«Ho scoperto che non sono così sgretolabile come credevo. Sono un muro di gomma e non lo credevo». Intervista a Romina Falconi 

- di

Schietta, allegra, divertente, genuina, spontanea, intelligente, acuta e sagace, o gattara come si definisce lei stessa, Romina Falconi è un miscuglio di emozioni che ritroviamo nel suo nuovo album, “Biondologia – L’arte di passeggiare con disinvoltura sul ciglio di un abisso”(Freak & Chic/Artist First), un concept album di 12 brani legati dallo studio psicologico delle emozioni in una nuova forma musicale battezzata “Psico-Pop”. Temi emozionali quali il Pessimismo (“Cadono Saponette”), l’Abbandono (“Le 5 fasi del Dolore”)  la Dipendenza Affettiva (“Vuoi L’Amante”) e nel suo booklet si legge:
«Quest’album è una mappa psico-emozionale di tutti gli schiaffi della vita. Ogni canzone è uno stato emotivo preciso, con un suo suono e una sua voce narrante: quella di un paziente dall’analista. Voglio parlare di emozioni perché sono pure e incontrollabili, così come è puro il paziente che si racconta: non deve avere ragione, non deve essere saggio, vuole solo tornare in piedi».
Biondologia è stato interamente scritto da Romina Falconi e prodotto da Francesco ‘Katoo’ Catitti. Tra i musicisti che hanno collaborato al disco spiccano i nomi di fama internazionale Gary Novak e Reggie Hamilton
Il Biondologia Live Tour partirà il 3 maggio dal Largo Venue di Roma, e proseguirà il 9 maggio  al Covo Club di Bologna e il 16 maggio all’ Apollo Milano di Milano.  

Foto di Nicola Garofano - Conferenza stampa, moderatore Fabio Canino


In questo disco c'è molto di te, delle tue esperienze e il tuo modo di essere. Come nasce l'idea?
«L'idea nasce perché mi hanno scritto molti fan, persone che mi avevano scelto e mi raccontavano tutta la loro vita, perché da me non si sentivano giudicati. Quando scrivi, non sai in che modo scrivi, per te è un modo naturale di buttare giù pensieri, in realtà, ti rendi conto che da fuori sei percepita in modo che non avresti neanche potuto immaginare. Mi scrivevano delle lettere incredibili, molto profonde. Ognuno di noi, non è che puoi sceglierti il tuo pubblico, ma quando poi ti scelgono delle persone disposte a mettersi in gioco, che riconoscono gli errori, profonde, anche interrotte se vogliamo, ma pronte a ripartire, allora, la vivi con grande responsabilità e allo stesso tempo con un grande onore, e continui a parlare della magagna, sai anche che alla più bella risata sotto c’è una magagna, c’è un filo di dolore».
Alcune canzoni sono state scritte da queste lettere che hai ricevuto, da questa corrispondenza…
«Anche dalla corrispondenza, mi davano l’idea del tema, c’è il rimpianto, che poi abbiamo tutti, è un po’ sliding doors, scegli una via e non un’altra, e ciò ti lascia il dubbio, chissà come sarebbe andata se avessi scelto l’altro percorso. Il rimpianto dovrebbe darti il via per scegliere i prossimi, se una cosa ti fa pensare tanto, che ancora oggi ti tocca, vuol dire che devi lottare per provare almeno a essere felice, anche se la felicità è una parola troppo grande».
Tra queste lettere quali sono stati i temi che più ti hanno colpito o se hai ricevuto più lettere che parlavano sempre dello stesso problema...
«Sicuramente la dipendenza affettiva, persone che si ritrovano a essere l’amante numero due, la seconda persona della vita di qualcuno. Spesso si ricade negli stessi errori e c’è a chi basta una volta. Nel mio caso, la dipendenza affettiva era con la mia prima convivenza, lui non era nemmeno di un’altra, però non era mio, mi sentivo seconda, anche se non c’era qualcun'altra, mi sentivo il soprammobile di questa persona, la ciliegina sulla torta, non gli completavo la vita, eppure stavo lì a struggermi, a dire oddio, perché non mi ama, come lo amo io? Poi capisci, in realtà, che non ti puoi innamorare di qualcuno che fa fatica ad amare come fai tu e t’innamori di una passione triste. Le sue priorità diventano più importanti delle tue, un egoriferito, ed è ciò che parlo nella canzone “Vuoi l’amante”».

