«Posso soltanto ricreare le mie emozioni con la musica e dire quello che sono, quello che ero stato, raccontandomi.» Intervista ad Einar

- di

«Posso soltanto ricreare le mie emozioni con la musica e dire quello che sono, quello che ero stato, raccontandomi.» Intervista ad Einar

Dopo l'esperienza unica al Festival di Sanremo, a maggio Einar debutterà live con due appuntamenti, a Roma il 20 maggio al Largo Venue e a Milano il 22 maggio ai Magazzini Generali, tour prodotto da Color Sound.
In questi due concerti di anteprima, Einar proporrà il suo album “Parole Nuove”, (disponibile anche in streaming e digital download al seguente link https://SMI.lnk.to/ParoleNuoveAlbum) che prende il nome dalla canzone (scritta da Antonio Maiello, Enrico Palmosi e Nicola Marotta) con cui il giovane artista ha fatto il suo esordio tra i big della 69° edizione del Festival di Sanremo.
Per le due date a maggio, Roma e Milano, a cosa stai pensando e se ci sarà qualche particolare regalo per i tuoi fan?
«Credo che il regalo me lo facciano loro a me, soltanto nell’esserci. Credo sia la cosa più bella cantare per i propri fan. Sono davvero contento e teso anche un po', perché sono le mie prime due date.  Potrò finalmente costatare ciò che si prova quando sei solo tu sul palco e ci sono solo i tuoi fan, che sono lì solo per te.»
Ci sarà anche qualche ospite, tipo Biondo che ha duettato con te nell'album?
«Dobbiamo ancora capire se ci saranno ospiti, ma ci saranno sicuramente delle sorprese.»
Parliamo del Festival di Sanremo. Eri tra i preferiti e poi che cosa è successo?
«Devo dire soltanto grazie a tutti quelli che mi hanno sempre votato e sostenuto. Ho ventisei anni, ed essere al festival non è la cosa che capita tutti i giorni stare su un palco dove sono stati tutti i big della musica. Per me essere lì, è stato un passo molto grande, un bellissimo punto di partenza e che sia arrivato ventitreesimo, non faccio tanto caso, perché sono stato veramente fortunato e credo che le cose vengano piano, piano. Io ce l'ho messa tutta, quello che dovevo fare l'ho fatto, ho cantato, mi sono divertito tantissimo di là dal numero in classifica, può darsi che domani farò di nuovo Sanremo, perché è un’esperienza unica.»

                              
Parole nuove, è il tuo nuovo album, titolo anche della canzone che hai portato a Sanremo in cui parli della tua passione per la musica, così importante da rinunciare anche a tutto. Quali sono state le tue rinunce più grandi fino adesso?
«Devo essere sincero, non ne ho avute di rinunce. Ciò che volevo dire con il brano e che tutti quelli che ti amano devono sempre darti una spinta a credere in ciò che fai, perché alla fine non faccio niente di male, faccio quello che a me piace fare. Se l'altra persona che dice di volerti bene e non prende questo mio amore per la musica come una passione positiva, allora, gli dici vai avanti per la tua strada che io vado avanti per la mia. Ad ogni modo, sono molto legato a quest’album, perché parla di alcune mie storie vissute che sento veramente tanto, e poi ci ho messo tutte le mie energie per farlo.»
C'è una canzone che si chiama “Lo stesso di sempre”, e parli anche di “tornare bambino”. Che cosa ti manca della tua infanzia?
«Questo brano è uno di quelli che io sento tantissimo, l'altro è “Ma tu rimani”. “Lo stesso di sempre” parla di me, da quando ero niente a oggi e sono semplicemente lo stesso di sempre. L’unica cosa che cambia è che canto e che ho fatto quello che mi piace fare. Quando parlo di ritornare bambino, penso a quand’ero piccolino e al fatto che mi sono mancate tante cose. Ognuno di noi ha la sua storia, è vero, certe cose mi sono mancate e magari mi hanno reso anche quello che sono oggi, un po' timido, un po' chiuso in me stesso certe volte. Tutto quello che ho passato prima, non lo odio, logicamente avrei voluto che fosse stata diversa la mia infanzia, ma d'altronde è stata così e non posso farci niente, posso soltanto ricreare queste emozioni con la musica e dire quello che sono, quello che ero stato, raccontandomi.»
“Non c'è” è stata la prima canzone scritta interamente da te. In quest’album c'è qualche altra canzone o hai qualcosa di scritto di tuo e che non hai avuto ancora il coraggio di tirare fuori dal cassetto?
«No, in quest’album non c’è niente di mio, ma ho diverse cose scritte e sto ancora scrivendo, quasi tutti i giorni, perché non è facile. La mia prima è stata, appunto, “Non c’è”, e l’ho scritta in un periodo un pochino brutto e mi è uscita di getto sia musica sia parole, tutto velocemente e non so neanche io come ho fatto. Anche se è un brano cui tengo molto, quando lo sento mi dico cavolo sembra una canzone di un bambino, d'altronde è la prima che ho scritto e va bene così. Il mio prossimo obiettivo sarebbe quello di scrivere dei brani miei, raccontare proprio tutto, però scritto da me, da quello che penso alle mie storie vissute.»
                            

Come avviene la scelta dei brani da parte tua. Segui qualche criterio, qualche emozione?
«Il criterio che seguo è leggere il brano e se mi ritrovo, allora, provo, la canto un attimo e se sento tutto quello che dico, allora, il brano è mio. Non è facile perché di solito provo tanti brani. A volte capita che arrivi una canzone bellissima, il brano che dici: “Questo qua è una bomba, molto bello ma non c'è niente di me in questo testo”, allora lasci stare, per lo meno io faccio così. Se io sento tutto quello che dico allora, è il mio brano. Il mio obiettivo più importante è quello di scrivere da me, è la cosa cui tengo di più.»
Ti permetti o ti azzardi anche cambiare qualche virgola ai brani che ti propongono?
«Qualche volta sì, parlandone sempre con gli autori. Dico magari che in questo pezzo non mi sento tanto mio e se si può fare qualcosa. E quando loro possono farlo, se è una cosa che io sento veramente, lo fanno volentieri.»
L'ultima domanda banale. Come vedi il tuo futuro nella musica?
«Aspirerei a vivere ancora di musica, credo sia la cosa più bella che ci sia, perché senti delle cose e le fai anche sentire agli altri ed io voglio fare questo!»