Sulle Ali di un Sogno, l'ultimo album de Le Orme. Intervista a Michi Dei Rossi
- di Nicola Di DioComposto da 11 tracce, “Sulle Ali di un Sogno” è un viaggio musicale attraverso alcune delle più belle canzoni della storica band, rivisitate e arricchite da importanti collaborazioni, tra cui quella con Francesca Michielin (voce in “Gioco Di Bimba”), l’ex King Crimson David Cross (che suona il violino in ben sei brani) e il tenore finlandese Eero Lasorla. All’interno dell’album sono presenti anche due tracce inedite: “La danza di primavera” e “Un altro cielo”. Il disco è disponibile in cd e su vinile (in una versione numerata e limitata a 999 pezzi), oltre che in digitale sulle principali piattaforme streaming.
Queste le date del tour di presentazione del nuovo album, a cura di Sonny Boy Management:
30 MARZO – Teatro Europa – Taglio Di Po (RO)
5 APRILE – Teatro Comunale – Casalmaggiore (CR)
6 APRILE – Teatro San Domenico – Crema (CR)
13 APRILE – Teatro Comunale – Vercelli
Info concerti su www.leorme-officialfanclub.com
«Per questo progetto ho sentito il bisogno di ritornare alle origini - afferma Michi Dei Rossi - ad un suono pulito, come si usava una volta, quando tutti gli strumenti si sentivano in modo chiaro e distinto. Siamo ritornati ai suoni di allora, ma con un occhio attento alla tecnologia di oggi, per un disco che vede al suo interno i generi musicali che più mi appartengono, che hanno segnato da oltre 50 anni la mia carriera di musicista e che continueranno a segnarla finché avrò la forza di salire su un palcoscenico. Nel disco troverete un mélange di musica classica, lirica, rock e prog con adattamenti e arrangiamenti particolari ed emozionali scaturiti dalla mia grande passione e dal mio amore per la Musica».
Lui è Michi Dei Rossi che ci ha presentato l'ultimo album de Le Orme e si è raccontato alle noste pagine.
Sulle ali di un sogno è un viaggio che ripercorre la tua carriera con Le Orme, ovvero ripercorre la storia della musica, con 11 brani di cui due inediti. I 9 brani sono stati scelti da te, come un omaggio a te stesso. Con quale criterio hai scelto proprio questi brani?
«Il mio criterio è l'interiorità, lo faccio d'istinto. La mattina faccio dei chilometri di corsa o di camminata sportiva, anche di due ore, e mi vengono le idee. Così ho scritto ultimamente 3 o 4 brani, a mente, quando poi rientro li scrivo e mi è venuta in mente anche questa "celebrazione", qualcuno me la ha anche suggerita. All'inizio ho detto:“Ma come? Mi festeggio da solo?”, ma è anche vero che Le Orme non sono mai state omaggiate dal Comune di Venezia. Hanno omaggiato, naturalmente, Patty Pravo, addirittura Mara Venier, anche se in tono minore, Pitura Freska, ma noi non siamo mai stati tenuti in considerazione (ride)».
Pur avendo scritto pagine della storia della musica....
«...E pur avendo portato soldi nelle casse nei primi anni '70, gli anni del Prog '71-'74 e anche con "Florian" e con “Verità Nascoste”, “Canzone d'amore” che ha avuto un grande successo, però non lo so perché, forse perchè siamo antipatici (ride).
Per quanto riguada la nostra sfera pubblica, non ci siamo mai schierati con nessun partito, perciò il discorso è suonare per tutti, non ci sono partiti, non ci sono colori, la musica è per tutti e chi ci vuole, ci invita a suonare, noi andiamo, che sia rosso, verde o blu e forse è per questo».
Eppure il Comune di Venezia in questi ultimi anni ha posto la cultura al centro dell'attenzione...
«Sì, è vero, la cultura doveva essere al centro dell'attenzione, però...».
Comunque, tornando all'omaggio a te stesso di cui parlavamo prima...