               
Quando si parla di racconti di solito si fa uscire un libro, tu hai composto canzoni per questo nuovo album. Attraverso queste storie che cosa hai capito di te che non avevi ancora scoperto? 
«Ho scoperto che non sono così sgretolabile come credevo, anzi, quando mi ci metto, sono un muro di gomma e non credevo, ma mi è servito molto piangerci su. Sono una di quelle che ha bisogno proprio di andare giù, giù, giù e poi ritrovare il coraggio. Se vengo colpita poco, non imparo mai niente, purtroppo su quello sono molto drastica».
In “Sei mejo te” c’è anche la voce di Roberto Recchioni, curatore editoriale di Dylan Dog. Raccontami com'è andata con lui? 
«Questa cosa è assurda. Con Roberto Recchioni avevamo degli amici in comune e poiché sono un po' Sora Lella, questo mio amico che ha un grande rispetto di lui, mi dice:”Romina, mi raccomando se andiamo a cena, non fa ‘a tata Francesca”. Al che parliamo e scopro che anche lui è di Torpignattara e quando incontri una persona del luogo, non ti dico, sono uscite delle perle, abbiamo parlato tutta la sera. Torpignattara è un quartiere di Roma, malfamato, molto colorato che chiamo la mia piccola Parigi ed è proprio il mio quartiere ed è tuttora lì che sto con il cuore. Roberto una volta mi fa:”Romina dalle foto che vedo di te, sembri Betty Boop, io voglio vedere la Magnani. Da te voglio vedere Sora Lella, perché non fai un pezzo in romano?” Nel frattempo siamo diventati amici e un giorno avevo litigato con qualcuno, non mi ricordo, ma era uno di quei criticoni, che non gli va bene mai niente, che criticano tutto, io sono superiore e tu non sei nessuno. Un giorno mandai un vocale a Roberto e poiché lui ha il dono della sintesi ed è molto cattivo quando ci si mette, gli dico:”Rrobè che gli devo dire a uno come questo?”. Digli: “Sei mejo te e te ne vai”. E da lì è nata la canzone, e gli ho chiesto se potevo usare il vocale che mi aveva mandato e lo abbiamo inserito nella canzone». 
Nel booklet c’è anche un bellissimo disegno particolare con diversi simboli che si riferiscono alle canzoni, come hai messo insieme tutto?
«Volevo fare la mappa emozionale, dividendo i vari campi, però non volevo farla troppo didascalica, non devo insegnare niente a nessuno, anzi. Ho incontrato un mio carissimo amico che si chiama Marco Albiero, tra l'altro è il disegnatore ufficiale europeo di Sailor Moon. Ho fatto sentire a lui il mio disco e gli ho detto che avevo in mente questa mappa, però essendo un cane a disegnare e non sapevo neanche immaginarmela per spiegarla come la volevo. Purtroppo, non so proprio disegnare, al massimo il gioco dell'impiccato, quello è il mio modo di disegnare, e gli ho chiesto aiuto e lui mi ha detto: “Prenderò dei riferimenti dalle canzoni”. Gli ho lasciato carta bianca e quando mi ha fatto vedere il disegno, ho detto: “Esci dalla mia testa!”. Ha avuto la sensibilità che cercavo».

                      
In Poesia Nera parli di una bambina che continua a fare danni nella sua vita da adulta. Credi che le fragilità emotive e psicologiche di  una donna si manifestino di più nel rapporto di coppia anziché in altri aspetti della vita?
«Secondo me un po' dappertutto, parlo al femminile perché volevo parlare del mio punto di vista  e di quello che ho vissuto. Sicuramente se pensiamo a quello che volevamo, non abbiamo ottenuto granché noi donne, facciamo fatica. E, una bambina non tanto amata da piccola, continuerà a distruggersi sempre, dovrà trovare il coraggio ogni giorno di mettersi la faccia giusta per essere convinti, perché purtroppo viviamo in una società dove l'abito fa tanto il monaco. Non mi piacciono, però, quelli che sanno tutto e sono sicuri di sé fino all'ultimo, mi fanno anche un po' paura, preferisco quelli che hanno il buio e lo vedi e non si vergognano a mostrarlo. Volevo parlare di quello, quando dico “la bambina che ero un tempo distrugge ancora tutto”, perché è vero, quella bambina  continua a chiudersi, ancora mi rovina certe giornate, devo fare in modo che non accada più».
“Tienimi ancora” è sulla paura…
«É un tema cui faccio fatica a parlarne, quello della paura. Un brano cui tengo moltissimo, ho impiegato moltissimo a tirarla fuori, è veramente ammettere una cosa cui faccio fatica a parlarne. Sono strana, parlo di cose gravi, però si vede che le metabolizzo prima, e ciò può accadere, poi magari ci sono quei due o tre nervi scoperti che me li ritrovo continuamente a vivere, anche se sono meno gravi, tipo la capacità di lasciarsi andare con qualcuno quando veramente ti emoziona. Io ho la sindrome d’abbandono, perciò appena vedo un cenno di un ostacolo o cosa, me ne vado prima, però passi per pazza, ti precludi da sola le cose, sono le due psico trappole, tu hai paura di rivivere quell’abbandono e te ne vai tu. Ho affrontato dei lutti anche molto gravi, però li supero, e quella cosa lì è difficile da ammettere per me, è come se facessi qualcosa d’illegale, la vivo con vergogna».

                      
Nel primo singolo, Cadono saponette, si parla del pessimismo in amore…
«Più delle altre è autobiografica, ma può essere di chiunque, la rabbia è un sentimento che viviamo quasi tutti. La sento particolarmente mia, perché sto lì a dire questo è perfetto, educato, vuole conoscermi, etc. e poi penso, dov’è il cadavere? Dove ha nascosto la nonna? E, quindi, rimani abbottonata e fai le trappole, adesso faccio così e vediamo che fa, che poi è tutto nella tua testa, che uno se si guarda dall’esterno dice, ma guarda sta povera pazza e me lo dico da sola, però continuo. Ed è anche quello un modo per proteggersi, ora non mi faccio sentire per due giorni vediamo che fa, lui penserà avrà da fare non disturbiamola e intanto sto lì ad arrabbiarmi».