Music & Theater

Tito/Giulio Cesare al Teatro Bellini di Napoli fino al 24 marzo 2019. Recensione

Due riscritture originali e interessantissime da Shakespeare vengono proposte al Teatro Bellini di Napoli fino al 24 marzo 2019: TitoAndronico/Giulio Cesare, riscritti e diretti da Michele Santeramo/Gabriele Russo e Fabrizio Sinisi/Andrea De Rosa.

Tale doppio spettacolo nasce nel 2017 nel corso del Napoli Teatro Festival Italia,nell’ambito del Glob (e)al Shakespeare, ottenendo il Premio dell’Associazione Nazionale Critici.

Le rappresentazioni condividono identità, spazio scenico e linguaggio contemporaneo e insieme diventano due parti di un’unica riflessione riguardante il concetto di potere e sulle conseguenze del suo esercizio. Le domande di fondo sono le seguenti: É la società che determina l’ascesa al potere di un singolo individuo? E una volta ucciso un tiranno perché lo si rimpiange? La guerra e la violenza sono insite nell’uomo “civilizzato”? La sete di vendetta continua a impadronirsi delle coscienze anche in tempo di pace?

Tito Andronico è la prima tragedia scritta da Shakespeare tra il 1589 e il 1593. Il protagonista è un immaginario generale romano che si vuole vendicare di Tamora,regina dei Goti. É l’opera più violenta e sanguinosa scritta dal grande Bardo e pertanto poco rappresentata.

Il tema centrale è quello della violenza che genera altra violenza. Il sangue versato reclama sempre vendetta in una spirale di odio. Gli uomini sono sempre pronti a commettere le azioni più amorali e ripugnanti ma ciò non li mette al riparo dei propri simili che, sempre più feroci e affamati di potere, arrivano a scannarsi tra loro con una violenza sempre più brutale e cruenta.

Nella versione proposta al Teatro Bellini dal regista Gabriele Russo il protagonista Tito vorrebbe vivere in pace i suoi giorni ma ha dei figli immaturi e testardi che lo trascinano verso l’odio e la vendetta. Non ci può essere pace quando intorno ci sono rivalsa e protervia, sete di potere e di guerra.

Gli attori recitano in modo esasperato soprattutto le scene cruente che vengono interpretate in un instabile equilibrio tra il grottesco e l’ilare.

                   

Giulio Cesare è stata scritta nel 1599 e può leggersi come una ricerca costante delle contraddizioni tra fini e mezzi in cui incorre chi, propugnando ideali di libertà ed uguaglianza, decide di ricorrere alla violenza per liberarsi di un tiranno. Shakespeare tratteggia con infinita maestria la psicologia dei personaggi, in primis coloro che si sono macchiati della morte di Cesare, in particolare Bruto e d Antonio. Il primo, pur essendo grato a Cesare che lo amava al pari di un figlio, lo uccide per amore della libertà e Antonio, sebbene sconvolto alla vista del corpo martoriato di Cesare, lo ha ucciso per proprio vantaggio politico.

Giulio Cesare è ormai l’emblema di Roma,il suo figlio prediletto, il capo indiscusso e vittorioso per le tante battaglie affrontate con coraggio e spavalderia. Osannato dall’esercito e inviso ai senatori gode di una popolarità sconfinata. E, nel testo riscritto da Sinisi, per la regia di Andrea De Rosa, il potere del tiranno risiede proprio nella comunità che lo subisce e che protegge e tutela il suo dominio. Pertanto i congiurati si interrogano sulle ragioni profonde del loro omicidio e ne sono travolti in un crescendo di emozioni e di interrogativi di un’attualità sconvolgente sulla loro sorte e sui destini di Roma.

Il ‘900 è stato il secolo dei regimi totalitari e pertanto l’accostamento al Giulio Cesare di Shakespeare non appare per nulla azzardato e se vogliamo riferirci a pagine di storia più recenti ci vengono in mente i nomi di Gheddafi e di Saddam Hussein che, pur essendo dei dittatori nell’accezione più forte del termine, hanno saputo tenere “a bada i loro popoli” senza alcuna forma di democrazia e di libertà. Eppure ci domandiamo alla luce di quanto accade oggi se il loro modo di governare fosse il frutto di una malcelata legittimità del loro potere da parte dello stesso popolo che non li aveva scelti ma che preferiva osannarli profetizzando tempi peggiori, come in effetti è accaduto.

Queste riflessioni ci portano a un discorso politico che sicuramente esula dalla recensione dello spettacolo visto ma che può interessare la coscienze degli spettatori a porsi domande e interrogativi di pregnante importanza ed attualità.

Entrambe le rappresentazioni sono una controprova della modernità dei temi trattati da Shakespeare e di quanto il teatro possa stimolare serie considerazioni storiche, sociali e politiche.

                       

Gli attori sono stati bravissimi e meritano di essere menzionati per il loro affiatamento e la loro partecipazione emotiva ai testi. Per Tito calcano la scena: Roberto Caccioppoli, Antimo Casertano, Fabrizio Ferracane, Martina Galletta, Ernesto Lama, Daniele Marino, Francesca Piroi, Daniele Russo, Leonardo Antonio Russo, Filippo Scotti, Rosario Tedesco, Isacco Venturini, Andrea Sorrentino; per Giulio Cesare: Nicola Ciaffoni, Daniele Russo, Rosario Tedesco e Isacco Venturini, Andrea Sorrentino.

Ricordiamo che le scene sono di Francesco Esposito, i costumi di Chiara Aversano e le luci di Salvatore Palladino e Gianni Caccia. La produzione è della Fondazione Teatro Napoli-Teatro Bellini.