"Mi piace pensare che i personaggi che interpreto possano avere una certa comunanza, in fondo il loro legame sono io, hanno tutti una parte di me". Lei è Oriana Celentano e si è raccontata alle nostre pagine.
Hai interpretato Giuseppina nel film di Sergio Rubini "Tutto l'amore che c'è", Laura in "Chi m'ha visto" di Alessandro Pondi con Favino e Fiorello, però quale è stato il primo ruolo in assoluto che hai interpretato?
«Lo so, non ci crederai, ma anche se ero molto giovane ho avuto la fortuna di cominciare proprio con il bellissimo film di Sergio Rubini “Tutto l’amore che c’è”, ed è stato davvero un meraviglioso inizio di carriera. Benché studiassi recitazione, non avevo esperienze sul set ma già dai primi provini capii che fare cinema era per me “naturale come respirare” ed era qualcosa di innato. E’ vero anche che mi ha aiutato il fatto di esordire con una grossa produzione come era quella, pensa c’era ancora Cecchi Gori, sul set si respirava grande professionalità a cominciare dalla regia di Sergio Rubini che con noi giovani attori (eravamo un gruppo di ragazzi alle prime armi tra cui anche Vittoria Puccini, Damiano Russo, Teresa Saponangelo…) ha avuto davvero una grande pazienza. Poi le maestranze, tutti grandi professionisti come Paolo Carnera direttore della fotografia, Francesco Vedovati aiuto di Sergio che oggi è uno dei più importanti casting director italiani e molti altri. Per finire con la gentilezza di attori come Margherita Bui e Gerard Depardieu… beh che desiderare di meglio! Tutto questo è servito a farmi capire da subito il vero valore del mestiere dell’attore, che non è solo legato ad un mero fine esibizionista, come purtroppo viene percepito dalle giovani leve. Quindi ho imparato a non svendermi in assurdi progetti senza un fine solo per allungare un curricula. Ammetto che cominciare così ti vizia un po’, ma è vero anche che negli anni ho saputo scegliere bei progetti e registi in gamba i cui lavori fatti assieme sono stati sempre fortunati… sarà anche che porto bene?»
Giuseppina e Laura due donne diverse ma avevano un punto in comune o erano completamente l'una l'opposta dell'altra?
«Mi piace pensare che i personaggi che interpreto possano avere una certa comunanza, in fondo il loro legame sono io, hanno tutti una parte di me. In special modo Giuseppina e Laura sembrano una l’evoluzione dell'altra. La prima, una ragazza di paese che ancora non conosceva la vita, il sesso e gli uomini e senza grandi velleità, la seconda potrebbe essere la stessa ragazza di paese che qualche anno dopo, forse annoiata e delusa, vuole prendersi le sue rivincite e decide di pensare un po’ a se stessa, di godersi a pieno i piaceri della vita, forse in modo estremo fino a sembrare quasi perdere il senso del pudore e il controllo della realtà, ma restando sempre molto autentica. La mia ispirazione sono state quelle persone che sempre più spesso ritroviamo intervistate nei Tg che farebbero carte false pur di apparire davanti ad una telecamera e non si vergognano di nulla anche se si parla di cronaca nera.... e Laura non è molto diversa da queste persone. Ecco cosa la rende “vera”, il bello è che avrebbe ancora tante cose da dire e fare …ti confesso che è un personaggio che mi piacerebbe sviluppare, magari trarne uno spin-off? Rido solo all’idea di quello che potrebbe combinare Laura partendo da dove l’abbiamo lasciata nel film “chi m’ha visto” cavalcando la notorietà dei suoi 5 minuti in tv, dove sarebbe in grado di spingersi e di cosa sarebbe capace? Si potrebbe fare una serie con le avventure di questa matta spudorata in stile “Da Morire” il film con protagonista Nicole Kidman, hai presente?»
E invece Oriana è più Laura o Giuseppina?
«Come già ti ho detto, nei miei personaggi inevitabilmente una parte di me c’è sempre, quindi potrei dirti di essere un po’ l’una e un po’ l’altra… ma anche nessuna delle due! Certo, una mia cifra caratteriale di donna mediterranea, di quel sud tanto amato da tutti, pieno di sole ed energie, la ritrovi sempre. Sono convinta del fatto che le proprie radici siano una risorsa preziosa per chi vuol fare questo mestiere, siano un punto di partenza anche per personaggi molto diversi da noi. Ma per quanto il cinema sia fantasioso ed i personaggi complessi, ti assicuro che la mia vita non finisce mai di sorprendermi ed Oriana ha talmente tante sfaccettature che neanche io credo di averle colte ancora tutte. Non a caso faccio questo mestiere, attendo un prossimo meraviglioso personaggio che me ne faccia scoprire delle nuove!»
