Raoul Bova ieri sera agli Incontri Internazionali del Cinema di Sorrento ha raccontato di essere stato in mattinata in visita al Rione Sanità di Napoli e ha incontrato Padre Antonio Loffredo, il parroco della basilica di S. Maria della Sanità, nota come la Chiesa di San Vincenzo o' monacone, e il sottosegretario ai Beni Culturali, Lucia Borgonzoni.
«Una realtà di cui diversi amici e persone mi parlavano da parecchio tempo, racconta Raoul Bova. Al Rione Sanità c’è Padre Loffredo che sta cercando di riqualificare il quartiere, sia dal punto di vista strutturale delle bellezze che ci sono nel rione Sanità sia a livello umano, cercando di coinvolgere i ragazzi, per tirarli via dalla strada, di metterli a fare qualcosa di bello, la cultura del bello, e, quindi, li ha messi a ristrutturare la Chiesa di San Gennaro e le catacombe. Ciò che mi ha appassionato molto di quello che ha fatto Padre Loffredo è l’aver avvicinato i ragazzi allo sport, ha allestito dei sacchi da boxe e un ring dietro la chiesa, lì dove c’era la sacrestia e, praticamente, i ragazzi si allenano in chiesa con i poliziotti. Ragazzi che, in qualche modo, hanno avuto un rapporto di ostilità nei confronti della polizia, però, in quest’occasione, li ha uniti, un incontro molto bello. Inizialmente i ragazzi erano restii, perché dicevano quello lì ha arrestato il mio papà, ha arrestato mia mamma, però alla fine si sono ritrovati e oggi il poliziotto insegna a questi ragazzi la boxe. Bisogna far capire che quella è la loro terra e che possono guadagnare soldi rispettando le bellezze che ha il quartiere, piuttosto che andare a spacciare droga o mettersi in qualche piccola gang, perché pensano che porti successo, soldi e popolarità, mentre, invece, chissà quanti soldi si possono fare strutturando e difendendo la propria terra e le proprie bellezze che sono all’interno del quartiere».
Raoul ha sangue campano, la madre è di Acerra ed è sei cresciuto con le canzoni di Merola:
«Mia nonna cantava tutte le canzoni di Mario Merola, soprattutto “‘o Zappatore”, la conosco a memoria, ho tante cose che mi legano a questa terra, al di là dalle origini. Il mio primo inizio, come attore, è stato a Castellammare di Stabia, nello sceneggiato a puntate per la televisione sulla storia dei fratelli Abbagnale, per la regia di Stefano Reali. Tra l'altro c'era ancora Giuliano Gemma e in quell'occasione è stato per me come un fratello maggiore».