Corpi Fragili, il primo album degli Hotel Monroe. Intervista
- di Nicola Di DioEsce il 12 aprile Corpi fragili, il primo disco degli Hotel Monroe ed è subito grande energia!
«In quest'ultimo anno - raccontano gli Hotel Monroe - sono successe talmente tante cose che quasifacciamo fatica a rendercene conto e,sicuramente, l'incontro con il nostro attuale produttore,Roberto Drovandi, è stato unosparti acque fondamentale perchè grazie alla sua esperienza abbiamo cambiato il nostromodo di lavorare, sia in studio che live..Concorsi, concerti e, per finire, un'esperienza incredibile in quel di Sanremo, nel periododel festival, ci ha fatto arrivare all'uscita del disco che, credeteci, rappresenta un qualcosadi davvero incredibile per noi».
Gli Hotel Monroe sono: Roberto Mori, Voce, Nicola Pellinghelli, sintetizzatori e programmazione, Enrico Manini alla chiatarra, Luca Sardella al basso e Marco Barili alla batteria.
Per gli Hotel Monroe abbiamo intervistato Nicola Pellinghelli che ci ha presentato il loro primo album "Corpi Fragili".
“L'ultima cosa che” è la canzone che apre l’album "Corpi Fragili". Questa canzone tratta della scelta che deve affrontare un uomo, scegliere tra la libertà e il rimpianto di non averla scelta. Com'è nata questa canzone e che cosa volete comunicarci?
«La cosa che ci siamo accorti, del mondo che ci circonda e anche nella vita di tutti i giorni, è che spesse volte non si sceglie più, a partire dalle cose più banali, si è sempre indotti o vincolati a quello che decide qualcun altro, non si è più liberi di una scelta propria, con un proprio pensiero perchè bisogna sempre andare dietro a quello che uno vuole da te. Abbiamo trattato, quindi, questa tematica, cioè quanto è ancora importante scegliere. La scelta è la vera rivoluzione di questo periodo sia musicale sia sociale. Se le persone si mettessero a scegliere, le cose potrebbero anche cambiare».
Bisognerebbe essere sempre se stessi, quindi la vostra domanda è se essere se stessi o meno?
«Esatto, ci vuole tanto coraggio ed essere disposti a perdere anche qualcosa, nel senso che oggi non conviene scegliere, ma sottostare agli schemi e uniformarsi, conviene assecondare il proprio pensiero per lasciare spazio anche all'idea altrui, “se la cosa porta ai miei interessi perché no” e questo modo di pensare è diventato ormai cultura e ci spaventa perché può essere un autodistruzione».
In “Ho visto l'amore cambiare colore” avete trattato il tema dell’amore, un amore che è talmente forte da riuscire a trasformare la vita dei protagonisti della canzone. Avete curato, il tema dell'amore, in modo molto meticoloso sia nel testo sia nella musica e da questo si evince una vostra approfondita ricerca in entrambi gli aspetti...
«Certo, noi non avevamo mai trattato il tema “amore” l'hanno fatto tanti artisti e noi mai. Questa canzone era stata esclusa dal primo EP ed era già qualche anno che era lì in incubazione. A un certo punto, dopo un viaggio, ci siamo ritirati in una casa in un bosco e abbiamo scelto le canzoni che sono finite in questo album, lì è nata questa canzone. Lo raccontiamo anche in un video, che è su YouTube, "Ho visto l’amore cambiare colore video Tales" dove raccontiamo quello che è successo, raccontiamo qual è la goccia che ha fatto traboccare il vaso, che ci ha fatto vedere che cos'è quest'amore che cambia colore. É molto legato al primo singolo, in realtà, "L'ultima cosa che" perchè l'amore, oggi, lo si vende come un qualcosa di sentimentale, come un qualcosa che ti viene dalla pancia, in realtà, l'amore secondo noi, viene più dalla testa e dal cuore. É un qualcosa che va scelto e torniamo a “l'ultima cosa che” non possiamo sottostare sempre ai nostri impulsi, uno perché non siamo come gli animali, ma siamo dotati della ragione che è anche dimostrato scientificamente che gli animali non hanno».
Aristotele disse che l’uomo è un animale razionale...
«Esattamente, e al tempo stesso ci vuole coraggio nell’amore, che non è essenzialmente un amore tra uomo e donna. Nel videoclip noi abbiamo messo due ballerini di danza classica che passano una vita intera a capire come muovere quel piede. Quello per noi è la dimensione dell’amore, è quella la profondità alla quale si deve arrivare per raggiungere davvero quella libertà di cui si può vivere, sia nella propria storia sentimentale piuttosto che nel proprio rapporto lavoro».
