
Dimmi come stai è il nuovo singolo di Kiki Orsi, una delle voci più fresche e promettenti del panorama musicale italiano, in cui si tuffa nel pop italiano mantenendo intatte le sue caratteristiche di canto e scrittura. Il brano nasce dalla collaborazione con il melodista Rino Refrigeri e un grande arrangiatore come Stefano Zavattoni, che ha mescolato elementi classici e elettronici creando un sound innovativo e irresistibile.
Oltre alla musica, però, nella nostra chiacchierata Kiki ci ha raccontato anche molto di sé: i suoi hobby, la vita in campagna e l'amore per gli animali. "Adoro leggere di tutto e spesso", ha condiviso, "colleziono tazze mug di tutti i posti dove sono stata (ne ho circa duecento), cammino moltissimo. Ho un cane e due gatti, e porto ogni giorno frutta e verdura a un asinello che si chiama ‘Ossetto’. Vivo in campagna e il mio sport preferito è camminare molto. Da luglio dello scorso anno è entrato nella mia vita un grande amore, un trentacinquenne 'camper' che si chiama Gulliver con il quale ho già fatto molti km e molti ne farò… lo amo!"
Una vita lontana dal caos cittadino, arricchita dalle piccole e grandi passioni che la rendono unica. Una donna che ama godersi ogni momento, sia nella sua musica sia nel quotidiano.
Dimmi come stai, cosa ti ha spinto a scegliere proprio questa riflessione come tema centrale del brano?
«Beh, è una bella domanda, una di quelle che ti viene voglia di fare a posteriori, per sapere com’è proseguita la vita di una persona. Ed è proprio il “dimmi” che interroga a fondo, secondo me».
Hai dichiarato che Dimmi come stai vuole racchiudere il bisogno di non dimenticare, di voler sapere come stanno gli amori che hanno segnato la tua vita. Qual è il messaggio principale che speri di trasmettere con questa canzone?
«La tua domanda ha già la risposta incorporata. Proprio così. Quando una storia finisce c’è sicuramene bisogno di distacco per allontanarsi dall’abbandono, ma nel tempo sicuramente ha lasciato qualcosa da ricordare e che si è imparato…».
Pensando a questo nuovo singolo, c'è una connessione tra l'emotività che esprimi nelle tue canzoni e il tuo approccio alla vita quotidiana?
«Sì, in ogni canzone che scrivo, ad eccezione di quelle dove racconto un tema sociale, un’esperienza non mia ma vista o vissuta in terza persona, in tutte le altre ci sono io ed i miei pensieri».
Puoi condividere di più sul significato dei versi "Se fossi una lettera, mi scriverei indietro fino all'ultima pagina, sorrisi e poesie"?
«Grazie di chiedermelo. É chiaramente una metafora. Chi non vorrebbe tornare indietro per esprimersi meglio, per essere migliore? Ci sono relazioni che finiscono litigando. Ecco, tornando indietro vorrei essere migliore dell’evento conclusivo e invece, al contrario, chiudere con sorrisi e poesie. Ogni relazione è un atto di crescita che merita un bel ricordo (tranne quelle malate, naturalmente)».
Il brano unisce sonorità pop italiane a un arrangiamento innovativo con archi, elettronica e chitarra. Come hai vissuto questa fusione tra il tuo stile personale e la visione musicale di Stefano Zavattoni?
«Ho lasciato che Stefano, che è un grande arrangiatore, decidesse cosa fare della canzone. Non che non me ne avesse parlato ma in realtà, su questo brano, ciò che ha deciso per “vestirlo” era ad hoc con il mio pensiero. Continua così la mia storia polistilistica».
La tua carriera è stata contraddistinta da una varietà di esperienze musicali, che spaziano dal pop internazionale allo smooth jazz. C'è un filo conduttore tra questi generi così diversi, e in che modo riesci a integrarli nel tuo lavoro da cantautrice?
«Li integro nella ricerca sonora di ogni singola canzone, ed anche nel modo talvolta “astratto” di esprimermi a parole. Quando si fanno molte esperienze, ed in questo sono fortunata, ti rimane attaccata sulla pelle un po’ degli artisti che hai vissuto e naturalmente la musica che ascolti. Io ho lasciato un super lavoro a tempo indeterminato per seguire la mia passione, e quindi, a maggior ragione, dovevo assorbire tutto quello che ho vissuto».
