«Volevo fare un album che celebrasse il romanticismo, anche se ci sono dei demoni che non vanno mai via, li celebro e non li combatto». Intervista a Jack Savoretti
- di Nicola GarofanoGrande successo per “Singing To Strangers” (BMG) il nuovo album di Jack Savoretti, cantautore italo – inglese, che raggiunto anche il primo posto della classifica inglese.
Singing to strangers è un’espressione che Jack ha sentito dalla sua piccola figlia che stava spiegando a una sua amichetta che si chiedeva che lavora facesse il suo papà, poiché è sempre in giro per il mondo e gli porta sempre delle belle bambole: “Onestamente non lo so, va in giro per il mondo a cantare agli sconosciuti”.
Non sappiamo cosa succede in altri Paesi, ma in Italia Jack ha un bellissimo zoccolo duro di fan, che segue ogni tappa del tour italiano, alcuni seguono anche altre tappe europee e che, oramai, Jack ha imparato a conoscere uno ad uno e succederà anche nel prossimo tour che inizierà proprio dall’Italia, curato da Vivo Concerti, il 16 aprile a Padova al Gran Teatro Geox, il 17 aprile al Fabrique di Milano e il 18 aprile all’Atlantico di Roma. Special guest dell’intera tournée italiana sarà Afra Kane, la cantautrice italo-nigeriana, il cui stile è composto da un mix di musica classica, soul, e jazz. Il tour proseguirà per tutta Europa toccando Olanda, Germania, Svizzera, Polonia, Inghilterra e Irlanda e si concluderà con una data evento il 31 maggio 2019 alla Wembley Arena di Londra.
Il disco è stato registrato al Forum Music Village di Roma l’estate scorsa e contiene 11 brani inediti, tra cui una collaborazione d’eccellenza sul brano “Touchy Situation”, testo scritto da uno dei pilastri della musica mondiale e premio Nobel Bob Dylan.
“Singing to strangers”, qual è il messaggio particolare di questo album che vuoi lanciare a questi fedeli sconosciuti?
«Romanticismo, ci sono così tante canzoni d’amore alla radio ma per me non sono romantiche, come dico spesso San Valentino non è romantico, la morte è romantica, la nascita di un figlio è romantica, la panchina del parco è romantico, i cuoricini amore mio ti amo non è romantico e io volevo che quest’album facesse pensare alle persone che non bisogna essere sempre fichi, va bene anche essere romantici, passionali poetici».
Si discosta, quindi, dagli altri tuoi precedenti album?
«Sembra un cliché, ogni volta che un artista fa un album dice: “Questo è diverso dagli altri”, almeno uno spera lo sia. Gli ultimi due in particolare, Written In Scars (2015) e Sleep No More (2016) erano consecutivi, nati dallo stesso periodo della mia vita, i temi, l’energia, la negatività, la frustrazione che avevo si sentono in tutt’e due questi album. In Singing to stranger è diverso, perché è nato alla fine di questo ciclo, alla fine di un viaggio di circa cinque anni di tournèe promuovendo questi due ultimi album. Ho costruito casa, da Londra mi sono trasferito in campagna, ho due figli, una moglie, tre cani, ho tutto quello che ho sempre desiderato e mi è sembrato molto ironico che in tutta la mia vita, dai 16 fino ai 34 anni, ho sempre cercato altrove la felicità, la soddisfazione, e, invece, ironicamente, ho trovato la libertà con l’amore in questo luogo dove ero fermo, non dove stavo viaggiando. Volevo fare, quindi, un album che celebrasse questa sensazione di romanticismo, lo chiamo così, chiariamo non è che sono felice in quest’album, sono ancora temi abbastanza pesanti, perché l’individuale, anche circondato d'amore, ha comunque dei suoi demoni che non vanno mai via, però li celebro e non li combatto come nel passato, quindi, mi sento così, mi piace l'atmosfera romantica che mi ha portato a vivere questa situazione».
Ci sono delle collaborazioni in quest’album?
«In quest’album ho insistito che portassi allo studio di registrazione di Roma la mia band da strada, quelli che girano con me negli ultimi dieci anni, perché sono i musicisti più fenomenali che abbia mai conosciuto nella mia vita e non ho mai capito quando si registra un album si prendono tutt’altri musicisti e spero che l'energia che ha la mia band da strada si senta in questo album, spero si senta la batteria di Jesper Lind, il basso di Sam Davies o le melodie pazze e strane di Pedro Vito».
È la prima volta che registri un album in Italia, nella città eterna…
«A Roma non importa chi sei o cosa hai fatto nella vita o quanto sei importante, quando arrivi a Roma, in inglese si dice, When in Rome, sei in mano alla città, essa ti cambia. Volevo una condizione di parità quando registravamo quest’album, avevo il produttore Cam Blackwood, un mio carissimo amico, un fratello che è un genio, il mio direttore musicale Nikolai Torp che è un genio, avevo la mia band che sono tutti forti e volevo che nessuno si sentisse il comandante di questa nave. Sapevo che Roma sarebbe stata la città che ci avrebbe messo tutti allo stesso livello e ha stravinto Roma in questo progetto sociale e scientifico. Ci sono stati dei momenti difficili, lavorare a Roma non è sempre facilissimo se arrivi con cinque scozzesi abituati a fare delle cose in certe maniere, però posso dire che sono arrivati cinque scozzesi e sono andati via quattro Mastroianni, con vestiti di lino, senza calze, a bere Negroni ogni sera e questo ha influenzato moltissimo il mood dell'album. Lo stile di Roma ha un qualcosa di molto elegante per chi viene dall'Inghilterra».
