La loro musica travolge, fa ballare e divertire, è il suono dell'ottimismo contro le avversità quello de La Terza Classe, Pierpaolo Provenzano (chitarra, voce), Rolando "Gallo" Maraviglia (contrabbasso, voce), Enrico Catanzariti (percussioni, voce) - con l'ormai consolidata collaborazione dei musicisti Corrado Ciervo (violino, keyboard) e Alfredo d'Ecclesiis (armonica e voce). É una band basata sul bluegrass di Nashville o di feste campestri folk britanniche e a fine settembre pubblicheranno un nuovo Ep con la Polosud Records e godrà anche di una distribuzione americana, anticipato in questi giorni dal loro nuovo singolo, Have you again (qui il video).
Singolare la vostra conoscenza, per strada mentre due di voi suonavano...
«Non potevamo sperare in un modo più spontaneo e sincero di dare inizio al nostro gruppo; quando io (Enrico, batterista) e Pierpaolo (chitarrista) abbiamo iniziato sei anni fa, la nostra avventura musicale per strada non avremmo mai immaginato di calamitare con la nostra musica il resto dei componenti della band. Abbiamo fin da subito trovato un'affinità musicale e umana con gli altri ragazzi, e ciò che è cominciato come un divertente passatempo è presto diventato una passione travolgente che ha letteralmente cambiato le nostre vite.».
Il vostro genere è per pochi, ne siete consapevoli?
«A dire il vero, dipende dal punto di vista dal quale si guarda: la musica folk, che noi portiamo avanti, è ad appannaggio del mercato discografico mondiale ed è sicuramente uno dei generi più apprezzati in ambito internazionale, laddove il numero di persone che ascoltano e apprezzano questo tipo di musica è davvero consistente. Se poi si guarda da un punto di vista locale, o meglio dire regionale, la musica che noi suoniamo è ovviamente una novità, soprattutto se si considera che provenga da un gruppo napoletano; ma basta pensare al successo di grandi gruppi pop-folk di fama internazionale come i Mumford and Sons per rendersi conto che in fondo, anche nella nostra città, sono tante le persone aperte all'ascolto di questo genere di musica. Alla fine tutto dipende dall'entità del pubblico al quale si ambisce arrivare.».
Siete d'accordo con il fatto che siete “diversi”?
«Non saprei dire se è la nostra intraprendenza a renderci diversi o viceversa. Sicuramente ci sentiamo diversi dal punto di vista artistico, avendo sempre coltivato un genere musicale che, in questa città, non è mai andato forte; se poi devo pensare al punto di vista umano, posso dire che è molto difficile incontrare nella nostra città altre persone così ambiziose, entusiaste e felici da riuscire a fare della propria (e singolare) passione il proprio obiettivo di vita, e portarlo avanti a qualunque costo, in questo sì, sicuramente ci reputiamo abbastanza differenti.».
Avete viaggiato molto in America. Che cosa avete scoperto lì?
«Abbiamo scoperto che esiste un mondo che vive di musica, dove il mestiere di musicista non è considerato un effimero passatempo bensì un mestiere zeppo di dignità e pieno di prospettive. Abbiamo assaporato il piacere di poter portare la nostra musica ovunque ed essere sempre stati messi nelle migliori condizioni per esprimere la nostra arte. Abbiamo scoperto un contesto dove si può davvero crescere suonando, dove i nostri sforzi e le nostre ambizioni sono stati sempre riconosciuti e dove le prospettive di crescita per noi sono infinite in più rispetto a quelle che ci offrono qui. Il nostro non vuole essere un discorso apologetico nei confronti degli States, ma semplicemente una meravigliata constatazione che è possibile vivere di musica. Abbiamo, inoltre, scoperto con nostra gioia che gli americani hanno un debole per noi italiani (anzi napoletani) che suoniamo musica… la loro musica!».