«Qualcuno mi ha suggerito e mi son detto:“Ma perchè non mi premio con un Leone d'Oro alla musica?". E, allora, ho pensato a questo disco, tenendo presente che, un disco d'inediti c'era già, avevo già un progetto totalmente diverso, un doppio disco d'inediti, uno strumentale e uno cantato. Come avevamo nel cassetto "ClassicOrme" di due anni fa con quintetto d'archi, soprano e tenore. Ora ho in lavorazione questo progetto di inediti, ma abbiamo optato con la Sony e con il mio manager per questo progetto e ho detto:"Ok! Facciamolo”, anche perché penso che l'altro pubblico noi non ce l'abbiamo, noi abbiamo il pubblico del Prog, lo zoccolo duro e anche i figli di musicisti o musicisti giovani che ascoltano il Prog, che ascoltano qualcosa di interessante per poter poi ispirarsi. Oggi, però, non c'è niente per un giovane per ispirarsi. Un musicista a chi si ispira oggi?».
Siete stati tra i massimi esponenti del rock progressivo in Italia e non solo con PFM e Banco....
«Esatto, insieme a PFM e Banco, siamo stati i tre gruppi entrati nel gotha dei grandi gruppi inglesi e abbiamo inciso per le grandi etichette inglesi».
Il Prog, infatti, nasce in Inghilterra e quello italiano viene subito dopo...
«Sì, quello italiano viene subito dopo, il primo esempio sono i Beatles con "Sgt. Pepper", i Procol Harum con "A Whiter Shade Of Pale"».
Uno dei vostri inediti dell'ultimo album è proprio strutturato sull'Aria sulla IV corda di Bach...
«Sì, solo che, per "A Whiter Shade Of Pale", hanno preso le armonie dell'Aria sulla quarta di Bach, noi, invece, abbiamo preso il tema strumentale. Per la linea melodica, ci sono varie melodie che s'intersecano e noi abbiamo scelto un po' di una e po' dell'altra ed è venuta fuori una melodia nuova, cantata. Mentre quella strumentale, cioè il tema sia cantato sia suonato è quello originale. Ecco, ho pensato a un adattamento in forma di canzone ed è venuto ciò, che io trovo bellissimo perchè quel brano sai quante volte ce l'ho in testa? É una melodia che ti porta in altri lidi. Come "A Whiter Shade of Pale", quando la sento ho i brividi. É la mia canzone preferita in assoluto. É un brano che avrei voluto fare ed ecco che mi è venuta l'idea».
Possiamo definire il rock progressivo come un genere di musica colta, con continui richiami alla musica classica e anche al jazz?
«Infatti, quello che abbiamo fatto noi fin dagli anni '60, perchè in "Casa mia" c'è un pezzettino del Rondò di Mozart, Rondò alla Turca di Mozart».
Nel '70, infatti, avete suonato il Blue Rondo' a la Turk...
«E lo suoniamo ancora nelle due versioni quella emersoniana, un pò riarrangiata e quella di Dave Brubek, quella originale. In "Collage" c'è la "Sonata di Scarlatti in K380" che però abbiamo ripreso con la chitarra classica, perché in origine era per pianoforte o per forte piano, poi in "Uomo di pezza" la "Ciaccona di Bach"».
Diciamo che il prog è un genere che tende alla sperimentazione...
«Ed è la mia passione, perché in questo nuovo disco, ci sono questi generi dentro. I generi che mi hanno accompagnato per tutta la mia vita, la musica classica. Ho fatto studi di percussioni classiche, vedi "Florian", suonando timpani, marimba, vibrafono, campane tubolari e chi più ne ha più ne metta (ride). Tra l'altro ho suonato per un anno e mezzo con un gruppo di percussioni classiche, eravamo in sei percussionisti, è la mia passione. La lirica la adoro, quando sento la Callas cantare mi viene la pelle d'oca e, ovviamente, il Rock essendo un rockettaro, essendo nato con il rock, beat va bene, ma è sempre Rock e, poi, il Prog che è un'altra mia passione, perché è una musica libera, una musica dove tu puoi mettere quello che vuoi, qualsiasi idea che ti viene la inserisci, qualsiasi genere ti piace lo inserisci e questa la chiamo musica libera, perchè non c'è altra definizione, è una fusione, però di musica libera. Ci sono i vari gruppi Prog che hanno diverse tendenze, c'è chi ha più jazz, c'è chi è più classico, chi è più rock, c'è anche il prog Hard Rock, Heavy Metal, perciò è una grande mia passione, perchè mi da la possibilità di essere me stesso fino in fondo, faccio quello che voglio. Sono quello che voglio!».
Fare musica essendo se stessi...