Cosa hai assorbito e quanto hai assorbito di Ennio Morricone registrando al Forum Music Village?
«Quello che più mi ha fatto effetto dello studio di registrazione è l’odore, quello di altri tempi. Senti ancora il tabacco assorbito dalle mura, i tappeti sono blu, nelle mura c’è la musica ed è la stessa sensazione che ho provato ad Abbey Road che non è necessariamente una cosa in particolare, ma è quell'odore che ti viene in faccia quando entri, ti sembra di essere in qualcosa che è ancora vivo, non è come un museo, è ancora vivo, quindi, questo è bello».
Com’è nato il tuo secondo video “What more can I do?” e se ci sono sempre delle tue idee nei video che realizzi…
«I due video, Candlelight e What more can I do?, spero riflettano veramente l'idea che sto cercando di spingere in avanti. Sì, si parla della Dolce Vita, si parla di un'Italia, di un’Europa che, forse, ora, non si parla abbastanza:”Romantica”, non arrabbiata, non frustrata, non uno contro l'altro, ma romantica, fatta di sognatori, un po' idealista, però a me affascina. Nel primo singolo “Candlelight” mi sono buttato su Cinecittà, ho proprio messo in chiaro quello che stavo cercando di fare, sull'ultimo “What more can I do?” volevo fare un omaggio allo studio Forum Village e ho avuto la fortuna, la grazia e l'onore di invitare Alessandra Mastronardi a partecipare in questo video e lei ha accettato. Lei rappresenta l'eleganza di cui sto parlando, l'eleganza italiana romantica che a volte non si vede abbastanza. Quando accendi la tv io voglio vedere l'eleganza e non solo “immagini sexy”, mi piacerebbe vedere l'eleganza ogni tanto e lei, secondo me, rappresenta questo perfettamente, è genuina, naturale, elegante e volevo che si vedesse questo».
In questo disco trasponi una tua passione adolescenziale, il cinema…
«Da ragazzino volevo studiare cinematografia. Il mio film preferito era “Il Laureato”, adoravo la relazione tra musica e immagine ed è stato il primo film che ho visto in vita mia che aveva due canzoni, una dietro l'altra, senza dialogo, questo mi affascinava, non sapevo che si potesse fare come regola nel cinema ed io ero come tanti ragazzini che sono in macchina con i genitori, mettono su una canzone e guardano fuori dalla finestra e si fanno il loro film. Da quell'età lì ad oggi, voglio ancora che la musica sia per me la colonna sonora della mia vita e quando la faccio, cerco di farla affinché potesse diventare la colonna sonora per chi l'ascolta. In quest’album, ogni canzone è una scena, infatti, Singing to strangers l’ho chiamata Interlude, proprio perché volevo avesse quest’immagine, quella che durante il film, nel caos più totale, si spegne tutto e c'è il riflettore su uno degli attori, lui si gira verso la telecamera e parla al pubblico e spiega quello che sta accadendo, anche a teatro succede, quando spiegano e poi ritornano nel film. Volevo che, questa canzone, fosse quel momento lì, quel dialogo che fa il performer, l'attore al pubblico e poi rientrare nel film».
Parliamo di questo nuovo tour che partirà proprio dall’Italia ad Aprile…
«Sono molto nervoso per questo nuovo tour, perché è sempre una sfida. Da circa cinque anni che andiamo in tournée eravamo come un pilota automatico sul palco, ero molto sicuro sul palco, un altro motivo per cui ho fatto questo album, perché l'estate scorsa ho avuto l'onore di essere stato invitato a fare un tour in Italia nei teatri dell'opera, La Fenice di Venezia, il teatro dell’Opera a Roma, ed ero talmente un pesce fuor d'acqua, ero terrorizzato. Mi ricorderò sempre la prima sera a Cremona, dove sono uscito sul palco e il pubblico ha applaudito, come fa ogni sera, poi ha smesso, come regola teatrale, ma io avevo ancora molti metri da fare per arrivare al microfono e si sentivano solo le mie scarpe. E qui ho sentito un terrore che non sentivo da circa sei anni e mi ero dimenticato di quanto mi piacesse questo terrore, quindi, volevo che, facendo questo album, ogni sera, io possa rivivere questa tensione, questa eccitazione che mi mancava e l’eccitazione viene molto spesso dalla sfida, e questo album sarà una sfida e spero che arriveremo alla prova, sono totalmente sicuro della mia band più che di me stesso».
Le tappe del tuo tour italiano sarà aperto da Afra Kane, una cantante emergente...
«Sono super onorato di aver trovato su Instagram Afra Kane, una ragazza italo nigeriana con un talento straordinario, non sono uno che parla bene dei social, specialmente quando si usano personalmente, ma quando si usano per condividere arte, non ne posso parlare male, neanche per un secondo, e, grazie a Instagram ho scoperto uno dei talenti che potrebbe essere una delle artiste più importanti in Italia adesso. Mi sembra abbia 700 followers, una cosa che mi stupisce, se pensi a quanta gente che ha 7 milioni di follower e non ha nemmeno tantissimo talento. Spero che il pubblico venga al concerto, anche se non ha voglia di ascoltare me, ma per ascoltare Afra Kane».