Al Teatro Mercadante di Napoli fino al 17 febbraio 2019 "Il Penitente" di David Mamet. Recensione
- di Maria BattagliaLuca Barbareschi dirige ed interpreta Il penitente al Teatro Mercadante di Napoli fino al 17 febbraio 2019, affiancato da Lunetta Savino, Duccio Camerini e Massimo Reale.
Lo spettacolo, tratto dall’omonimo testo scritto nel 2016 dal noto drammaturgo americano David Mamet, vincitore del prestigioso Premio Pulitzer per Glengarry Glen Ross, racconta le vicende di uno psichiatra che affronta una profonda crisi professionale e morale quando si rifiuta di testimoniare in tribunale a favore di un suo paziente accusato di aver compiuto una strage. Questa decisione si ripercuote sulla sua vita matrimoniale in quanto sua moglie Kath non comprende appieno le ragioni profonde di tale scelta.
Coinvolto in un sospetto di omofobia, “il penitente” subisce una vera gogna mediatica e viene sbattuto “come mostro in prima pagina” perché tutti vanno alla ricerca di un colpevole e tutti sono pronti a giudicare senza conoscere veramente i fatti.
Soprattutto nei dialoghi tra moglie e marito si nota l’attualità del testo di Mamet che, nello scrivere questo dramma si è ispirato ad una storia realmente accaduta.
I temi trattati sono molteplici: l’influenza della stampa come fonte di informazione ma anche di manipolazione delle masse, il non sempre felice rapporto del cittadino con la giustizia, la strumentalizzazione delle leggi, le connessioni tra la dimensione privata, pubblica e familiare, il credo religioso. (Charles, lo psichiatra, è ebreo).
Luca Barbareschi spiega:”Ho scelto questo lavoro di David Mamet perché è una lucida analisi del rapporto alterato tra comunicazione, spiritualità e giustizia nella società contemporanea. Il penitente è la vittima dell’inquisizione operata dai media . É ciò che accade all’individuo quando viene attaccato dalla società nella quale vive ed opera, quando la giustizia crea discriminazione per avvalorare una tesi utilizzando a questo fine l’appartenenza religiosa. L’autore racchiude questo panorama in otto scene ed altrettanti otto atti di confronto tra marito e moglie con la presenza della pubblica accusa e con il proprio avvocato fino al colpo di scena finale”.
Il penitente è uno spettacolo ben costruito e raffinato. Gli attori interagiscono tra loro in una scenografia geometrica, essenziale ma efficace ideata da Tommaso Ferraresi.
Luca Barbareschi si immedesima nel personaggio di Charles al punto da sottolinearne con rara intensità gli stati d’animo più veri e profondi e si nota che i temi affrontati dal testo gli sono cari e congeniali.
Lunetta Savino, dismessi da tempo gli abiti della colf Cettina nella fiction televisiva “Un medico in famiglia” che le ha dato notorietà e affetto da parte del pubblico, passando per esperienze sempre più gratificanti al cinema di qualità (un solo nome: Ozpetek), interpreta con grande forza espressiva il ruolo della moglie tormentata dal rifiuto della società verso chi non si adegua a comportamenti socialmente accettati e condivisi.
Duccio Camerini, nel ruolo della pubblica accusa, appare severo e spietato e, quindi, credibile nel mettere ancor più in difficoltà il protagonista del dramma già fortemente confuso di suo.
Massimo Reale, l’avvocato che dovrebbe difendere lo psichiatra, è abile nel giocare la sua ambiguità di amico-nemico fino alla fine del dramma.
Al termine della rappresentazione il pubblico continua a farsi domande e tutto ciò costituisce uno dei tanti pregi dello spettacolo.
Gli spettatori escono dal teatro con la consapevolezza che ciascuno di essi potrebbe ritrovarsi nei panni del” penitente” e interrogare la propria coscienza sulle azioni compiute o su quelle da compiere per il bene della collettività. E ancora una riflessione: quante volte ci siamo eretti a “maestri di vita” saccenti e presuntuosi nel giudicare i nostri simili?
Se lo spettacolo ci ha spinto verso queste considerazioni ,ha portato a compimento uno dei suoi compiti più alti e pedagogici: ci ha mostrato la strada per renderci “migliori”.
Ricordiamo che le luci sono di Iuraj Saleri, i costumi di Anna Coluccia e le musiche del “nostro” Marco Zurzolo.
INFO Teatrostabilenapoli.it