«Non sono cambiato, sono più maturo, è il mondo intorno che cambia». Intervista a Paolo Meneguzzi

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In questo periodo di paura per il Covid-19, le persone diventano impotenti e ascoltare o scrivere di musica può aiutare, così nasce il nuovo singolo di Paolo Meneguzzi, Il Coraggio, che dà voce ai più deboli per aiutarli a rialzarsi e combattere affrontando diverse prove e dolori. Aiuta a perseguire i propri sogni e incita a non smettere mai di credere in se stessi, anche se ti ritengono un diverso. La voce, la musicalità pop e il testo evocativo rendono un gradito ritorno di Paolo Meneguzzi sulla scena musicale italiana.

Sei tornato con un nuovo singolo "Il Coraggio"…

«Il Coraggio è la forza dei più deboli. Quelli che vivono sul filo, ogni giorno, ogni fine del mese. Il coraggio è la voglia di libertà rispetto a un mondo che sempre di più tende a offuscare i nostri sogni e a farci vivere come burattini che tengono a galla l’economia».

Quando sarà possibile ascoltare l'intero album? Puoi anticiparci qualcosa?

«Non credo più negli album, e non ne farò. Usciranno semplicemente una serie di brani che ho composto in questi anni, qui e là, sporadicamente. Quando me la sentivo e quando il tempo me lo permetteva».

Ritroveremo la tua musicalità o c'è anche un Paolo inedito?

«Ho fatto praticamente ogni stile, non so quale sia la mia musicalità. Io sono Paolo Meneguzzi, sarò semplicemente Paolo Meneguzzi. Non c'è nulla d’inedito, ho 45 anni, ho il mio percorso e faccio la mia arte. Potrà piacere di più o di meno di quello che ho fatto prima o dopo, ma sono sempre io col mio modo di essere fuori dai tempi, senza regole. Ancora di più perché non voglio legarci nessuna mia immagine ritoccata, quindi, musica e basta allo stato puro».

Sono previste collaborazioni?

«Certo, in ogni brano collaboro con artisti eccezionali, come Emilio Munda il produttore e i miei musicisti, sono loro le mie collaborazioni e parte della mia famiglia».

               

Com'è tornare sulla scena musicale dopo tutto questo tempo, con un nuovo album?

«Non c'è nulla di nuovo. Io non sono cambiato, di certo sono più maturo, ma è il mondo intorno che cambia. Basterebbe non andare su YouTube o su Facebook e tutto sarebbe uguale a 30 anni fa, o 50 o 100. Quello che voglio dire è che io sto bene con la musica. Basta che c'è quella. Il resto è complementare al tempo in cui vivi».

Possiamo chiederti dov'eri finito?

«Ci sono sempre stato, basterebbe guardare sui social, oggi che è così facile trovare persino vecchi amici, figurati se non trovi Paolo Meneguzzi. Colui interessato a me ha sempre saputo dove trovarmi, ha sempre saputo le mie novità, senza così tante difficoltà. Sono sempre stato in Tour, tante date di tour ogni anno. Chi mi segue sa che mi sono sposato, che ho una famiglia, sa le canzoni che ho fatto e che percorso ho deciso di fare. Non sono mai sparito».

Sappiamo che ti sei destreggiato tra la tua scuola di talenti, la Pop Music School e il lavoro di papà di Leonardo, vuoi raccontarci?

«Sono il fondatore e presidente della Pop Music School l'accademia di talenti più importante in Svizzera. Vedo talenti ogni giorno. Hanno un livello assurdo e mi emoziono ogni giorno tantissimo grazie a loro. É una seconda vita dove finalmente posso fare quello che mi piace davvero, seguire le produzioni, creare attraverso i loro talenti nuove mode. Sono davvero avanti rispetto a noi o almeno a me, che poi gli altri sono permalosi.

Leonardo, mio figlio, ha quasi quattro anni, cambia tutto quando al tuo fianco c'è una persona più importante, almeno per me. In questo momento la mia carriera è meno importante. Si fa tutto per lui».

Il tuo successo è partito dal Cile, dalla vittoria al Festival di Viña del Mar. Come sei approdato a quel festival e cosa ricordi di quei giorni?

«Lavoravo moltissimo, ero priorità mondiale Warner ed ero una specie di macchina di lavoro e di soldi per le case discografiche e i management. Avevo vent’anni e si vendevano ancora i dischi veri. Mi ricordo che in Sudamerica quando iniziai, era ancora forte la cassetta, qui andava già solo il cd praticamente. Ricordo che gli italiani in Sud America erano dei Campioni. Ora tutto è cambiato, sono loro i campioni che vengono da noi. Com'è giusto che sia, hanno un mercato molto più grande e si sono globalizzati».

Quali sono stati veramente i tuoi esordi. A che età hai cominciato, se facevi parte di qualche band… qual è stata la tua gavetta?

«Ho giocato a fare il DJ fino ai sedici anni, ma partecipavo a concorsi canori di paese da quando avevo sei anni in Svizzera nel mio Paese di origine. A diciassette anni partecipai a un karaoke, prima di una serata, dove dovevo suonare come Dj e incontrai il mio produttore che mi portò a Viña del Mar un paio di anni dopo».

Quando torneremo alla normalità, andrai in giro per l'Italia in un tour?

«Sicuramente al Sud, dove le feste di piazza mi apprezzano molto, ho sempre fatto divertire molta gente durante le estati al Sud con moltissimi concerti. Speriamo già di fare qualcosa alla fine di questa estate. Altrimenti si lavorerà per la prossima».

 

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