"Ho visto l’amore cambiare colore", avete dichiarato essere nato da una sperimentazione. Quando sento il termine sperimentare in musica, la mente mi porta a un periodo preciso della musica, in particolare agli anni ‘70 il periodo del prog italiano e internazionale, visto che il prog è un genere di sperimentazione. Voi cosa intendete per sperimentazione in questo brano?
«Esatto, con la musica prog sfondi una porta aperta, perché a noi ci piace tanto andare sull’elettronica, sui sintetizzatori, su queste sonorità. In questa canzone per noi sperimentare è togliere tutto quello che è musica da computer, musica fatta con effetti per ritornare a una musica un po' più classica, tornare agli strumenti il pianoforte, gli archi, la batteria, il basso e la chitarra “alla semplicità”. Per noi è stato molto difficile raggiungere quel risultato perché non è facile senza artefatti. Anche se questi effetti aiutano anche dal punto di vista emozionale e anche dal punto di vista della comunicazione sonora. Invece, per noi, tornare agli strumenti voleva dire quello, sperimentare, cioè rimettersi lì con gli strumenti di base e sicuramente l'intervento del nostro produttore Roberto Drovandi, bassista degli Stadio, ha dato e ha plasmato tutto il disco e anche questo brano in particolare».
Rebecca, invece, chi è o che cos'è?
«Rebecca è un quadro, è un'illusione e l'idea nasce dal nostro chitarrista Enrico Manini, che è un grande artista grafico, lui fa graphic design, fa proprio quadri con la tavolozza grafica, ha lavorato con l’aerografo, ha lavorato con la Ferrari, è un’artista a 360°. L’idea è nata da lì, ci ha fatto pensare che il protagonista di questa canzone sia questo artista, che è proprio Enrico, che disegna questo quadro e che diventa talmente bello che di notte prende vita. Questo artista s'illude che sia vera poi, quando ritorna il giorno, tutto svanisce come una grande illusione. Abbiamo viaggiato con la fantasia tra l’amore per l’arte, non solo musicale, e la pittura e abbiamo provato a inventarci questa storia che parla di un amore impossibile, di un amore che non esiste».
Nell’album c’è una cover di un grande artista italiano, che ha segnato gli anni '80 in Italia che è Shalpy, la canzone è Rocking Rolling. Com’è nata l’idea di inserirla nell’album?
«La troviamo molto attuale, nel senso che il testo ci parlava. Noi, i musicisti di professione non lo facciamo, ma come mestiere lo facciamo davvero, nel senso che il carico di ore che occupiamo per il nostro lavoro è paritario a quello che occupiamo per la musica, anzi per la musica un pò di più (ride), perchè suoniamo tutte le notti, i weekend sono sempre impegnati e, quindi, a un certo punto questa canzone ci parlava, ci diceva “ci hanno detto di non suonare più” e, invece, il nostro grande sogno è quello di suonare la nostra musica affinchè ci permetta di vivere in modo normale, però dobbiamo ancora fare “una scarpa e una ciabatta” perchè si fa quello che si può, perchè ci sono voluti tanti sacrifici per realizzare questo prodotto. Ci siamo ritrovati molto nel testo. Poi è un artista della nostra città che volevamo omaggiare. Noi abbiamo anche omaggiato I Corvi, sia nei nostri live sia nel precedente EP con "Ragazzo di strada", anche perchè il nostro bassista, Luca Sardella, ha suonato molti anni con I Corvi fino alla scomparsa di Angelo, il cantante, quindi, omaggiare le realtà importanti della nostra città è stato sempre un qualcosa che ci ha accompagnato nel tempo».
Nella vostra musica, quindi, c’è una ricerca nella storia della musica italiana?
«Certo, ad esempio, il nostro cantante è innamorato di Franco Battiato, il suo idolo incontrastato. Ci rifacciamo molto a quello che è stato nella musica italiana perché siamo un popolo di cantautori e di una musica eccezionale. Io mi rifaccio molto a sonorità anglosassoni con i sintetizzatori, mi piacciono i Muse e questa esperienza di band, che dura da tantissimo tempo, mi ha aiutato a entrare nella ricchezza italiana da questo punto di vista, che è incredibile».