E che cosa è successo alla musica italiana in generale, abbiamo assistito agli anni 70 con Le Orme, PFM e Banco, tra l'altro proprio il 21 Febbraio di quest'anno è stato pubblicato l'ultimo album di Francesco di Giacomo, negli anni '60 dove il mercato discografico italiano dei 45 giri raggiungeva l'apice, tanto che le case discografiche straniere spingevano i grandi nomi della musica internazionale a cantare in italiano, infatti, nel '66 I Rolling stones cantano "Con le mie lacrime"...
«Era molto bello, perchè la musica era diventata un tutt'uno con l'estero. C'era Neil Sedaka, che io adoravo, Gene Pitney e loro cantavano in italiano. Noi italiani abbiamo avuto questa fortuna, perchè le nostre melodie hanno colpito il mondo».
Quelli erano anni in cui le grandi hit come "A Whiter shade of pale" dei Procol Harum diventò Senza Luce, "Black Berry Way" diventò Tutta mia la città. Sono canzoni e gruppi che resteranno nella storia della musica. Oggi, invece, sembra che molti artisti abbiano solo un successo effimero, legato magari solo alla scia di programmi televisivi. Cosa manca oggi che prima, invece, c'era?
«La gavetta. Il musicista si fa pian piano, confrontandosi con la musica e con un pubblico, mentre oggi non sappiamo cosa accade nell'ambito di questi programmi, c'è un grande punto interrogativo. Una volta, invece, si cominciava a suonare e si andava a suonare. La tua fantasia era sempre in moto, ti confrontavi con il pubblico, una cosa importantissima e pian piano crescevi e, soprattutto, avevi dei modelli a cui ispirarti. C'erano questi grandi musicisti a cominciare da Jimi Hendrix, andando indietro ai grandi del Jazz. Per un batterista come me, mi colpiva sentire i grandi del Jazz e poi c'era sempre da imparare dei musicisti Pop, Rock, Blues. Il blues era un grande maestro, perlomeno riuscivi a suonare, a formare una band, facendo dei brani già da giovane, perciò questo manca, manca la scuola, quella della strada, quella vera. Adesso ci sono le scuole solo per imparare a suonare uno strumento, prima non c'erano e la imparavi direttamente “al fronte”, è l'esperienza che forgia l'uomo, il confronto. Mentre se vai in una trasmissione televisiva, stai lì tre mesi e trovi della gente che ti insegna tutto e poi quando vai fuori, cosa fai, senza quelle persone? Perciò, se hai fortuna, se sei veramente un compositore e se hai l'aiuto dell'entourage vai avanti, altrimenti, suoni nei supermercati e finisce subito».
In quest'album sono contenuti brani estratti da tre degli album che hanno avuto maggior successo dal '71 al '74 e mi riferisco a Collage, Uomo di Pezza e Contrappunti, ma manca Felona e Sonora che è stato l'album che vi ha portato in Inghilterra, poiché fu pubblicato dalla Charisma, in versione inglese, (etichetta dei Genesis e Van Der Graaf generator) e i testi furono curati da Peter Hammil proprio dei Van Der Graf generator. Però manca in questo album "Sulle Ali di un sogno"...
«Non è un caso, inserire "Felona e Sonora" è difficile, perché è una Suite. Ho scelto i brani, perchè volevo arrangiarli in questa maniera, cioè con le chitarre, con le chitarre classiche, con gli arpeggi e non ho trovato niente in "Felona e Sonora" che potesse adattarsi, che potessi trasformare in questo genere».
Il rock progressivo italiano raggiunge il suo apice proprio negli anni '70, poi è come se il rock progressivo si sia appunto progressivamente assopito per poi destarsi solo recentemente. Che cos'è successo?
