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Tra sveglie all’alba e notti di lettura: il segreto di Gina Amarante. Intervista

Foto di Nicola Garofano

Al Social World Film Festival di Vico Equense, tra le stelle del cinema internazionale e i giovani aspiranti cineasti, spicca la presenza luminosa e bellissima di Gina Amarante, conosciuta al grande pubblico per il suo doppio ruolo nella longeva soap Un Posto al Sole.
Non solo ospite d’onore al festival, ma anche guida e mentore, conducendo un training formativo dedicato agli studenti di cinema. Il suo approccio diretto, empatico e viscerale ha catturato l'attenzione di tutti, confermandola non solo come interprete versatile, ma anche come figura capace di ispirare e formare le nuove generazioni. In quest’intervista, Gina si racconta con sincerità: la fatica e la bellezza del doppio ruolo, l'amore viscerale per il teatro, il legame profondo con Napoli e i suoi sogni mai sopiti.
In “Un Posto al Sole” dai voce e corpo a due gemelle con caratteri diversi: quanto è sfidante per te passare da una all’altra e quanto ti ha arricchita professionalmente questa doppia interpretazione?
«Sicuramente è una grande sfida, soprattutto quando sono insieme nella stessa scena. Emotivamente è uno sforzo enorme passare da una all’altra, entrare e uscire dai loro mondi interiori. Dare verità e giustizia alla loro emotività è complicato, ma al tempo stesso stimolante: è come lavorare su due progetti in parallelo, che però interagiscono. Una continua altalena emotiva. Lo considero un grandissimo privilegio. In questo mestiere non bastano passione, determinazione e talento: serve anche che qualcuno ti dia l’opportunità. Avere l’occasione di interpretare due personalità così diverse è una fortuna».
Usi qualche tecnica particolare per cercare di distinguere le due gemelle?
«Lavoro molto sui sensoriali. Cerco prima di entrare emotivamente nei personaggi, di comprenderli dentro, poi traduco questa interiorità nel corpo, nello sguardo, nei gesti, nella voce. Gli sceneggiatori mi aiutano tanto, perché loro sono molto diverse. Manuela è più dolce, empatica, tenera. Anche fisicamente è più chiusa, più raccolta. Micaela, al contrario, è un'esplosione: sfacciata, schietta, fisicamente più espansiva. Anche la voce cambia, ha una forza diversa».
Da quanti anni lavori in Un posto al sole? 
«Da tre anni e mezzo. Ma faccio questo mestiere da quando avevo 14 anni, e oggi ne ho 33. Quindi direi... da un bel po’ di tempo».

Napoli è lo sfondo delle tue giornate di set, ma anche un luogo dell’anima. Cosa significa per te lavorare nella tua terra, tra sveglie all’alba e terrazze sul mare?
«Le sveglie spesso alle 4:30 del mattino sono dure, per essere sul set massimo per le 5,20, soprattutto per una notturna come me, che ama leggere e guardare film. Ma poi vai sul set, fai il lavoro che ami, e davanti a te c’è il mare. Cosa potrei desiderare di più?».

Torni in teatro con “Streghe da marciapiede” dopo un periodo lontano dalle scene. Com'è stato rimettersi in gioco?
«È meraviglioso fare teatro che è un mondo a parte. Fare teatro e fare cinema sono esperienze quasi opposte, emozionalmente diverse. 
Sul set interiorizzi il personaggio, vivi un'atmosfera diversa anche gli odori o la percezione sono completamente diversi. Il teatro è il qui e ora, è un attimo, è energia pura. E anche paura, quella che ti mangerebbe viva, però è il tuo nutrimento. Prima dello spettacolo, dietro le quinte, penso sempre: 'Chi me l’ha fatto fare?' Potrei stare sul divano a guardare una serie... Invece sono lì, con la mia ansia e la mia voglia di perfezione. E poi sali sul palco, finisce lo spettacolo, il pubblico applaude, ti gratifica, apprezza il tuo lavoro e capisci che ne è valsa la pena, anche tutta l’ansia».
Riprenderà lo spettacolo?
«Sì, torniamo in scena quest’anno in diversi teatri. Ad aprile siamo stati al Teatro Vittoria di Roma per cinque giorni: un’emozione fortissima. Ora ci aspettano nuove città, probabilmente anche Milano. Sarà un anno faticoso ma bello emotivo».
Teatro, tv e se arriva qualche altra cosa?
«Assolutamente la facciamo, potrei anche non dormire per fare questo lavoro».
Cosa ti motiva a non fermarti mai?
«Il modo in cui mi sento quando recito. Quando lavoro, mi sento nel posto giusto, con le emozioni giuste. È questo, per me, la felicità. Non potrei immaginarmi diversa. Mi vedo vecchietta, decrepita che ancora continua a stare sul palco».
Hai detto che ami leggere. Cosa stai leggendo adesso e quando trovi il tempo?
«Leggo di notte. Ora che arrivano le vacanze, non vedo l'ora di tuffarmi nella pila di libri accumulati, regali di Natale. Amo tantissimo leggere romanzi, e con Miriam Candurro, che è la mia 'assist' anche nella vita, leggiamo spesso i libri del Premio Strega. Un’autrice che amo tantissimo è Donatella Di Pietrantonio, ma leggo un po' di tutto: romanzi, poesie, saggi teatrali...».


Quindi, ti immergi in un altro mondo? 
«Sì, e in realtà è un mondo che s’intreccia con la recitazione. Quando leggo mi piace immaginare quello che sto leggendo, mi piace visualizzarlo entrando così nelle emozioni dei personaggi, li vivo, è una fusione di cui neanche ti rendi conto».
In “Trentatré” racconti di un’esperienza vissuta in totale libertà emotiva…
«Ho interpretato Ramona nel film d’esordio di Lorenzo Cammisa. Un film d'autore, intenso, che definisco un 'film verità'. È il genere di film che mi piacerebbe fare spesso durante la mia carriera. Dove ascolti due persone al bar che parlano, e tu sei lì con loro, a bere e ascoltare la loro conversazione. Amo quella verità e desidero riprodurla ogni volta». 
Fare cinema e teatro ti arricchisce anche a livello personale?
«Assolutamente. La mia vita nutre i miei personaggi, e i personaggi arricchiscono la mia vita, è una fusione, un intreccio, una comunicazione continua. E a volte lasciarli andare è molto difficile, perché sai benissimo che stai prendendo qualcosa, ma stai anche lasciando qualcosa».