Il Teatro Mercadante di Napoli ospita fino al 27 gennaio 2019 “Il Gabbiano” di Anton Cechov per la regia di Marco Sciaccaluga, prodotto dal Teatro Nazionale di Genova.
Tale lavoro teatrale è uno dei testi più rappresentati nel mondo e ne ricordiamo anche i due film omonimi: il primo, del 1968, diretto da Sidney Lumet con James Mason,Vanessa Redgrave e Simone Signoret e il secondo, del 1977, per la regia di Marco Bellocchio con Remo Girone, Pamela Villoresi , Laura Betti e GiulioBrogi. Ma il noto regista genovese Sciaccaluga compie un’operazione temeraria perché lo ripropone nella versione originale del 1895 al suo debutto a San Pietroburgo che risultò un fiasco colossale. Cechov interruppe la sua produzione teatrale concentrandosi sui racconti che effettivamente gli portarono lustro e fama nonché i lodevoli giudizi di Lev Tolstoj.
La fortuna de “Il Gabbiano” si deve al famoso regista teatrale russo Kostantin Stanislawskij (si proprio quello del famoso metodo attoriale!) che lo riprese e lo riadattò per il Teatro dell’Arte di Mosca tre anni dopo riscuotendo successo di pubblico e critica.
Marco Sciaccaluga, valendosi della fedele traduzione di Danilo Macrì, riprende il giudizio di Maksim Gorkij su Cechov “Il palcoscenico di Cechov è la forma più gentile, condivisa ed ironica di spietatezza. Il suo teatro della crudeltà è il più umano che io conosca”. Infatti in una intervista rilasciata a Viola De Vivo per Proscenio, Sciaccaluga dice: “Per Cechov il teatro non è metafora della vita, bensì uno dei tanti tentativi della vita. Ne Il Gabbiano, egli affronta un nucleo umano composto da anime di artisti, artefici di un sé sul terreno dell’arte. Crea un autoritratto polemico, perché sia in Kostia che in Trigorin dipinge due parti di se stesso con due idee del mondo che falliscono entrambe. Cechov rappresenta un’umanità mediocre, ridicola, viziata, svogliata e pigra e la rappresenta in tutta la sua nullità. Allo stesso tempo invita ad avere pietà della condizione umana con uno sguardo di tenerezza. E’ un genio perché non risparmia nulla a noi esseri umani ma intanto ci perdona e ci accarezza. E’ la forma più pietosa e simpatetica del teatro della crudeltà”.
L’aderenza al testo originario dello spettacolo proposto al Mercadante, si concretizza nel rispetto filologico dei termini utilizzati e nella suggestiva scenografia e nei costumi di CatherineRankl: candele, lumi a petrolio e l’onnipresente lago che tanta parte ha nelle vicende narrate perché vede, testimone muto, l’uccisione (voluta?) del gabbiano. Tale uccello, come l’albatro della famosa lirica di Charles Baudelaire , è una metafora della libertà e del difficile accordo delle diverse sensibilità degli esseri umani che segnano anche il loro destino.
Gli attori sono tutti bravissimi e noti al pubblico teatrale, in particolare: Roberto Alighieri, Elisabetta Pozzi e Stefano Santospago. Gli altri interpreti comprimari sono molto talentuosi ed assecondano con rara maestria i desideri del regista. Essi sono : Alice Arcuri, Elsa Bossi, Eva Cambiale, Andrea Nicolini , Roberto Serpi, Francesco Sferrazza Papa, Kabir Taviani e Federico Vanni.
Le musiche originali sono di Andrea Nicolini e le luci di Marco D’Andrea.
Il tono dello spettacolo è alto e certamente si rivolge ad un pubblico competente, amante del teatro ed educato a teatro. Regista e attori non fanno sconti per cui prima di assistere allo spettacolo vi consigliamo di rispolverare per sommi capi la trama de "Il Gabbiano" anche se il regista Sciaccaluga ha detto nella citata intervista che “tra i russi ed i napoletani vi è una profonda familiarità dal punto di vista culturale ed antropologico e quindi il pubblico partenopeo può riconoscersi nel teatro di Cechov”.