in scena da 17 anni, è un'esperienza teatrale rivoluzionaria che continua a sorprendere e commuovere il pubblico. È uno degli spettacoli più coinvolgenti degli ultimi anni e continua a rinnovarsi, mantenendo sempre fresco e innovativo il suo approccio. Ogni edizione è unica, con nuove performance e una cerimonia di apertura e chiusura, la cosiddetta Festa della Vita, che cambia di volta in volta.

La luce rossa che avvolge la location preannuncia un’atmosfera intrigante e trasgressiva, catapultando il pubblico in una dimensione surreale e magica. DAdP si distingue per la sua formula unica: una "casa chiusa" artistica dove gli attori offrono “pillole di piacere teatrale” e, muniti di “dollarini” ritirati all’ingresso, il pubblico può contrattare con gli attori per assistere alle singole performance.

                                                    

Al centro della piazza è posizionata “la zattera”, un palchetto dove i vari artisti si avvicendano per cantare e intrattenere durante la serata.

DAdP inizia con una voce fuori campo che cattura immediatamente l’attenzione del pubblico. È quella di Luciano Melchionna, il "Papi" della serata, che introduce l'esperienza con un monologo denso di significato e carico di emozioni contrastanti, una serie di affermazioni taglienti e provocatorie: "Fake lo scandalo, fake gli scandalizzati, fake il pudore, l'integrità, l'accusa, la moralità". Melchionna smaschera l’ipocrisia di una società che si rifugia dietro maschere di perbenismo e conformismo, sollevando il velo su una realtà fatta di apparenze e menzogne. La ripetizione martellante della parola "fake" diventa un'eco che risuona nella mente degli spettatori, richiamando l’attenzione sulla falsità delle convenzioni sociali.

"Fake il mio pianto, fake il mio dissenso, fake la mia innocenza, fake la colpevolezza" prosegue il monologo, estendendo la critica non solo al mondo esterno, ma anche all'intimità delle emozioni personali. Questo continuo gioco di specchi tra vero e falso, tra reale e costruito, mette in discussione la genuinità dei sentimenti umani e la sincerità delle relazioni interpersonali.

L’apice della riflessione di Melchionna arriva con "fake l'ascolto, fake il tempo che viviamo, fake questo mondo distrutto e ricostruito come un congegno elettronico, come una bomba". Qui, la voce fuori campo non solo denuncia l’inautenticità della comunicazione e delle esperienze contemporanee, ma preannuncia anche un senso di catastrofe imminente. La metafora della bomba, colorata e camuffata, che "prima o poi qualcuno userà", introduce un’idea di inesorabile distruzione che incombe sulla nostra società.

La chiusura del monologo è un crescendo di tensione e liberazione: "saltiamo in aria tutti, all'improvviso, saltiamo in aria tutti, presto presto, con i rimpianti, le colpe, i rimorsi, saltiamo in aria a pezzi, voliamo in cielo, liberi, felici". Melchionna ci porta a immaginare una liberazione definitiva dalle catene delle convenzioni sociali, un’esplosione che, seppur distruttiva, promette una sorta di redenzione e felicità.

                                

L'incipit è una dichiarazione di intenti potente e audace, che sfida lo spettatore a guardare oltre le apparenze e a confrontarsi con le verità scomode della propria esistenza. Un inizio che non lascia indifferenti e che promette un viaggio teatrale indimenticabile. Si passa poi il testimone a "La Zattera" con H.E.R., Vincenzo Colursi, Antonella Monetti e la band che cantano uno degli indeiti di Luk, Basta muovere la testa: “Noi balliamo sulla danza delle botte coi piedi, misuriamoci la palla stiamo peggio di ieri, basta muovere la testa come fanno gli scemi, e poi chiudere la bocca che se no te lo credi”, un potente manifesto artistico e politico, ricco di immagini potenti e provocatorie. Poi tocca a H.E.R., che dimostra una notevole padronanza tecnica e interpretativa, e canta The Power of Love dei Frankie Goes to Hollywood, brano che celebra l'amore come una forza onnipotente e sacra, capace di proteggerci, purificarci e trasformarci. Bella anche la rivisitazione che H.E.R. ha fatto del brano Volevo un gatto nero, con degli arrangiamenti che richiamano la musica balcanica e rom, e verso il finale il suo violino esplode con intensità, accentuando il carattere festoso e coinvolgente del brano, che invita alla danza.

                                            

Dopo aver spiegato le regole della casa, sul palco una meravigliosa Priscilla (Mariano Gallo) si passa alla diretta (e spietata) contrattazione con le prostitute e i prostituti scelti, per poi catapultarsi finalmente nelle performance intense, intime e spesso provocatorie, fautrici di un legame emotivo che raramente si trova nel teatro tradizionale.

