Continua il successo di Eclipse di Chiara Civello, in uscita internazionale a settembre. Intervista
- di Nicola GarofanoEclipse l’ultimo album di Chiara Civello da settembre sarà distribuito anche in Europa e in America, anche se Chiara è ancora impegnata con le ultime date del suo tour italiano, domenica 9 settembre sarà in concerto a Catania, presso il Palazzo della Cultura (Cortile Platamone, via Landolina - inizio concerto ore 21.00) e sarà accompagnata sul palco da Seby Burgio (tastiere, pianoforte) e Federico Scettri (batteria, elettronica).
Chiara Civello plasma per i suoi brani incursioni musicali in stili da luoghi apparentemente esotici, un'ondata di musica bossa nova brasiliana e musica samba, miscele interculturali con l'elettronica e il pop, con risultati affascinanti, creando così il suo marchio di fabbrica, come lo è la sua straordinaria voce melodiosa e armonica che si fonde in una meravigliosa sofisticazione sonora.
Parliamo di questo tour. Sei soddisfatta? E qual è la critica più bella ricevuta e il complimento più bello ricevuto dal pubblico…
«Il tour è andato benissimo ed è iniziato un po' di tempo fa, poi ho preso parte anche alla tournée di Gilberto Gil in tutta Europa, che è finita da poco. Mi sembra stia andando molto bene, il disco è stato accolto positivamente ed è un disco cui sono molto legata. Il produttore è riuscito a sintetizzare gli elementi portanti di quello che mi caratterizza con una visione molto moderna e interessante prima di tutto per me, poi sembra sia stato ricevuto bene dalla critica e dal pubblico. E poi per me ogni concerto è un regalo che mi faccio, perché a me cantare piace.»
Ci sarà anche un tour invernale o ti fermerai?
«Adesso mi devo fermare un po' e, probabilmente, prima del nuovo anno, farò qualche piccola apparizione qui e lì, perché da fine settembre si apre un periodo più intenso, farò promozione all'estero, perché il disco sta per uscire in Francia, Germania e anche negli Stati Uniti e, quindi, mi dovrò dedicare un po' ad altri Paesi e dopo mi fermerò per un po', per fare un bilancio per il prossimo lavoro.»
In Eclipse le tue canzoni parlano di amori viscerali, travolgenti, ma anche controversi, indefiniti, incerti… vivi molto d’amore?
«Beh sì. Chi non vive d'amore? E chi non lo fa, si deve porre qualche domanda perché l'amore è in ogni cosa.»
Hai anche degli ottimi autori e anche tu scrivi molto…
«Sono coautori in generale, io non faccio mai una cosa o l'altra, si fa tutto insieme, la scrittura la concepisco così non c'è chi fa una cosa e chi ne fa un'altra. Nel momento in cui un'idea nasce, si lavora tutti insieme. A volte sono le musiche mie e le parole insieme con un altro autore, come, ad esempio, con Cristina Donà, ripeto, non c'è chi ha fatto una cosa e chi l’altra, tutte le mie collaborazioni sono “tutti fanno tutto”.»
Hai collaborato in Eclipse con alcuni autori importanti della scena italiana, un po' come negli anni 80 che quando si preparava un album si cercavano autori validi e di spessore per fare un ottimo album. Hai fatto tu questa scelta o sono amici o persone che hai incontrato lungo il tuo percorso?
«Alcuni sono amici, altri li ho conosciuti strada facendo e ho scelto loro per collaborare nella scrittura per i nuovi brani, perché sono le voci più evocative e che avevo bisogno in quel momento, nel 2015-2016, come Diego Mancino, Francesco Bianconi, Kaballà, Dimartino, Diana Tejera, Cristina Donà e due brasiliani che fanno parte un po' della mia frequentazione, Rubinho Jacobina e Pedro Sà.»
C’è un’esperienza che ti ha segnata molto, professionalmente parlando s’intende, durante queste collaborazioni?
