«Scrivo brani per flussi di coscienza e mai per imposizione». Intervista a Francesco Morrone
- di Pamela CarboneFrancesco Morrone nonostante la sua giovane età, 21 anni, è un artista poliedrico, profondo e anche fuori dagli schemi del mercato musicale attuale, che vive la musica in maniera viscerale. Di origini calabresi, ha iniziato da piccolissimo a viaggiare a scoprire il mondo e far scoprire al mondo la sua musica. Sta per uscire il suo primo cd prodotto dall'etichetta discografica Honiro che ci ha anticipato, sarà una fragranza a mille odori.
Come nasce passione per la musica e quali artisti hanno influenzato il tuo orientamento musicale?
«Non nasce come una passione, ma come scoperta. Sono sempre stato affascinato dall’ignoto, da tutto ciò che io non conosco. Inizialmente il rapporto con qualsiasi forma di suono, rumore, silenzi ha preso una direzione contraria al mio cammino, quasi una forma di repulsione, non riesco a razionalizzare e non sono stato neppure impegnato a capire il perché. Ricevetti questa chitarra elettrica da mio zio e cominciai a capire come funzionava, molte volte fisicamente la smontavo, presi lezioni, ma capii che la formazione accademica non è luogo dove abitare. Nella prima formazione fui influenzato dall’anima del blues Sun House, Robert Johnson, Clapton, BB King. Capivo che lo strumento ha un’anima e bisogna catturare ogni sfumatura, insomma portarselo a letto ogni santo giorno. Nella seconda formazione ho pulito la mia anima e ho iniziato ad ascoltare il pop americano, britannico e la scoperta di gruppi che non cito per logica dei fatti. Nella terza formazione, penso che sia ancora in corso, iniziata da due anni la scoperta continua e folgorante dei cantautori italiani Giorgio Gaber, Fabrizio De Andrè, Lucio Dalla, Battiato, Sergio Endrigo, Tenco, Cocciante e altri che allungherebbero la lista».
Un'altra tua passione sono i viaggi, la natura. C'è un nesso che li collega alla musica e in che maniera?
«In questo momento sono infastidito dalla parola "passione", quasi come una giustificazione della propria arte. Viaggiare è una necessità non solo per la mia arte, la mia anima ha il bisogno continuo di trasportarsi in luoghi diversi e assaporare ogni particella d’aria mutata. Viaggiare è la catarsi dell’anima, la natura è l’unica madre dell’anima, la figura dell’uomo dovrebbe essere encomiastica nei confronti della natura. Purtroppo sono rare le manifestazioni di spiritualità nelle canzoni, la natura trasmette un senso di devozione, ci rende quello che siamo, piccoli uomini capaci di fare grandi cose. Nel mio prossimo viaggio, in allegra compagnia della mia musica, porterò con me semi di alberi da piantare in ogni città che visiterò, per smuovere questa società incapace ormai di avere un contatto diretto con madre natura».
Ricordi qual è stato il primissimo brano che hai scritto?
«Tendo molte volte a dimenticare, è nella mia natura, scrivo brani per flussi di coscienza e mai per imposizione. Credo che sia stato quando ho iniziato a capire che a dedicare una canzone a una ragazza era il passo primario per introdurla nella mia vita e raramente farla uscire, a meno che poi non ci provavi con la sua amica. La mia prima canzone, quindi, sicuramente è stata scritta per una ragazza».
Com’è maturato il tuo modo di scrittura e di fare musica da quando hai iniziato ad oggi?
«Scrivevo principalmente di storie che influenzavano i miei sentimenti, ancora poco maturo sulle vicende che ci circondavano, dopo delusioni relazionali e letture svariate di antologie, romanzi, poesie ho capito che scrivere doveva essere la mia prima voce, quella che non produce suono ma che rimane impressa tra le pagine. Sono affezionato alle cause perse, al razzismo, ai conflitti interiori e problematiche sociali».
Ci sono stati momenti bui, dove hai pensato di mollare tutto?
