Music & Theater

“Scusate, ma ch’è successo?” Il viaggio di Benedetto Casillo nella cultura napoletana. Recensione

A causa dell’elevato numero di richieste, lo spettacolo “Scusate, ma ch’è successo?”, scritto, diretto e interpretato da Benedetto Casillo, con la partecipazione di Enza Barra e Luciano Piccolo, è andato in scena in via eccezionale al Teatro Sant’Anna, provenendo dal cartellone del Teatro nel Garage, sotto la direzione artistica di Salvatore Formisano. In questo spettacolo, Benedetto Casillo celebra non solo la ricchezza della cultura napoletana, ma anche la sua lunga carriera, un viaggio nella storia del teatro e del cinema italiano che si intrecciano con l’anima di Napoli.
Con oltre cinquant’anni di carriera, quest'attore straordinario ha attraversato con maestria diverse epoche e forme artistiche, dal cabaret al grande schermo, dalla televisione alle scene teatrali. La sua versatilità lo ha reso un simbolo dell'arte napoletana, capace di restituire, con ineguagliabile verve comica, il calore e la complessità di una città unica al mondo, dimostrando di avere un occhio acuto per il racconto della vita partenopea e portando sul palcoscenico una mistura di ironia, nostalgia e riflessione sociale.
Il titolo dello spettacolo trae origine da un film iconico: "Così parlò Bellavista", di Luciano De Crescenzo, al quale Casillo rende omaggio non solo attraverso le parole, ma anche con un’interpretazione che cattura l’essenza della napoletanità in tutte le sue sfaccettature, includendo uno sketch del drammaturgo Antonio Petito, il padre di tutto il teatro napoletano e non solo. Proprio con Luciano De Crescenzo, la carriera di Casillo ha fatto un balzo in avanti; il suo memorabile ruolo di Salvatore, il vice sostituto portiere in “Così parlò Bellavista”, è diventato iconico, non solo per le battute indimenticabili, ma anche per la capacità di incarnare un aspetto profondo della napoletanità: un’arte di vivere sospesa tra ironia, superstizione e una vibrante umanità. Frasi come "abbonamento addu Natascia", cui Casillo ne propone una breve gag, o "Professò resistete!" sono ormai veri e propri tormentoni che risuonano nel linguaggio comune, testimoniando il potente impatto culturale del suo personaggio.
Benedetto Casillo si muove con maestria attraverso i vari momenti dello spettacolo, incastrando scenette, brani di prosa e poesie in una cornice che celebra i grandi maestri del teatro napoletano, da Antonio Petito a Totò. Porta in scena una serie di riflessioni e commenti, non solo sul teatro ma sulla vita stessa, affrontando temi complessi con un linguaggio semplice e immediato.

                                                                                                 
Con sketch come Il documento (‘a fede ‘e nascita) e Il Cicerone (il turista e la guida), ripercorre l’inizio della sua carriera, quando negli anni '70 formò con Renato Rutigliano il duo comico I Sadici Piangenti. La loro rilettura ironica della vita quotidiana conquistò il pubblico napoletano, andando ben oltre i confini del cabaret locale. La nuova corrente del cabaret comico degli anni settanta attirò l'attenzione di un pubblico sempre più vasto, spingendo Casillo a incidere dischi di successo che catturavano l’essenza della comicità napoletana.
Poi introduce un monologo sulla morte, dove invita il pubblico a riflettere su un tema che attraversa la nostra esistenza, ma che troppo spesso viene relegato ai margini delle nostre vite frenetiche. Attraverso il suo racconto, rivela usanze e pratiche radicate nella tradizione napoletana e del Sud Italia, che meritano di essere conservate e rivisitate. L’osservazione di Casillo inizia con un’immagine che molti di noi, soprattutto i napoletani, ricordano con nostalgia: il funerale come un momento di comunità, in cui i negozianti abbassavano le serrande e i clienti, in segno di rispetto, si fermavano. Questo gesto semplice, ma potente, rappresentava un profondo riconoscimento della sacralità della morte. In un’epoca in cui il rispetto per il lutto era scontato e condiviso, era chiaro che la vita e la morte danzavano in un equilibrio delicato, come due facce della stessa medaglia. Nel suo monologo, Casillo evidenzia come il Sud Italia, e in particolare Napoli, abbia sempre avuto un rapporto speciale con la morte, un legame che affonda le radici nelle tradizioni e nella cultura popolare. Qui, il lutto non è un tabù da evitare, ma un rito da vivere, un momento di riflessione e celebrazione della vita stessa. La sacralità della vita si esprime, dunque, attraverso il rispetto verso la morte, creando una continuità che spesso il materialismo contemporaneo tende a interrompere. Infine, Casillo ci ricorda che l’arte non è solo un veicolo di intrattenimento, ma anche uno strumento potente di riflessione esistenziale. Attraverso di essa, possiamo confrontare il passato e il presente, riflettendo sulle trasformazioni della nostra società e sulla necessità di recuperare un senso di comunità e rispetto reciproco.   

                                                                                                                                                             

Uno dei momenti più brillanti è il monologo finale, tanto dissacratorio quanto profondo, che si concentra sulle canzoni napoletane. Qui si evidenzia la capacità unica di Casillo di intrecciare umorismo e sensibilità, riuscendo a trasformare una semplice canzone in un inno alla vita, ma anche al sarcasmo ironico dei napoletani.
In questo periodo, Casillo sta portando avanti il suo progetto “L’arte in soccorso dell’uomo. La vita all'ombra della morte”, un’iniziativa che esplora il rapporto tra arte e vita quotidiana e dimostra l'impegno dell'artista non solo come intrattenitore, ma come riflettore sulla condizione esistenziale contemporanea.
Scusate, ma ch’è successo? è una celebrazione della napoletanità, capace di attrarre non solo gli amanti del teatro, ma anche chi, in queste storie, riconosce il proprio quotidiano. Benedetto Casillo, artista poliedrico, continua a sorprendere e incantare il pubblico con la sua narrazione erudita e appassionata. 
Casillo è un autentico gigante della comicità, la cui carriera è permeata da un’appassionata dedizione all’arte, una capacità di raccontare e celebrare la vita attraverso il riso. Il suo percorso umano e artistico è un inno alla napoletanità e alla bellezza dell'espressione culturale, una testimonianza che non solo intrattiene, ma fa riflettere e commuovere.