«Inizia nel '71 con il successo incredibile di "Collage", grazie anche alla trasmissione “Per voi giovani” con Giaccio e Massarini, molto attenta a cosa succedeva in Italia sulla musica rock, poi con “Uomo di Pezza” si è proprio stabilizzato. Nel '72 hanno cominciato anche il Banco, la PFM e nel '73 PFM, Banco e Le Orme hanno fatto il tour in Inghilterra ed è stato l'apice del tutto ed è durato dal '71 al '75, dopodiché si è cominciato a fare altre cose. É arrivato il punk, la disco music, è successo che sono rientrate altre musiche, i dischi Prog non vendevano più tanto. Il Prog ha avuto successo, è stato fortunato perchè a quei tempi lì succedeva un po' tutto, di fatti non viene molto ricordato dallo Stato, parlando di chi manovra i fili della musica, perchè è un periodo da non ricordare per quello che è successo in Italia, bombe, Brigate Rosse, Brigate Nere, c'era la protesta studentesca, musica libera e poi è cominciata la disco music che era più per tutti. Diciamo che il prog è un genere difficile, non per tutti, la gente aveva voglia di divertirsi con la disco music è da lì è iniziato il declino. C'era anche il fatto che bisognava cambiare, il musicista dopo 4/5 anni che fa lo stesso genere ha bisogno anche di cambiare genere. Tanti hanno iniziato a cambiare pian piano, anche noi da "Contrappunti", siamo passati a "Smogmagica", perciò c'è stato un cambiamento notevole. Il disco giusto dopo "Contrappunti" doveva essere "Florian", perchè in “Contrappunti” c'è abbastanza musica classica, suonata da noi, non classica, ripresa, ma in “Contrappunti” stesso vedi “Aliante”, con testi importanti e li “Florian” che è suonato con violino, violoncello, percussioni classiche, pianoforte e clavicembalo classiche è il giusto finale però siamo andati in America, ci siamo divertiti e c'è stato un cambiamento che è stato consolidato con “Verità Nascoste” che è un grande album del '76 fatto da noi, perchè Giampiero Reverberi non c'era più e abbiamo tentato di fare una cosa da soli, di produrci da soli e abbiamo fatto anche "Canzone d'amore" che è andata in finale all'Arena di Verona, la gente quando siamo entrati, si è alzata in piedi, è entrata in classifica, non ai primi posti».
Ma è rimasta nella storia della musica. Ha raggiunto la reale vittoria in questo modo non perchè legata solo a un evento....
Sulle ali dei sogni è un album che vede diverse collaborazioni, da David Cross che è stato componente dei King Crimson dal '72 al '74, Francesca Michielin e Eeora Lasorla....
«Francesca Michielin è una giovane cantante ed è bravissima, io l'ho sentita in "Gioco di bimba" la versione che faceva lei durante i suoi concerti e mi ha emozionato tantissimo perché sono sicuro che dopo l'originale sia la migliore interpretazione che abbia mai sentito, perché è una voce pura, che è una cosa rara ed è anche un'anima pura che è una cosa rarissima ed è nel personaggio della canzone».
Gioco di Bimba, infatti, è una canzone con una melodia delicata che fa da cornice un testo impegnativo....
«Ed è questo che è affascinante, che si parla di uno stupro, però con la voce d'angelo...».
Dopo la versione originale, Francesca Michielin dà quel tocco in più alla canzone...
«Esatto, Francesca Michielin è bravissima, intonatissima e poi è una musicista e soprattutto, dico soprattutto perchè è stato l'aggancio, la famiglia ascoltava il progressivo e lei è cresciuta con il progressivo in casa. Il papà ascoltava il progressivo, aveva i dischi de Le Orme e “Gioco di bimba” per lei è un brano che sentiva da piccola, è cresciuta con il progressivo. Quando ci siamo incontrati era molto emozionata, abbiamo parlato di progressivo, il fratello suona la batteria. I giovani che vengono a sentirci sono musicisti e per loro siamo un modello e sono anche figli del nostro zoccolo duro, ed è una cosa bellissima e poi Francesca abita a Bassano del Grappa e noi il disco l'abbiamo fatto a Bassano del Grappa e poi entrambi siamo Sony.
Poi c'è Eero Lasorla, un tenore finlandese che abbiamo conosciuto tre anni fa, lui stava finendo gli studi al Conservartorio Santa Cecilia di Roma e a me serviva un tenore e un soprano e tramite il presidente di Santa Cecilia, che conosceva il manager de Le Orme, siamo andati a sentire un po' di gente e abbiamo scelto loro. A me piace moltissimo la lirica e volevo inserire un brano lirico».
Che è “Le vie della seta” con cui hai voluto anche omaggiare il veneziano Marco Polo...
«La venezianità de Le Orme in passato e di adesso non si discute, le melodie sono quelle, ecco perché non ci siamo distaccati subito dal Prog inglese. Con “Collage” eravamo vicini al Prog inglese poi con “Uomo di pezza” ci siamo allontanati e abbiamo detto:“Noi siamo questi!”, mentre altri gruppi hanno continuato per un po' ad avere all'interno sempre aspetti di altri gruppi inglesi».
A me piace fare una domanda un po' particolare perchè mi piace abbinare la musica alla cucina...
«Vai Nicola spara, spara (ride)».
