Le cinque rose di Jennifer, la grande sfida dei Fratelli Russo. Recensione
- di Nicola GarofanoDaniele Russo ci conduce in un'inebriante esplorazione dell'identità transgender con una delle diverse storie tra l’immaginifico e il reale uscite dalla penna di Annibale Ruccello, che nelle sue opere scandagliava l’animo delle donne amplificandone la follia, Le cinque rose di Jennifer, un pezzo teatrale cruciale e storico per persone transgender, non binarie e non solo, al Teatro Bellini di Napoli fino al 14 gennaio.
Di Jennifer non conosciamo nulla: quanti anni ha, che lavoro fa? Riusciamo solamente ad evincere abbia una scarsa istruzione scolastica dal modo in cui si esprime; tuttavia, ciò che sembra l’unica informazione degna d’attenzione viene subito resa nota al pubblico: aspetta trepidante una telefonata da un fantomatico Franco, il suo Franco, come se ne valesse della sua stessa vita. Anche l’unico episodio che confessa riguardo il suo vissuto è incentrato sul primo incontro con Franco, avvenuto in discoteca diversi mesi prima. Racconta poi, imbrogliando la vita, come in un triste gioco infantile in cui si costruiscono con la fantasia vite altre, che è stata sposata due volte, ha due bambini, per rendersi più donna, ma sono fuochi fatui.
Entrati nel suo quotidiano scopriamo che vive nella piena solitudine, quella che strazia l’anima, lacera le pelli, forse a causa dell’emarginazione cronica e dell’isolamento cui spesso le persone transgender e con diversità di genere vivono, forse per lo stigma percepito, il rifiuto, la discriminazione o la transfobia interiorizzata cui ne conseguono esiti negativi sulla salute mentale e fisica. Non sappiamo se la paura, una fedeltà sbagliata o la semplice follia spinge Jennifer a rimanere in casa, le fa compagnia la radio che trasmette le canzoni delle icone gay per eccellenza: Mina, Patty Pravo, Ornella Vanoni e un’improbabile Romina Power e programma radio autoctono durante il quale ognuno telefona mettendo a nudo la propria anima in racconti che sprigionano solitudine amara, proprio come quella in cui è immersa Jennifer. La trasmissione, inoltre, con una cadenza che ricorda quella delle campane a morto, trasmette un bollettino di efferati omicidi: diversi “travestiti” del quartiere in cui abita Jennifer vengono assassinati, si presume da un maniaco la cui firma sta in cinque rose rosse lasciate sul corpo di ogni cadavere, le stesse che lei, entrando in scena all’inizio dello spettacolo, porta con sé e aggiusta in un vaso.
La performance straordinaria di Daniele Russo incarna l’estrema e schietta nevrosi di Jennifer che suscita sentimenti di tenerezza e risa amare. Il percorso di Daniele è arduo, tortuoso e sicuramente ne esce spossato da questa sua performance. È incredibilmente difficile ritrarre con precisione personaggi con una debole presa sulla realtà, ma lui dà vita a una performance magistrale e fluida che trasuda autenticità. Come nel caso di alcune manifestazioni di squilibrio mentale, non è sempre facile seguire la progressione del pensiero del personaggio e l’attore lo trasmette senza esagerazioni o caricature.
Una sfida coraggiosa dei fratelli Russo di un'opera che esplora angoli oscuri in scene avvincenti e inquietantemente toccanti, che dà un eccellente materiale drammatico su cui lavorare, e loro non si tirano indietro, riuscendo a mantenere la lenta combustione di Jennifer, una manifestazione della sua estrema malinconia, l’esasperazione e la nevrotica amarezza di fondo, anche se il suo vivace senso dell'umorismo è onnipresente.
Con performance potenti e convincenti e la direzione acuta di Gabriele Russo, hanno creato uno spettacolo straordinario, a volte inquietante, che esplora abilmente la follia, la vanità e il nostro persistente bisogno di amore e compagnia.
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