Quando parli di sintetizzatori e musica inglese mi vengono in mente gli Eurythmics, Tears for Fears, Dead or Alive, Depeche Mode per citarne alcuni…
«Esatto, noi da quel punto di vista non siamo ancora molto pronti, magari non saremo proprio così però ci sta perchè i Negramaro ce lo stanno facendo sentire, un qualcosa su queste sonorità che ogni tanto entrano».
"Corpi Fragili" è un album nato da un crowfunding. Qual è stato il processo che vi ha portato dal crowfunding alla realizzazione dell’album?
«Il crowfunding è avvenuto due anni fa, infatti, noi lo diciamo sempre nelle interviste e abbaimo sempre chiesto scusa ai nostri finanziatori, perchè loro hanno dato quello che hanno potuto, ed è stato un successo. Poi l’idea era quella di far uscire l'album da li a pochi mesi, però ci siamo incontrati con Roberto Drovandi ed è cambiato tutto, in positivo. É cambiato il nostro approccio alla musica, è diventata più di un passatempo, è cambiato il nostro modo di lavorare, per questo siamo andati così lunghi, però pensiamo che ne sia valsa la pena».
Mi hanno incuriosito due brani “Nuovi Mondi” e “Corpi Fragili”. In Nuovi Mondi dite “siamo dei sassi ma sogniamo il vento”, invece, in “Corpi Fragili” dite “siamo solo polvere” c'è questo passaggio dal sentirsi dei sassi, all'essere polvere. É un’associazione che ho fatto solo io o possiamo ragionarci su?
«Interessante, non ce l’aveva detto nessuno prima, è bellissimo perchè mi dai un punto di vista a cui non avevamo pensato. Questo disco non è un concept, però ci siamo accorti che, in qualche modo, ragionando e guardando il mondo da vari punti di vista, le cose si collegano come dicevamo prima con i singoli “L'ultima cosa che” e “Ho visto l’amore cambiare colore”. Questo ragionamento che fai non è sbagliato. Gli uomini, pensiamo a noi stessi in primis, sono ricchi di contraddizioni, ma quello che ricerchiamo è sempre la felicità o comunque libertà. Corpi Fragili, che dà il titolo all’album, è riconoscerci piccoli, fragili come è anche rappresentato nella copertina del disco, noi che abbiamo in mano delle bolle che al loro interno hanno le canzoni. Noi siamo piccoli e fragili, ma se facciamo delle scelte, se seguiamo l'amore, possiamo diventare e realizzare anche cose grandi, come tante persone della storia ci hanno dimostrato. Diciamo che l’uomo in se ha tutte queste componenti poi sta a ognuno scegliere».
Cercando di scegliere in modo corretto, senza avere rimpianti…
«La chiave è nell’insieme, noi ci siamo accorti che vivere in una band è quello che ci rende davvero felici, siamo sempre pronti a perdere la nostra idea. Quando perdi la tua idea è perchè ne trovi una più grande e molto più completa di quella che avevi inizialmente, è sempre un'interazione tra le persone. Questi rapporti che oggi si scontrano tra loro, magari una volta, quando la gente poteva un pò meno, c’erano di più, ad esempio, se avevi bisogno del pane, allora, lo andavi a chiedere al vicino. Oggi questi valori non ci sono più vanno un pò riscoperti».
Bisogna tornare a dei valori che non abbiamo dimenticato, ma che abbiamo seppellito sotto la polvere per rimanere in tema di Corpi Fragili...
Abbiamo detto che “Rebecca” è nata da un quadro, la pittura ha ispirato una canzone, invece, io ti dico che mi piace abbinare la musica alla cucina e, quindi, ti chiedo se voi foste un piatto che piatto sareste?
«Bella domanda (ride), siamo emiliani, non possiamo tralasciare un bel piatto di cappelletti in brodo perchè quello siamo. Però, se come band fossimo un piatto, saremmo un qualcosa di molto energico, una combinazione un pò moderna, ad esempio, il dolce abbinato a una cosa salatissima o al piccante, il bianco e nero perchè noi siamo molto diversi tra noi, ascoltiamo tutti i generi di musica diversi, però è dal 2005 che siamo insieme».
Un piatto con degli ingredienti che, se presi singolarmente, sembrerebbero non poter coesistere ma che abbinati tra loro creano gran buon piatto...
Tracklist dell'album:
1) L'ultima cosa che (feat Dank);
2) Nuovi Mondi;
3) Ho visto l'amore cambiare colore;
4) Rebecca;
5) Rocking Roling;
6) White fox;
7) Corpi fragili;
8) Under the ash (bonus track solo su cd);