Divino e umano in un disastroso autismo nella Brigata Miracoli al Piccolo Bellini. Recensione
- di Nicola Garofanoph. Luca Brunetti
Fino al 5 febbraio al Piccolo Bellini di Napoli sarà in scena Brigata Miracoli, uno spettacolo di Vuccirìa Teatro, drammaturgia e regia Joele Anastasi.
Ambientato in un quartiere siciliano dove Afrodite e la sua famiglia, l’amato Anchise e sua figlia Enea, la madre Dyon e la zia Mena, non più abitanti dell'Olimpo, ma dei che vivono sulla terra in un mondo che fino a poco tempo fa era soggiogato dalla Luna, un’emittente televisiva che aveva invaso il loro quartiere e Afrodite ne era il volto principale. Ne era perché Afrodite scompare spegnendo la Luna e portando con sé il destino deciso per loro.
Afrodite, emblematica incarnazione dell'amore e della bellezza, incapace oramai di condividerla, Anastasi la inserisce in una narrazione amara e dolorosamente triste. E, per i familiari che rimangono amputati dalla sua scomparsa, è una tortura da sopportare è una crudele ridondanza in un mondo che ne ha così bisogno, in questo classico quartiere del Sud dove dalla finestra esce un’assordante canzone neomelodica e urla di discussioni di chi lo vive, in un dialetto siciliano stretto e veloce poco fruibile all’ascoltatore, la narrazione combina abilmente una serie di contrasti tra umanità, il pubblico e divinità, gli attori. Afrodite viene trovata ma in uno stato catatonico. All’inizio non sanno cosa sia, coma, catalessia? I dottori si pronunciano parlando di Sindrome della Rassegnazione, ma non sanno esattamente cosa sia. La sindrome della rassegnazione è essenzialmente una condizione dissociativa che induce la persona in uno stato catatonico. In parole povere, è un disturbo che porta a ritirarsi in uno stato simile al coma dopo un grave trauma psicologico. I medici non hanno una vera pista su ciò che realmente causa questa sindrome. Senza prove concrete del motivo per cui questa condizione si sviluppa, i confini si confondono tra le cause del suo trauma: il conflitto senza fine, l'inutilità di combattere senza vittoria, la perdita dell'amore della sua vita, la sofferenza di Afrodite, esteta ormai incapace di vivere, perennemente frustrata, si ritrova in una grottesca pena infernale, nel vortice degli attuali social voraci di fama, l'altra faccia del consumismo volgare.
Joele Anastasi è Anchise, Federica Carruba Toscano è Dyon, Adelaide Di Bitonto è Mena, Beatrice Vento è Enea, Enrico Sortino, attori eccellenti con la grande attenzione alla dizione, allo stile e alla tecnica narrativa che chiarisce quanto abilmente Brigata Miracoli narra la simultanea sconfitta e trionfo di Afrodite. Non posso fingere di aver ancora afferrato tutto il coraggio di questo pezzo, ma so che non ho smesso di pensarci. Come un cubo di Rubik, mentre guardo le sue facce, in ognuna vedo una diversa configurazione delle sue caratteristiche ma nessuna indica la chiave di come la necrosi devastante portata dalla mentalità egocentrica, il suo tendere alla non-vita, interrompe l'andamento tranquillo dell’umanità votata ai vari TikTok, Amazon, Instagram, Google, etc. adulterato da un disastroso autismo che spezza ogni legame tra l'uomo e il reale, come lo stato in cui è caduta Afrodite. Questo pezzo di teatro è una splendida testimonianza dell'evoluzione della condizione umana e di quanto sia complesso vivere in un ritmo di appetito soddisfacimento-assuefazione-nausea che ha trasformato l'intera esistenza in un rituale vuoto che distrugge la vita della persona, cancella ogni suo rapporto con esseri esterni all'io.