Hai avuto la possibilità di collaborare con artisti di grande calibro, come Lionel Richie, Boy George, e Massimo Ranieri, Giorgio Faletti. Cosa ti hanno insegnato queste esperienze come corista, e come hanno influenzato il tuo approccio da solista? Qualche aneddoto su Boy George?
«Lionel Richie: un grande molto umile. Boy George: un timido super artista. Massimo Ranieri (l’esperienza più breve): oltre ad essere bravissimo molto preciso, professionale. Giorgio Faletti è stato un grande amico ed il mio mentore nella scrittura. Di Boy George posso dirti che stavo a bocca aperta ad ascoltarlo, viverlo in sala prove e ai concerti è sato per me un grande onore. Inoltre, avevo il vantaggio di aver ballato da giovanissima la sua musica, di amarla, di considerare la sua “Victims” una delle più belle canzoni mai scritte al mondo. Ancora quando la canto mi emoziono: per il testo, le armonie, la bellezza. Era un ragazzo timido e introverso. Con uno sguardo esprimeva determinazione e dolcezza».
Il tuo progetto “jazzincase” ha rappresentato un momento molto particolare della tua carriera, dove hai unito diverse lingue e culture musicali. Cosa ti ha spinto ad esplorare così a fondo la fusione tra l'italiano, l’inglese, il francese e il portoghese nella tua musica? Cosa rappresenta per te questa miscela culturale e sonora?
«Il bisogno di esperimentarmi e gli incontri con i musicisti. É un progetto che è durato quattro anni, due dischi. Per me è stato un grande banco di prova e una altrettanta crescita. Poi si sa: i progetti con più teste spesso finiscono… purtroppo».
Il tuo prossimo album, previsto per aprile 2025, sembra promettere ancora una volta una forte evoluzione del tuo sound. Come descriveresti il percorso che ti ha portato a questo nuovo progetto e quali novità ci riserverà?
«In realtà è la volontà di racchiudere i singoli già usciti, due brani nuovi e ho dato una rinfrescata a quattro brani contenuti negli album di jazzincase, chiaramente scritti da me. A parte i due inediti, gli altri sono quelli che più mi rappresentano, come scrittura e intenzione. É una raccolta di cui sono molto orgogliosa. Talvolta non mi addebito ciò che ho creato… ah! Mi manca ancora il titolo, arriverà…».
Ci sono aneddoti o storie particolari legate alla creazione del tuo nuovo album che vorresti condividere?
«Ogni brano è una storia. Quelli legati al sociale forse, ma dico forse, sono quelli che vivono di un incontro che mi ha permesso di scriverla. Per citarne una: “Missis Hyde” racconta della “signora droga” che incontra la vittima, la circuisce, la porta nel paese dei balocchi, là dove tutto si dimentica, poi però, per stringere, canta in modo un po’ stonato il bene che vuole a se stessa, deride il malcapitato per come si è ridotto, lasciandolo per terra, stramortito e ridendo. Ho scelto la lingua francese per renderla più teatrale ed espressiva in tutte le sfaccettature espressive. Tutti i brani, in ogni caso, hanno una storia importante che ho visto, vissuto, ascoltato. Ognuno dei brani, saranno 14, racconta una storia, più o meno esplicita».
Negli ultimi anni, sei passata da un progetto collettivo come “jazzincase” a un percorso più personale come Kiki Orsi. Qual è stata la sfida maggiore nel dare vita a un’identità musicale più intima e individuale? Quanto il tuo approccio alla musica è cambiato da allora?
«Anche con jazzincase ero io che scrivevo parole e melodie, è stato un progetto di crescita e di azzardo che si è consolidato quando ho deciso di prendere in mano, per la prima volta in vita mia (sempre appartenuta a band o progetti con nomi collettivi) il mio nome d’are e il mio cognome».
Guardando al futuro, quali sono le tue ambizioni artistiche? Ci sono nuovi orizzonti che desideri esplorare, sia a livello musicale sia emotivo, nei tuoi progetti futuri?
«In realtà sto continuando a scrivere per me stessa, ma vorrei continuare le collaborazioni, ancora più frequentemente. “Dimmi come stai” è nato dall’incontro con un melodista, Rino Refrigeri. Un altro brano che amo e che sarà contenuto nell’album in uscita ad aprile, ma che è già presente come singolo nei digital stores dal titolo “Step by step…by step”, la scrittura melodica è di Max Pasquarelli. E sempre a proposito dell’album in uscita, per ogni brano c’è un solista d’eccezione nell’ambito musicale italiano e nel mondo. Li svelerò all’uscita».