Credo che a Napoli non ci siano molti artisti che suonano musica bluegrass…
«Come dicevo prima la musica che suoniamo, sicuramente caratterizzata da forti influenze traditional folk e bluegrass, è poco coltivata nella nostra città, ma questo non è stato mai un ostacolo per noi, anzi. Ha sicuramente aguzzato l'interesse di molte persone, fino allora poco abituate all'ascolto di generi "stranieri" e spesso costrette a orientarsi verso un solo filone musicale. Anche se siamo consapevoli di essere l'unica realtà a Napoli ad aver piantato le proprie radici nella tradizione musicale americana, facciamo di quest’unicità il nostro più grande punto di forza!».
Paulina (qui il video) ricorda un po’ la storia del manager dei The Kinks e di Lola (qui il video)…
«Devo ammettere che non avevamo mai fatto caso a questa curiosa similitudine (sono andato a documentarmi un attimo prima di rispondere a questa domanda!). Ho notato che, oltre alla trama della storia simile a quella di Paulina, anche le fasi della composizione ricordano quelle del nostro brano: qualcuno in sala ha portato una simpatica melodia e non avendo in quel momento un testo abbastanza 'profondo' da metterci sopra, abbiamo deciso di raccontare, in maniera un po’ romanzata, un episodio accaduto al sottoscritto durante il nostro secondo tour negli States, diciamo che io ho avuto più fortuna del manager dei The Kinks!».
Coraggiosi a parlare di transgender in questo periodo di forte omofobia…
«Più che coraggiosi direi spensieratamente ironici; ovviamente siamo contrari a qualsiasi atteggiamento omofobico e ci auguriamo che Paulina possa far discutere e riflettere solo in maniera costruttiva, alla fine si tratta di una storia comica dal lieto fine!».
Cosa dovranno aspettarsi i fan dal nuovo disco. Quali temi e se cambierà un po’ il vostro stile musicale?
«Questo nuovo lavoro discografico sancirà per noi un'importante evoluzione del nostro sound delle origini; passeremo ad arrangiamenti un po’ più contemporanei e perché no, più radiofonici, senza però abbandonare l'anima intrinsecamente "folk" della nostra musica, che continuerà a respirare attraverso le melodie, le sonorità degli strumenti acustici e soprattutto attraverso un imponente uso delle armonie vocali. I testi delle nostri canzoni ruoteranno intorno ai temi che più ci toccano, ovvero il viaggio, sia fisico che mentale, e i sentimenti vissuti a distanza. I nostri fan non rimarranno per nulla delusi, e nel frattempo contiamo di espandere la nostra musica verso un pubblico sempre più ampio!».
C’è qualche tecnica di registrazione particolare che state adottando per questo nuovo disco?
«Ancora non lo sappiamo esattamente, ma non credo che per quest’album ci discosteremo molto dalle tecniche normali di registrazione di album pop-folk contemporanei. Sappiamo che non registreremo in presa diretta, come fu per il nostro precedente album Folkshake, e gli strumenti che registreremo saranno tutti acustici; del restante se ne occuperanno in studio il nostro produttore Massimo De Vita con l'aiuto tecnico di Ninni Pascale.».
Qual è la vostra formazione artistica e l’amore per la musica country e bluegrass…
«Prima de La Terza Classe, io e Pierpaolo, suonavamo in un gruppo di musica folk rock e prima ancora al liceo eravamo in una band che arrangiava tra gli altri pezzi dei Beatles e Oasis. Ognuno di noi è cresciuto ascoltando i grandi mostri sacri della musica pop/rock degli anni ‘60 e ‘70: Beatles, Elvis, Rolling Stones e Led Zeppelin; l'interesse per la musica più tradizionale folk è nata in maniera spontanea nel momento in cui ci siamo messi a suonare e ricercarne le sue radici. Il bluegrass, nato dalla fusione tra il country e il blues, l'abbiamo scoperto durante le nostre ricerche musicali. Di là dalla citazione storica c'è da dire che questa è una musica coinvolgente e piena di sentimento, capace di generare forte emozionalità in chi la ascolta. Detta in poche parole: è una musica che fa viaggiare.».