Dicevamo che hai recitato in film ma anche spot e serie TV, ti piace poi rivederti e sei critica con te stessa?
«Critica, senza dubbio! A volte spietata direi, ma vorrei conoscere quell’attore che si rivede e dice “bravo! come sono bravo! interpretazione perfetta!” Scherzi a parte, credo che sia importante imparare a riconoscere le proprie “debolezze lavorative” per potersi migliorare. Fortunatamente dagli esordi in cui ero solo “buon istinto attoriale” ad oggi, mi ritrovo cresciuta, vuoi perché questo lavoro va fatto come un atleta sempre in allenamento, ma anche perché la pratica sul campo fa molto. Sei ben informato, spot riusciti, serie tv, corti premiati ai David di Donatello e Nastri D’argento e poi come abbiamo già ricordato, ho avuto modo di stare su set importanti, senza dimenticare il film con Marco Risi un maestro indiscusso, tutte esperienze che mi hanno insegnato molto, ma ancora c’è tanto da fare e non vedo l’ora!»
In quale film avresti voluto recitare e perché?
«Come ben sai, perché già ne parlammo in un contesto più “social”, ce ne sarebbero davvero tanti di bellissimi personaggi che mi piacerebbe interpretare, ma nel film “Ida” di Pawel Pawlikowski (un film che ha vinto l’Oscar come miglior film straniero nel 2015 credo) ci sono dei personaggi femminili delineati con grande cura e delicatezza a partire dalla protagonista, ma è quello della giovane zia di Ida uno di quei ruoli intensi, una donna forte e fragile al tempo stesso, che mi sarebbe davvero piaciuto interpretare.»
In quale personaggio, fino ad ora, è stato più difficile immedesimarti, più difficile creare la giusta empatia?
«Non avere empatia con un personaggio può significare solo che non stai facendo bene il tuo lavoro, può capitare (raramente) di imbattersi in ruoli scritti male che non comunicano nulla, difficili da approcciare, ma anche in quei casi sta a te, attore, trovare un senso, creare un valido percorso e fare le giuste sostituzioni affinché anche un personaggio vuoto possa prendere vita. Credo invece che la vera difficoltà stia nel calarsi nei panni di personaggi complessi e tormentati a livello emotivo. Sono un po’ di anni che a teatro mi confronto con il tema della “violenza contro le donne”. E’ stato detto e scritto molto, quindi la mia ricerca è stata sempre direzionata sui storie non scontate, banali o strappa lacrime, preferendo il ragionamento e la riflessione sul tema. Questo tipo di personaggi, che anche nelle condizioni più assurde prendono spunto da storie reali o addirittura le prevedono, sono stati davvero difficili da approcciare per la sofferenza intrinseca. L’empatia col personaggio in questi casi è davvero forte, tanto che ogni volta che mi ci rimetto a lavorare su, a fine spettacolo è arduo poi scrollarsi tutto di dosso. Ma quando uno spettatore ti dice “mi sono quasi vergognato, mi sembrava di essere in quella casa a spiarti” capisci di aver creato quella giusta intimità, quella verità capaci di sfondare la “quarta parete”, capisci che il messaggio è arrivato, nel modo più diretto e sei ripagata di tutto.»
Quali erano le attrici italiane o internazionali che ti hanno fatto avvicinare all'arte della recitazione?
Non posso non nominare la grande Anna Magnani, un riferimento sempre attuale per le attrici che come me cercano di comunicare sentimenti veri in questo mondo pieno di finzioni. Il suo temperamento forte e allo stesso tempo la sua fragilità di donna sono state fondamentali per la mia formazione. Poi mi piace citare Franca Valeri e Anna Marchesini, da cui forse anche al livello inconscio devo aver preso una verve comica che mi contraddistingue dagli esordi, si faccio ridere, o almeno così mi hanno sempre fatto notare! Sono cresciuta guardando in tv il trio Marchesini Solenghi Lopez. Lei oltre a una grandissima professionalità, competenza, aveva quei tempi e quelle intonazioni alle quali, seppur molto piccola, inconsciamente devo aver fatto l’orecchio. E poi Franca Valeri, una delle prime attrici brillanti che con intelligenza e temperamento ha saputo dar testa a comici uomini in un periodo storico in cui non era così scontato. Poi c’è Meryl Streep. Hai mai osservato le sue mani quando recita? Io penso che riesca a comunicare in modo pazzesco l’emotivo di un personaggio anche semplicemente muovendo le mani, è impressionante come con poco riesca farti arrivare un ventaglio di emozioni. Ma il cinema si sa è fatto di sguardi, piccoli gesti che non è sempre facile gestire lei in questo è maestra!»