«Sicuramente scrivere con Burt Bacharach. È stato un battesimo abbastanza importante per me, dal punto di vista compositivo. Scrivere con un luminare di questa valenza al primo disco per me è stata un’iniziazione molto importante, sotto tutti i punti di vista. Il fatto che lui abbia avuto la generosità di collaborare con una principiante, una ragazza che iniziava a incidere le prime canzoni e il fatto che lui abbia concesso e accettato l'idea di collaborare con una persona che non era famosa, che stava soltanto iniziando, è stato per me un grande esempio, anche dal punto di vista morale. E poi, l'aver scritto con lui, è stato fondamentale per il mio imprinting personale, per come oggi mi approccio alla composizione.»
Parliamo degli anni prima di compiere i diciotto anni, prima di partire per l’America. Che cosa facevi? Pianobar, avevi una band, studiavi e cosa?
«Andavo a scuola, al liceo classico e ho sempre cantato, da quando avevo quattordici anni, cantavo jazz, facevo lezioni, avevo vari gruppi, avevo un gruppo di soul e poi Mario Raja mi chiamò in questa sua Big Band e mi ricordo che a volte non andavo a scuola per registrare con lui o provare con lui, insomma, ero sempre molto attiva.»
Qual è stata la tua formazione musicale durante l'adolescenza, che poi ti ha portato a quella che sei oggi?
«Durante l'adolescenza mi ricordo che frequentavo il liceo e andavo in questa scuola di musica a Roma che si chiama Saint Louis, che oggi è diventato un college accreditatissimo, poi a sedici anni ho fatto un'audizione per prendere la borsa di studio per andare a Boston presso il Berklee College of Music, quindi ho finito il liceo classico e sono partita.»
Qual è stato il fattore decisivo per cui ha voluto fare la cantante, questo viaggio a Boston o cosa?
«Già prima ero interessata, ma, in realtà, io non ho mai voluto fare la cantante. Non è una cosa che uno sceglie, ci si trova dentro. Anzi, io ringrazio l’incoscienza di aver preso quella strada, si segue senza rendersene conto, perché se avessi cominciato a pensare a: come sopravviverò, ce la farò, non ce la farò, probabilmente i fantasmi mi avrebbero assalito e mi avrebbero fatto fare una scelta più sicura, invece, è stata la giusta dose d'incoscienza, la giusta dose di fare musica, la giusta dose di grande curiosità che, poi, sono gli stessi ingredienti che mi animano adesso.»
Tu hai una voce molto melodiosa. Cosa pensi del canto urlato?
«Non lo so. Io faccio parte del silenzio, senza riempire e ostentare il grido di per se. Per cantare a mio avviso non bisogna essere schiavi dell'esibizione e caricarla con l'ansia di non arrivare. Cantare per me è un modo di essere, di vivere. Io sono molto fan del togliere il più possibile, di lasciare che il silenzio guidi, è una scelta in cui credo fermamente.»
Tra il tour e i vari impegni stai scrivendo anche dei nuovi brani?
«Adesso sto nella fase che penso che non riuscirò più a scrivere una canzone, ormai mi conosco sono così. Devo passare questo periodo, poi mi fermo e le cose arrivano.»
Nessuna anticipazione, allora, su un futuro album…
«In realtà, un paio di brani li ho scritti, però mi sto facendo altre domande, perché poi è difficile staccare per fare un bilancio, perché c’è sempre qualcosa da fare. Adesso devo andare in Francia, sarò fuori per tanto tempo, poi dovrei andare in Brasile, negli Stati Uniti, quindi, è difficile trovare un varco in cui io possa fermarmi un po' in ascolto, voglio ritrovare un momento di calma per fare alcune considerazioni.»
E chissà che durante questi viaggi troverai qualche musicista particolare per una collaborazione a questo nuovo album…
«Ho scritto un po' di cose, ripeto, un nuovo brano con Rocco Papaleo, che è un grande amico e penso sia una canzone veramente stupenda. Insomma, stavo scrivendo non con un contenitore in mente, non pensando al prossimo disco sarà così.»