Music & Theater

Al Teatro San Ferdinando di Napoli fino al 17 febbraio 2019 Assunta Spina di Salvatore Di Giacomo.

Uno dei drammi più famosi della tradizione teatrale napoletana scritto da Salvatore Di Giacomo nel lontano 1909, Assunta Spina,vede un nuovo allestimento in prima nazionale, al Teatro San Ferdinando di Napoli, fino al 17 febbraio 2019, per la regia di Pino Carbone.

Gli interpreti sono:Chiara Baffi, Alessandra Borgia, Anna Carla Broegg, Valentina Curatoli, Renato De Simone, Claudio Di Palma, Francesca Muoio, Alfonso Postiglione e Rita Russo.

Assunta Spina incarna uno dei personaggi di maggiore spessore della scena narrativa del ‘900, le cui amare vicende hanno dato luogo a diverse forme di spettacolo, dal cinema alla televisione, dal teatro all’opera lirica. Ricordiamo l’omonimo film muto del 1915 con una leggendaria Francesca Bertini, quello del 1948 per la regia di Mario Mattoli con una passionale Anna Magnani, uno sceneggiato televisivo con Lina Sastri datato 1992 per la regia di Sandro Bolchi e ancora una miniserie televisiva del 2006 con Bianca Guaccero per la regia di Riccardo Milani.

La vicenda è nota. Napoli, inizi del ‘900. Assunta Spina è un’avvenente ragazza, proprietaria di una stireria. Ella ha una relazione con il macellaio Michele Boccadifuoco che, per gelosia, le sfregia il volto il giorno del suo compleanno. Michele viene arrestato e dopo un regolare processo, condannato a due anni di reclusione da scontare nel carcere di Avellino. Pur di farlo rimanere a Napoli, Assunta intraprende una relazione sentimentale con Federico Funelli, il giovane cancelliere del Tribunale. Col tempo Assunta si innamora di Federico ma questi si allontana sempre di più da lei. Una sera la giovane dà appuntamento a Federico per chiarire il loro rapporto. Nel frattempo Michele è stato scarcerato e si reca a casa di Assunta. Venuto a conoscenza del tradimento uccide Michele, ma la ragazza decide di andare in carcere al suo posto addossandosi la colpa di tutto.

                       

Il regista Pino Carbone dice: «Abbiamo lavorato ad Assunta Spina di Di Giacomo immaginandolo come un opera lirica… I personaggi giocano con il fuoco delle passioni e ne restano bruciati. Non possono fare altro che lasciarsi guardare, giudicare e condannare… In Assunta Spina s’intrecciano molte tematiche universali che ancora ci appartengono. Una di esse è la complessità, la scomodità e l’inadeguatezza della giustizia. Ho affrontato il testo come una tragedia classica. Le vicende di Assunta da private diventano pubbliche e l’opera contiene le passioni assolute tipiche di ogni tragedia: il tradimento, la sopraffazione, l’onore, l’abbandono, il sangue, la vendetta fino al sacrificio finale della protagonista che si immola di sua volontà come capro espiatorio per colpe non commesse.»

Affrontare un dramma di tale spessore non è semplice visto che le vicende di Assunta Spina non solo sono note ma hanno, come abbiamo evidenziato, un passato glorioso” di interpretazioni e adattamenti da far venire qualche timore nel riproporne una nuova versione. Infatti, lo spettacolo manca di passionalità e di coinvolgimento emotivo. La protagonista Chiara Baffi ci propone un’ Assunta priva di quella visceralità da popolana dai forti contrasti, ingabbiata in una scenografia che la costringe a restare in scena anche in momenti narrativi che non richiedono la sua presenza. Certamente le sue urla, a volte, inappropriate, non sono garanzia della sua passionalità che si finge prorompente.

La storia intima di Assunta ma volutamente resa pubblica, si snoda su un tappeto di rose rosa e scarlatte (per sottolineare la Spina?) che gli attori, ben più di quelli che il dramma di Di Giacomo prevede, calpestano continuamente ma senza “pungersi” perché sono visti dal regista in modo caricaturale e macchiettistico. Si declama “‘A resata” di Nicola Maldacea e si ripropongono quelle atmosfere da Bella Epoque francese, da Cafè Chantant che stonano con la vicenda tragica di Assunta e, in particolare, l’omicidio di Federico Funelli appare come un numero da avanspettacolo.

                      

Michele Buttafuoco ripete per ben tre volte l’uccisione di Federico, scandendo il tempo della musica bandistica al pari di un direttore d’orchestra, invitando gli altri attori della compagnia a verificare l’avvenuta morte del suo rivale. Tutto questo fa perdere pathos alla scena che è importantissima ai fini narrativi e giustifica la conseguente immolazione della protagonista. Insomma, non si sollecita la commozione del pubblico .

Gli amplessi tra Federico e Assunta sono costruiti in modo caricaturale e non bastano i “gridolini di piacere” della Baffi a renderli credibili.

Nel trucco e parrucco e negli abiti c’è la ricerca di colori accesi per sottolineare “la sfrontatezza delle passioni” come ci dice Carboni nelle sue note di regia, ma esse vengono affievolite da una recitazione urlata e da manuale.

Ricordiamo che le scene sono di Luigi Ferrigno, i costumi di Annamaria Morelli, le luci di Cesare Accetta e le musiche di Marco Messina e Sacha Ricci.

INFO www.teatrostabilenapoli.it