Music & Theater

Esce oggi "New York City Life" di Dave Muldoon

"New York City Life" è il primo singolo estratto da "Smoke Steel and Hope"  il nuovo lavoro di Dave Muldoon in uscita il prossimo 6 luglio per la Prismopaco di Diego Galeri. Il secondo disco del cantautore newyorchese di nascita, irlandese d'origini, ma residente dal 2000 nel nostro Paese, arriva a nove anni dal precedente "Little Boy Blue".

L'intenzione di queste dieci nuove canzoni viene riassunta perfettamente dalle tre parole che compongono il titolo. Smoke, come la voce di Dave, fumosa e grattata sull'asfalto, ma anche capace di raccogliere e cavalcare il groove. Steel, come la chitarra del produttore Giovanni Calella (Guignol, Adam Carpet, Georgeanna Kalweit and the Spokes, Alessandro Grazian) che ha lavorato sui brani applicando un suono al contempo roots e metropolitano. E infine Hope, come il mood del disco, forse la vera novità per il songwriter milanese d'adozione, una tendenza alla speranza che spesso si presenta con un approccio corale al cantato e ritornelli molto aperti ed energici.

Grazie anche all'apporto di ospiti come Lino Gatti alla batteria (The Winstons), Milo Scaglioni al basso, Roberto Dellera (The Winstons, Afterhours), Chiara Castello (I'm Not a Blonde) e Micol Martinez ai cori, Dave Muldoon raccoglie a questo giro dieci tracce che raccontano tutta la sua devozione a Dylan – quello di "Oh Mercy" e di "Highway 61 Revisited" – ritagliandosi però lo spazio necessario ad esprimere una scrittura densa e riconoscibile, che lungo la tracklist mantiene l'asticella sempre molto alta.

"Born again Christians are all the same and relationships they're so strange" canta sfacciatamente Dave Muldoon nell'apertura di "Die for you" con il suo groove desertico che fa da spartiacque fra il sound del passato e quello attuale. Un cambio di rotta che si manifesta subito nel singolo "New York City Life", una canzone "sul vivere il sogno della città di New York e sul divenire un artista per le strade della città" dove la malinconia delle strofe ("dopo il 2000 viverci non è stata più la stessa cosa") spalanca un ritornello elegante e arioso. Un brano che ha permesso a Dave di partecipare con un cameo alla serie "Untraditional TV" di Fabio Volo e sarà incluso nel film "Wine To Love" con la partecipazione di Ornella Muti.
"Nothing at all" riecheggia dichiaratamente Sparklehorse, mentre "Destiny's Child" racconta la vita avventurosa di un gruppo di ragazzi sempre sul punto di essere cacciati di casa e "Mountain", col suo fingerpicking leggero che inanella un crescendo elettrificato, sposta il disco verso atmosfere più intime e musicali ("sono stato ispirato nella seconda strofa da Ian Curtis dei Joy Division e ho cantato con la sua 'intenzione'").
 
E' questa del resto la doppia anima di "Smoke Steel and Hope", prima rivolta al mondo – ma sempre da una soggettiva personale – poi concentrata sui rapporti umani e sul significato della vita. Così "Horizon" racconta di uno spaventoso incendio negli spazi naturali di San Miguel, a Ibiza, covando una serie di strofe inquiete vagamente alla Mark Laneganper poi convergere su uno splendido ritornello e una riflessione "sulla fragilità della vita e della stessa terra". E se il latin-rock di "Dancing" "dal vivo può facilmente andare verso la bossa nova" è nella trama travolgente di "Long Time" che emerge più che altrove il lavoro di Calella e dei musicisti coinvolti.
 
"Smoke Steel and Hope" viene sigillato dai due bagliori di luce di "On the radio", "il brano che rappresenta pienamente lo spirito di speranza di questo disco", e sulla chiusura gioiosa di "What you need". "Una volta Michael Stipe – racconta Dave Muldoon – disse che le canzoni sono scritte by people for people ed è quello che abbiamo provato a fare in questo disco".

La canzone presentata dall'artista: New York City Life

Questa canzone parla delle speranze e dei sogni che si hanno quando si molla tutto per andare a New York. E’ la mia storia del 1997, mescolata un poco con parole di Bob Dylan. Andare a vivere a New York è una sensazione talmente forte e a me ha reso un artista. Mi ha mostrato come New York non sia solo “tanti soldi” ma anche arte e stili di vita alternativi. Alla fine o ce la fai o devi andare via. E’ una canzone anche nostalgica poiché parla della città nella quale, secondo me, dopo il 2000 viverci non è stata più la stessa cosa.