«C’è un’opportunità nella tragedia, portiamo anche lo studio della materia teatrale all’interno delle scuole» ha detto D’Alatri nella diretta Instagram con l’attrice Tiziana De Giacomo
- di Nicola GarofanoFoto di Andrea Errico
L’attrice Tiziana De Giacomo ha richiamato a raccolta alcuni dei suoi amici e colleghi, Carlo Cerciello Gennaro Silvestro, Gennaro Monti, Francesco Scarano, Alessandro Quarta, Fiorenza Calogero, Maurizio Casagrande, Alessandro D’Alatri, in una sorta di salotto virtuale in una diretta su Instagram di alcuni giorni fa, sulle conseguenze della pandemia evidenziando le difficoltà nell'affrontare una crisi senza precedenti e, soprattutto, senza prospettiva alcuna per il mondo del teatro e del cinema con conseguenze finanziarie che saranno avvertite da studi, registi, proprietari di spettacoli teatrali, tecnici, sarte, uffici stampa e altri per mesi o addirittura anni e molte piccole realtà e liberi professionisti, indispensabili per il settore, potrebbe affrontare il fallimento.
Un’interessante proposta è arrivata dall’intervento del regista Alessandro D’Alatri, cui riportiamo la sua dichiarazione durante la diretta Instagram della De Giacomo:
«Stiamo lavorando su un ritardo genetico grave, cioè tutto il teatro non si è organizzato in questi decenni, non parlo di pochi mesi, quindi, è un problema serio, di struttura, di rappresentanza, soprattutto d’interesse della politica nei confronti del teatro. Siamo merce da poco, valiamo poco dal punto di vista politico, c’è da fare un recupero molto importante e anche rapidamente, perché questo possa essere l’occasione per far scattare una sinergia nuova. È vero che c’è un’opportunità nella tragedia. Questo non sarà solo un problema legato al teatro, naturalmente, anche nel mondo del cinema, adesso è uscito il protocollo di cosa saranno i set. Una volta si faceva un programma in un giorno, con questo protocollo ci vorranno almeno tre giorni, quindi, ci sarà un problema industriale gravissimo. Aprire a dicembre i teatri e i cinema significa andare a mettere a repentaglio quel lavoro di fidelizzazione con il pubblico. Chi entrerà in un cinema o teatro? E, soprattutto, con questo rischio. Quale industria, se non quella pubblica, andrà ad affrontare il progetto? Probabilmente, se ci saranno delle riconversioni industriali nei confronti del teatro, andranno nei confronti degli stabili, delle istituzioni riconosciute e sarà tagliato fuori, invece, tutto il grande mare che produce la vitalità anche degli stabili. Ci vuole un lavoro concreto e di pensare che ci sarà almeno un anno sabbatico per le maestranze, per le persone che lavorano nel teatro e ciò deve andare a ricadere, immediatamente, con gli interventi del Fus. Fondo che deve andare distribuito ai lavoratori e non più agli allestimenti e mettere in condizione, poi, al teatro di entrare nelle scuole. Le scuole avranno lo stesso problema, le scuole partiranno, le università e i licei anche, riaprire un discorso territoriale laddove ci sono gli artisti, ogni artista adotta una scuola, dalla materna all’università, mettendo in condizione di ristabilire un rapporto di fidelizzazione con la gente. Questo è un programma che sta nel progetto ministeriale dell’ultima riforma, “lo studio della materia teatrale all’interno delle scuole”, nessuno ne ha più parlato, questa è l’occasione giusta di costruite sia una fidelizzazione con un nuovo pubblico sia fare cultura, riportare la voce cultura a livello degno di quello che è la scuola che è andata proprio nel baratro in questi ultimi anni. Credo si possa cominciare a ragionare su quanto detto e si possa spostare anche l’interesse ministeriale, non si deve parlare solo con il Mibact, ma anche con quello della pubblica istruzione e con l’Europa. Questa è la seconda pandemia del Paese, quella culturale, cominciata da molto tempo, questo sarebbe il colpo finale».
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Sarà impossibile a breve termine ritornare ad affollare i teatri, i cinema e per ora il Governo non sta formulando nessuna proposta per il mondo dell’arte. Al di là, però, dei programmi di sovvenzione per aiutare a compensare i singoli artisti e i liberi professionisti per i guadagni persi e, quindi, la possibilità di pagarsi l'affitto, il cibo e le bollette essenziali, bisognerà dare dignità all’arte e agli artisti. Farli tornare sul palco, sui set, tornare ad avere un contatto umano e di amore con il proprio pubblico e bisogna ricordare che alcuni artisti vivono senza reti di sicurezza, lavorando di concerto in concerto, evento per evento.