                                  

Priscilla - Mariano Gallo avvolto nella kefiah. Dai social dichiara: "Userò sempre la mia voce, ovunque, contro ogni forma di oppressione e discriminazione". 

Si passa da Maldestro, con il monologo L’ho fatto per voi, un omaggio che il cantautore ha fatto a DAdP con la supervisione di Luciano Melchionna, vietato ai minori di diciotto anni per il linguaggio scurrile e volgare che usa per la descrizione di un amplesso, a Riccardo Ciccarelli, con il monologo Il preso a vivere, una composizione poetica che irrompe nella realtà quotidiana con un linguaggio evocativo e una profondità disarmante: un poeta seduto nell'angolo di una città, che ci trasmette una sensazione di disagio e solitudine, ma anche di meraviglia per l'esistenza stessa. La sua voce è quella di un poeta che, colpito dai ricordi e dalle esperienze, scruta il mondo attraverso una lente di vulnerabilità e ironia.

La scrittura è immersa in immagini potenti e metafore che risuonano con chiara lucidità. L’uso reiterato della domanda retorica – "La gente si innamora?" "La gente si bacia sulla bocca?" – rappresenta la ricerca di connessione in un mondo che appare sempre più disconnesso. Questa struttura discorsiva, che si snoda come un fiume in piena, riflette il flusso dei pensieri di un autore supremo, un uomo immobilizzato dall'introspezione ma desideroso di essere ascoltato e compreso.

                                                         

Riccardo Ciccarelli, nella sua interpretazione, riesce a incarnare queste emozioni con una forza magnetica. I suoi gesti e le sue pause parlano di un'anima tormentata, che si strugge nel tentativo di trovare il proprio posto in un mondo che non sembra avere spazio per la fragilità. La sua presenza scenica, unita a una profonda comprensione del testo, trasforma il monologo in un’esperienza condivisa, in un atto di vulnerabilità collettiva. L’impatto emotivo del testo si intensifica quando affronta tematiche di smarrimento e confusione, dipingendo un quadro di anime in cerca di risposte a domande esistenziali. “Capita anche a voi di guardare senza vedere…” è una delle affermazioni che risuona nel cuore dello spettatore, ponendolo di fronte alla propria vita, alle proprie scelte e al significato dell’esserci.

Gli attori sono tanti, ma riesci a intrattenerti solo con alcuni di loro. Ad esempio, Betta Cianchini, Anya, una prostituta slovacca, offre un'intensa riflessione sulla vecchiaia, la disillusione e la perseveranza con il monologo Stella Cadente, tratto da "Non Piango" di Luciano Melchionna. La protagonista, una donna "diversamente giovane", ci guida attraverso un viaggio interiore che mette a nudo le sue paure, le sue riflessioni e le sue speranze.

Cianchini è schietta, diretta, come Anya stessa ci insegna «rompe la quarta parete» creando un legame intimo e personale con lo spettatore. La sua capacità di alternare momenti di ironia a quelli di profonda malinconia rende il suo personaggio incredibilmente umano e riconoscibile. Quando si rivolge a uno spettatore giovane, come se fosse un caro amico, la sua sincerità e la sua vulnerabilità emergono in modo struggente. Questa scelta registica accentua la connessione tra attore e pubblico, trasformando il monologo in una conversazione sincera e personale.

Alla fine Anya ci invita a riflettere su una bellissima frase di Henri Estienne: “Se gioventù sapesse, se vecchiaia potesse!

                                                                

Melchionna descrive DAdP come un “teatro che non è autocelebrativo, ermetico o fine a se stesso, ma prima di tutto magia e sogno”. E il sogno si realizza grazie alla partecipazione di un cast straordinario, composto da attori di grande talento, che si prestano a interpretazioni intense e coinvolgenti: Raffaella Anzalone, Maria Avolio, Antonio Barberio, Elisabetta Cianchini, Riccardo Ciccarelli, Vincenzo Colursi, Cinzia Cordella, Marika De Chiara, Giampiero De Concilio, Valentina De Giovanni, Renato De Simone, Dario Di Pietro, Annarita Ferraro, Mariano Gallo – Priscilla, Luciano Giugliano, Gabriele Guerra, Her, Vincenzo Leto, Antonio Prestieri – Maldestro, Claudio Marino, Gianluca Merolli, Antonella Monetti, Francesca Morgante, Pierfrancesco Scannavino, Toto Traversa.