Se fossi un piatto che piatto saresti?
«Sarei sicuramente un piatto di spaghetti alle vongole veraci, che noi chiamiamo Capparozzoli, il mio piatto preferito, il piatto più buono del mondo. Per quanto riguarda il dolce, invece, sicuramente la cioccolata fondente».
Se la pasta con le vongole veraci ti rappresenta di più, qual è l'album che ti rappresenta maggiormente...
«L'album che mi rappresenta di più è "Contrappunti" e lì c'è un mio brano, ma che non ho firmato io, che si chiama "Aliante", dove senti una ritmica molto particolare, diversa da tutte le ritmiche che si sentivano allora e diversa da quelle che si sentono adesso».
Sì perchè il Prog non è mai una musica attuale, è sempre più avanti...
«Assulotamente sì, è una musica a sè come lo è il jazz o la musica classica, è un genere a sè, ecco perchè ha dei problemi, non va in radio, non va in televisione, a parte certi programmi televisivi che passano di notte. Io stesso mi sono rivisto una notte mentre suonavo con Giampiero Reverberi a Napoli a Senza Rete».
Si punta molto l'attenzione sulle vendite e sul guadagno...
«É un business, i dischi non si vendono più. Il disco d'oro è a 20.000 copie, per quanto riguarda il Prog, queste copie non le vedi (ride). Una volta, mi ricordo, nel '97 è uscito il “Fiume” e siamo ritornati a fare Prog, che non si usava e l'anno dopo la PFM ha fatto un disco prog e sembrava di essere tornati al '71, perché avevo detto:"Basta, non ce la faccio più o facciamo il prog o altrimenti me ne vado!”, a me le canzoni non mi interessano, o meglio mi interessano quando sono all'interno come “Gioco di bimba”, “Una dolcezza nuova”, quando sono all'interno di una suite e abbiamo ricominciato con il prog con la trilogia il “Fiume”, “Le Menti” e “L'infinito” che ha avuto un grandissimo successo. Il “Fiume” nel '97 ha venduto 50.000 copie, perchè erano ancora i tempi che i dischi si compravano ancora, pian piano, adesso, le copie sono diminuite. Per quanto riguarda la promozione è il Pop, la Trap, Rap insomma, che non è musica, come lo è stato il rap americano però lì c'era una motivazione. I rapper americani non avendo soldi, utilizzavano delle piccole batterie elettroniche, però parlavano della loro gente come il Blues negli anni '40, '50, '60 poi il Rhythm'n'Blues, poi il Gospel, vedi Ray Charles. Invece qui, di cosa partlano loro? Parlano della vita. E chi non parla della vita? Anche Orietta Berti, in “Finchè la barca va”, faceva un discorso di vita, era una metafora, tutti parlano di vita ed è una moda e, come ogni moda, è destinata a finire, perché poi ci sarà un'altra moda. Oggi si usano di nuovo i pantaloni larghi, fino all'anno scorso si usavano i pantaloni stretti, adesso vedo che si usano i vestiti come negli anni '60. Anche gli stilisti quando devono inventare qualcosa vanno negli anni '50 e '60 e portano quella cultura ai giorni nostri, come abbiamo fatto noi. Io vengo da Elvis Presley, dalla musica sudamericana che mi ha insegnato delle cose».
Anche lo stesso Elvis Presley in una delle sue canzoni, Can't Help Falling in Love, ha fatto riferimento a una melodia del '700 francese...
«Anche italiana "'O sole mio" e il pezzo di Pino Donaggio. Il Prog non è una moda, la musica classica non è una moda, la musica jazz non è una moda. Resteranno per tutta la vita. Noi la settimana scorsa abbiamo fatto due concerti tutti e due sold out e standing ovation».
Tra l'altro voi siete stati i primi a portare il bis ai concerti in Italia che fino ad allora non si usava...
«Esatto, esatto, con il tour inglese, lì ci chiedevano il bis, poi siamo tornati in Italia e abbiamo aperto la strada anche in quello».
E sul Festival di Sanremo di quest'anno?
«Come mai al Festival di Sanremo non c'è la musica strumentale? Se uno ha un brano strumentale perché non può portarlo a Sanremo? Ormai Sanremo non è più il festival della canzone italiana, perché tutti i rapper e trapper sono italiani di nascita, ma quello che fanno non è italiano e difatti dovrebbe chiamarsi Festival di musica e parole e sarebbe un bel cambiamento.