Come si fa oggi a diventare attori e attrici, basta partecipare ad un programma televisivo o ci vuole studio e disciplina?
«Domanda provocatoria eh? Se vuoi vedermi infervorare hai trovato l’argomento giusto! La risposta è no, non è possibile diventare dei bravi attori solo diventando visibili al grande pubblico magari per aver trascorso qualche mese in un reality. Purtroppo molti programmi televisivi hanno dato un’idea falsata ai giovani ragazzi che si avvicinano a questa professione (o che vogliono diventare cantanti, musicisti). Conosco colleghi che ancora non hanno avuto modo di confrontarsi col grande pubblico ma sono bravissimi. Bisogna studiare e non bastano un paio di mesi, neppure un anno, forse non basta una vita. Ci vuole pazienza, perché dopo aver fatto una scuola bisogna sempre tenersi in allenamento, come un atleta. L’attore è “l’atleta del cuore” diceva Antonin Artaud. Il nostro è un lavoro delicato. Dobbiamo fare in modo, anzi abbiamo il dovere, che il nostro pubblico si emozioni. Il lavoro dell’attore è strettamente legato al proprio emotivo che va allenato giorno per giorno. Ci vuole tempo per elaborare il lavoro che si fa su se stessi, assimilare le scoperte che facciamo, per riportarle poi sui personaggi. Senza conoscerci bene come pretendiamo di mettere in scena un personaggio e renderlo vero? Ok, stop! Ho confuso abbastanza le idee a quei giovanissimi che mi stanno leggendo e che vogliono fare questo mestiere! Che magari sono curiosi di sapere (è la domanda più frequente) se “la difficoltà maggiore per un attore è imparare a memoria testi lunghissimi?” No, la memoria è l’ultimo dei problemi! Questo è un mestiere che non va improvvisato, ci vuole metodo e disciplina. Solo così si ottengono risultati e soddisfazioni professionali. Il discorso sembra complicato a parole ma è molto più semplice in pratica, vi consiglio di cercare il maestro o la scuola giusta e lasciarvi guidare. Non demordete!!»
Matteo Garrone alla premiazione del David di Donatello ha dichiarato che Dogman era un film che aveva iniziato a scrivere alcuni anni prima ma era rimasto sempre nel cassetto e lo ha realizzato aspettando Pinocchio. Tu hai qualche progetto futuro che ci vuoi raccontare e a quali stai lavorando adesso?
«Mi piace questa citazione a Matteo Garrone, una persona dalla grande umanità e che stimo molto. In occasione della sua premiazione ai David ha detto delle cose molto forti sulla situazione del cinema in Italia oggi “…cresce la dimensione delle tv in casa e diminuisce l’affluenza al cinema…” Ribadiamo il concetto di frequentare le sale! È importante. Ritornando alla tua domanda, anch’io da buona artista creativa ho i cassetti pieni di progetti, come dice lui vi possono sostare anni, l’importante è non lasciarli morire lì, ma trovare il momento giusto, “qualche mesetto libero tra un progetto e l’altro”, per farli diventare realtà. In un cassetto ho un mio piccolo progetto teatrale già messo in scena che vorrei sviluppare. In un altro c’è il soggetto di un Road Movie che mi emoziona sempre quando ne parlo, non resterà lì a lungo. Progetti futuri? A breve avrò la possibilità di sviluppare un lavoro nato in una residenza artistica lo scorso dicembre sul tema della violenza contro le donne. Come ti ho accennato, lavoro da tempo sul tema. Avrò l’opportunità di portare in scena un testo scritto da me, che mi ha fatto tribolare, insieme al lavoro di altri validi artisti. Ma al momento, per scaramanzia, non posso dirti altro! I sogni nei cassetti vanno realizzati!!»
Se tu fossi un piatto che piatto saresti e perché?
«Ma lo sai che questa è la domanda più difficile a cui rispondere?? Sarebbe come ingabbiarmi in un ruolo solo! Quindi ti rispondo che potrei essere un intero pranzo di natale di quelli belli carichi, quelli del sud in cui non manca proprio nulla, tutto, fino al dolce. Ovviamente dev’essere cucina casereccia, genuina e con materie di prima scelta. Ma, c’è un ma, potrei anche essere uno di quei piatti delicati e ricercati opera di un grande chef che fa esplodere tutti i sapori nel palato, il tutto ovviamente accompagnato da un ottimo vino! Buon appetito!»