«In una stanza buia la percezione dei sensi cala drasticamente, in un momento del genere in alcuni individui scaturisce un senso di sopravvivenza e di repulsione al pericolo che, in questo caso, classifichiamo come “momenti bui”. Sono continuamente affiancato da ombre che cercano di sopraffare la mia positività, mollare tutto penso che sia quell’ombra chiamata morte solo quella, forse, potrà farmi cambiare idea».
Stai preparando il tuo cd con l'etichetta discografica Honiro che ti ha scoperto grazie alla tua vittoria in un loro contest. Ci parli di questa esperienza?
«Non ho mai partecipato a un contest in vita mia, ero andato come accompagnatore di un mio carissimo amico, che come tutti gli amici di cui ti fidi ha deciso di consigliarmi di provarci e partecipare, iscritto all’ultimo momento e dopo ore di attesa sono arrivato tra i primi che mi ha permesso appunto questa produzione di un album. Non mi aspettavo di vincere, ma di certo ero sicuro di quello che è il lavoro e l’impegno che ho e sto impegnando nella mia arte, nella mia musica e nelle mie poesie».
Come sarà il tuo cd, qual è il messaggio che vuoi trasmettere con la tua musica?
«Sarà una fragranza a mille odori, abbiamo pescato alcuni brani della mia vecchia formazione, proprio per costruire delle fondamenta solide e poco solide sulla mia strada. Naturalmente ora il mio metodo di scrittura e la causa per la quale mi sto battendo non è spiegata a pieno in questo primo disco. Come inizio sono soddisfatto, contento di questa intesa con Matteo Costanzo che abbraccia la mia follia».
C'è una frase di una tua canzone alla quale sei particolarmente legato e perché?
«Al momento ho diverse frasi che hanno soddisfatto per un momento la mia scrittura:
“L’unica certezza del futuro è l’incertezza”;
“Conquistate nuove terre e nuovi mondi
Viaggiando tra lo spazio e l’universo
La ragione negli abissi più profondi
Ma ci resta la paura del diverso”;
“Ti consegno le mie spoglie
Ti consegno il mio cuore a cena
Deliziati del mio amore perduto per un’indecisione
Perduto per la tua persona fragile e insicura
Di chi ad amarmi non prova più paura”;
“Ho un nodo nella gola confondo il bene con il male
Di tutte queste anime lasciate a naufragare per il mare
Ho un nodo nella gola siamo solo ripugnanti
Migriamo con il pensiero e lo sfoghiamo con i migranti
Ho un nodo nella gola Uno, Nessuno, Centomila
Pirandello ci ha insegnato a riconoscere se stessi
Cambiando mille mostri nell’armadio
Ho un nodo nella gola condivido il mio pensiero
Spero di non essere stato di troppo
Ora me ne vado con il mio solito sorriso
Di chi ha lottato tanto e ancora non è morto”;
“Cerca di capire cosa hai lasciato per la strada e cosa vuoi sul tuo cammino
Con un passo cambi il tempo e con l’altro il tuo destino”;
“Sono stanco di arrivare a fine mese e m’è dolce naufragare in questa rete”.
Poi ci sono alcune poesie e alcune prose alla quale sono particolarmente affezionato. Tendo a non spiegare i miei testi perché sono semplici e possono essere compresi tranquillamente.
Sei giovanissimo e sei emerso artisticamente in un periodo caratterizzato dai talent, cosa ne pensi?
«Non è la mia strada, ho provato in passato, non è il mondo di chi ha da dire qualcosa. É la piattaforma perfetta per modelli, lacrime e showman e showgirl. La musica è fatta di un’altra sostanza».
Un altro elemento che caratterizza la tua generazione è il mondo social, che rapporto hai e quanto pensi possano influire sul successo artistico?
«Come quando al mattino ancora frastornato dalla serata prima cammini e accidentalmente infrangi il tuo mellino al comodino. É un dolore che purtroppo non puoi evitare, è un’era dove abbiamo informatizzato anche i sentimenti. É degenerativa questa malattia, purtroppo e per fortuna nell’ambito artistico possono creare situazioni favorevoli per la carriera, non lo reputo una parte fondamentale per la mia musica e per la mia vita. Voglio fare il cantautore, lasciare un messaggio non farmi inghiottire dall’informazione».