Anni fa, ho stampato per “ClassicOrme” anche un 45 giri e subito dopo hanno iniziato a fare i 45 giri, perché adesso fanno il singolo di lancio. Io tra l'altro sono tornato agli anni '70 con occhio di riguardo per la tecnologia è ovvio che se usata con coscienza serve».
Ed è un'evoluzione, usare strumenti veri abbinandoli alla tecnologia di oggi...
«Esatto e poi leggo che il 15 marzo scorso Ruggeri usciva con un disco con suoni diversi e mi sono detto: “Allora è nell'aria”, prima o dopo anche i musicisti, non di certo gli interpreti, però Ruggeri che è musicista ha capito che ci vuole un cambiamento. Io l'ho capito anni fa, perché ho cominciato anni fa a fare questo, solo che non avevo un disco fuori, ecco perchè questi suoni che ci sono in questo disco, li avrei usati già da qualche anno. Vuol dire che c'è un cambiamento, vuol dire che ormai questi suoni, questi ritmi tutti omologati, tutti uguali, fai un disco e la gente li ascolta sui telefonini, sulla radio e “cosa senti?” senti la cassa, la voce e il rullante, quando c'è un assolo di chitarra, il resto lo senti solo se alzi il volume, alzandolo senti tutto. Questo disco lo senti dove vuoi, nella radio, nel computer e nel telefonino, ma lo senti sempre uguale, perchè i quattro strumenti li senti alla pari, con suoni cristallini come si usava una volta, come si usava negli anni '70. Strumenti non elaborati, tu arrivi sul palco attacchi la spina e suoni, non devi elaborare tutto, non devi avere il computer che ti elabora tutto l'auto tune, che t'intona la voce e sotto le basi, perchè nei dischi ci sono trenta strumenti, ma poi dal vivo sei in quattro e devi usare le basi. Questo disco come è, lo porti sul palco ed è uguale com'era una volta».
Effettivamente adesso si sta tornando ad utilizzare soltanto gli strumenti essenziali, anche qualche giovane musicista lo sta facendo...
«Sì, qualche giovane, ma poi sono i mixaggi che vengono fatti con i suoni che vanno di moda oggi, perchè altrimenti sei diverso, ma non puoi essere diverso perchè sei pop. Se sei pop devi essere così. Mentre i gruppi indie, non tutti, che non hanno bisogno di pubblicità, che vanno a suonare lo stesso, fanno quello che vogliono. Però fino ad ora, anche chi ha fatto i mixaggi con me di questo disco, che ha vinto il premio come miglior produttore discografico indie, dice che non c'è ancora un “voglio così!” come ho fatto io. Fortunatamente, ho la Sony che è un colosso mondiale che mi aiuta. Ogni giorno ci sono giornali che parlano di questo disco, questo fa bene per la musica. Fa bene anche per me (ride) ma fa bene soprattutto alla musica. Questo dà dignità alla musica, questa è la parola chiave. La musica Prog che facciamo noi, la musica alta, spero tanto che l'altro pubblico, quello che non ha mai ascoltato Le Orme, attraverso questo disco, con la presenza della Michielin, che fa parte di quel pubblico là, possa portare questi ragazzi a sentire la musica de Le Orme per imparare anche e sentire la musica classica dentro e magari affezionarsi alla musica classica come abbiamo fatto negli anni '70 vedi Emerson, Lake & Palmer che è la cosa più eclatante, che hanno fatto “Pictures at an Exhibition” che è una rielaborazione di alcuni brani di Musorgskij e poi i ragazzi andavano a comprare il disco di Musorgskij perciò è anche un fattore culturale. I giovani vengono a sentire Le Orme o prendono il disco e lo sentono. Il disco inizia con la “Sonata K380 di Scarlatti” fatta con la chitarra, non con un rock'n'roll. Inizia pian piano, poi c'è il preludio, poi c'è “Gioco di Bimba”, poi c'è il “Notturno”. Come se fossimo in un salottino con un quintetto d'archi, musica da camera, perciò se viene accettato anche dai giovani è un discorso culturale».
Per chiudere questa bellissima chiacchierata Michi Dei Rossi da Capitan Miki...
«(ride) Sì, esatto, il mio nome deriva proprio da lì e tra l'altro gira in rete un ritratto, fatto da un mio amico fumettista, con me vestito da Capitan Miki insieme a Salasso e Doppio Rum (ride)».