“I Kiwi di Napoli” al Ridotto del Teatro Mercadante fino al 24 marzo 2019. Recensione
- di Maria BattagliaDopo l’anteprima al Teatro Kohlenpott di Herne, la prima italiana al Nuovo Teatro Sanità e il debutto francese a la Friche la Belle de Mai a Marsiglia, lo spettacolo I Kiwi di Napoli, scritto dal drammaturgo tedesco Philippe Lohle, approda al Ridotto del Teatro Mercadante di Napoli fino al 24 marzo 2019.
Tale rappresentazione nasce nell’ambito del progetto Cities on the Edge, realizzato dal Goethe Institut di Napoli e Marsiglia. Esso è il frutto di una cooperazione artistica internazionale che coinvolge aree territoriali di forte disagio socio-culturale in Italia, Francia e Germania. L’autore del testo ha vissuto per un lungo periodo a Napoli insieme ai giovani del quartiere Sanità e li ha intervistati sulle loro paure squarciando il velo sui numerosi luoghi comuni che esiste tra la cultura italiana e quella tedesca.
Il testo è costituito da tre storie che apparentemente non sono legate tra loro, ma che nel finale trovano un filo conduttore comune.
Le tre storie raccontano tre tipi di paure: la paura di non trovare lavoro e di potersi realizzare nella propria città, la paura della criminalità organizzata e la paura atavica di convivere con il Vesuvio che può risvegliarsi da un momento all’altro.
La traduzione dello spettacolo è affidata a Maria Carmen Morese e Anita Schnierle mentre la regia è di Carlo Geltrude. Il regista dice:«É una possibilità incredibile quella che ci è stata offerta dal Goethe Institut. Non pensavo che il mio debutto alla regia sarebbe stato internazionale. Io sono nato e cresciuto alla Sanità e sin dall’inizio del mio percorso con il Nuovo Teatro Sanità sono stato spinto a uscire fuori dal quartiere e confrontarmi con quello che era oltre la mia visuale prima con i numerosi progetti in giro per l’Italia in cui sono stato coinvolto dal Direttore Artistico Mario Gelardi e poi con la mia formazione all’Accademia del Mercadante e con circa 90 repliche della Paranza dei bambini dall’omonimo libro di Roberto Saviano che mi hanno portato in diverse piazze italiane. Il progetto Cities on the Edge mi ha permesso di fare un salto artistico perché non solo ho potuto realizzare un mio spettacolo ma ho avuto modo di incontrare artisti di diverse nazionalità, di formarmi e confrontarmi e infine di collaborare con loro. Spero che il lavoro di questi anni si veda soprattutto in scena.»
E altroché se si è visto in scena! Lo spettacolo è frizzante, fresco, godibilissimo anche se tratta temi importanti e di scottante attualità.
I giovani interpreti sono spontanei e interagiscono con il pubblico da “attori consumati” manifestando gioia, passione e dedizione al teatro in modo quasi commovente se non fosse che il testo offre battute a raffica con un umorismo che sfiora il grottesco.
A partire dal racconto dei due fratelli che ereditano un terreno in Nuova Zelanda dove crescono frutti esotici alla partenza di Uomo per Genova come ingegnere, al “porta a porta” di Matthias per “piazzare” in ogni casa uno strumento tecnologico che possa prevedere l’eruzione del Vesuvio al “Tour camorristico” tra i luoghi comuni su Napoli, lo spettacolo si dipana sul filo della leggerezza e dell’ironia.
Basta poco per fare teatro: una luce e un telone bianco, la musica delle più belle melodie di Napoli in sottofondo e tanta voglia di “fare il teatro”. Non serve altro.
Una città come Napoli che è “un palcoscenico a cielo aperto”, come diceva Eduardo, deve intensificare il recupero dei ragazzi dei quartieri “a rischio” attraverso attività che stimolino la loro grande fantasia e inventiva.
Gli attori vanno citati a uno a uno per la loro bravura: Vincenzo Antonucci (Enzucc’ Vesuvio), Luigi Bignone (Matthias ‘O Tedesco), Anna De Stefano (Raffaella Rossa), Carlo Geltrude (Don Carlo), Salvatore Nicolella (Sasà Malaterra), Gaetano Migliaccio (Uomo), Federica Totaro (Irene), Beatrice Vento (Donna).
I costumi sono di Alessandra Gaudioso, le scene Professione Teatro, disegno- luci Carmine De Mizio.