Pierfrancesco Criscitiello, in arte Pjero, 23 anni di Avellino, studia ingegneria informatica e si è fatto notare e amare dal grande pubblico per la sua presenza a X Factor. Si è esibito alle audizioni con il brano di James Arthur, “Can I be him” accompagnandosi alla chitarra ed è stato notato subito da Mara Maionchi per le sue evidenti qualità vocali che l’ha voluto nella sua squadra, purtroppo, Pjero è stato eliminato agli Home Visit. Lo abbiamo incontrato a Milano durante la Milano Music Week, dove si è esibito presentando alcune canzoni che faranno parte del suo primo album.
Quando hai iniziato a suonare la chitarra?
«Al di là dello strumento, ho iniziato tardi a fare musica in prima persona, ho iniziato a 19 anni, quattro anni fa circa e la chitarra è arrivata in un secondo momento. Ho sentito di dover fare uno step successivo, toccare effettivamente la musica con mano, non mi bastava più soltanto cantare le canzoni ma volevo entrare appieno in quella che era la gestione delle emozioni e dei momenti e quindi è arrivata circa tre anni.»
Quando hai iniziato, invece, a scrivere canzoni, prima dei tuoi diciannove anni?
«No, è stata una scintilla, un vero e proprio Big bang, dal nulla è esploso un mondo che probabilmente tenevo sotterrato dentro di me ed era in attesa di uscire, ed è fuoriuscita una valanga, ed è arrivato tutto insieme.»
Quando canti in inglese, hai una voce molto internazionale e trasmetti emozioni, in italiano è differente. Cosa ti hanno consigliato durante X Factor?
«Non ci siamo mai confrontati sulla lingua, ho cantato sempre inglese a X Factor ma perché tra l'altro è una lingua che io amo molto, ci sono affezionato da quando ero bambino. Mi ha sempre affascinato l'Inghilterra, sono stato a Londra, quindi, ho questa passione smodata, che potrei definire innata. A volte mi scambiano per turista quando cammino per strada, avendo questi colori chiari e quindi ho questo legame forte con l’inglese, forse cantando in inglese rendo in maniera diversa magari riesco a fare più mie le canzoni quando le canto in inglese. Non so perché ma è una cosa strana detto da una persona nata e cresciuta in Italia.»
Ci sarà un album prossimamente?
«Sì, c’è un progetto, un album d’inediti in inglese, la maggior parte delle canzoni che ho scritto sono in inglese, ma ho anche qualche brano in italiano. Ripeto sento molto mia la lingua inglese e quindi la mia musica tendo a scriverla in questa lingua.»
Mara Maionchi era il tuo coach a X Factor, ti ha dato qualche consiglio particolare per il tuo futuro o si è basata solo sulle singole esibizioni?
«C'è stato un momento, nell'ultima fase di selezione, in cui lei si è fermata con noi ragazzi a cena in cui abbiamo avuto l'occasione di parlarci per un po' di tempo e devo dire che è una persona che s’interessa molto ai giovani e al loro futuro e, quindi, ha provato a dare dei consigli, a incanalare noi ragazzi in una certa direzione. Non dico, però, quello che ci ha raccontato a cena, i consigli che ci ha dato, me li tengo per me però è stato un bel confronto illuminante.»
Com'era l'atmosfera a X Factor, ti è piaciuta o c'è stato qualcosa che non andava?
«É un ambiente amichevole e mi sono trovato molto a mio agio. Le giornate erano impegnative, ore e ore d’interviste, di riprese, di fotografia, di prove. Hanno uno staff che lavora benissimo, sono tutti giovani e ti fanno sentire a proprio agio, non ti fanno percepire la fatica di una giornata così stressante, da questo punto di vista è molto positivo.»
Che cosa facevi prima di X Factor, avevi già fatto qualche video, inciso qualche Ep, qualcosa di tuo?
«Di mio ce l’ho ancora segregati a casa tutti i pezzi. Ho iniziato un po’ come capita con i ragazzi della mia generazione, pubblicando delle cover su YouTube, poi ho preso gusto ed è diventata proprio una necessità, qualcosa di viscerale fino ad arrivare a pensare di voler intraprendere una carriera.»
Hai fatto anche delle serate prima di X Factor?
«Sì, mi sono esibito nei pub, in qualche evento in piazza. Ho fatto dell'esibizione in giro sia soprattutto in Campania sia al nord.»
Provieni da una famiglia di artisti? Chi ti ha incoraggiato?
«Sono l'unico in famiglia che ha cominciato questo mestiere, nessuno mi ha spronato a intraprenderlo, anzi, devo dire, come tutti i genitori t’incitano a studiare e a non distrarti troppo, ma da buoni genitori hanno accettato loro malgrado. La musica è un sogno difficile da realizzare, chi c'è dentro ci mette l'anima e tutto l'impegno possibile. Spronato no, all'inizio ho impiegato un po' di tempo per far capire che sentivo che questa potesse essere la mia strada.»
Dopo la musica hai tempo per qualche hobby?
«Mi piace l’arte in generale, amo disegnare, la grafica e mi piace anche lo sport, e semplici hobby di un ragazzo della mia età, nulla di particolare.»
Hai provato per Sanremo?
«Sì, abbiamo presentato una candidatura quest'anno, ma non è andata come speravamo.»