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Al cinema “La Chitarra nella Roccia” di Lucio Corsi

Alla 20ª Festa del Cinema di Roma, Lucio Corsi ha presentato “La Chitarra nella Roccia – Lucio Corsi dal vivo all'Abbazia di San Galgano”, un film-concerto che racconta l'omonimo live estivo nella storica abbazia senese. Il lungometraggio, diretto da Tommaso Ottomano e prodotto da Sugar, arriverà nei cinema The Space il 3, 4 e 5 novembre, mentre il disco live sarà disponibile dal 14 novembre.

Registrato interamente in pellicola 16mm, il film cattura l'essenza di un concerto unico in uno spazio senza tetto, dove la musica sembra farsi parte integrante della natura stessa. Lucio racconta: «Tra le rovine di questo luogo magico sono atterrati due amplificatori giganti, 16 musicisti ei loro strumenti. Nonostante la mancanza di un tetto, le canzoni sono state intrappolate in un disco». E se entrambi dicono che questo film concerto trae diverse ispirazioni da concerti filmati come: The Last Waltz di The Band, The Rolling Thunder Revue di Bob Dylan, Wings Over America di Paul McCartney… live che avevano dentro una verità, un'anima, un modo di stare sul palco che ci ha formato da bambini.,  credo ci sia anche un Zerofobia 77, quando si vede Lucio nelle quinte cambiarsi costume.

Per il cantautore, l'Abbazia è molto più di un semplice sfondo scenografico: «Io e Tommaso veniamo dalla Maremma: io sono di Vetulonia, un paesino non lontano da Porto Ercole. Siamo cresciuti a pochi chilometri dall'Abbazia di San Galgano, e quel luogo, insieme alla musica, agli strumenti, ci ha profondamente influenzato durante l'adolescenza. Eravamo due ragazzi di campagna, chiusi nelle nostre camerette, e la musica era la nostra fuga dalla noia, una noia simile alla pace, di un paese che, proprio perché piccolo, ci ha spinto a immaginare mondi lontani attraverso le note. Io nella mia stanza, lui nella sua. Poi, anni dopo, ci siamo incontrati, ma in fondo quelle esperienze ci avevano già uniti. In quegli anni abbiamo iniziato a scavare nella musica, a risalire alle radici dei musicisti che ci avevano rapito il cuore. E spesso ci imbattevamo in concerti filmati che ci hanno cambiato la vita: The Last Waltz di The Band, The Rolling Thunder Revue di Bob Dylan, Wings Over America di Paul McCartney… Erano live che avevano dentro una verità, un'anima, un modo di stare sul palco che ci ha formato da bambini. Perciò questo sogno, suonare all'Abbazia di San Galgano, esisteva già da allora. È un luogo magico, un'abbazia senza tetto che sembra cresciuta in mezzo agli alberi, come se fosse essa stessa una creatura della natura. Da bambino ci andavo spesso con i miei genitori, e ogni volta immaginavo un palco lì, sotto quel cielo. Quest'anno mi è sembrato finalmente quello giusto per far diventare reale quell'immagine. Quel luogo è surreale: un'abbazia in mezzo ai campi, senza tetto, quasi onirica come visione. Per noi è stato un modo per proseguire su quella scia, su quell'onda di sogno, inserendoci dentro amplificatori giganti che rispettassero la scala monumentale dell'Abbazia. Gli stessi amplificatori che, da ragazzi, avevamo solo immaginato nelle nostre camerette, quelli che ci facevano fuggire con la fantasia. Da piccolo sognavo di averne uno gigantesco, capace di far viaggiare la musica ancora più lontano. E in questo tour la scenografia è stata proprio quella: un sogno d'adolescenza che finalmente ha preso forma».

Tommaso Ottomano spiega la scelta della pellicola e la cura per il luogo: «Nel cinema l'uso della pellicola è ancora abbastanza comune, ma in un contesto come il nostro, un concerto musicale, rappresentava una scelta decisamente più ambiziosa. Anche perché comporta una serie di complessità tecniche non indifferenti. Abbiamo girato con sei cineprese a pellicola 16 mm, proprio per restituire quel senso analogico che è anche alla base del progetto artistico di Lucio: una ricerca di autenticità, di verità, anche nel modo in cui viene catturata la musica. Con queste sei cineprese, ogni due canzoni dovevamo fermarci per cambiare il magazzino della cinepresa, cioè il rullo di pellicola. Bisognava ricaricarle manualmente, e questo ovviamente modificava anche il ritmo del live. Ti fermi, respiri, riparti. È stato affascinante, un processo quasi rituale. Personalmente, ho vissuto tutto “a metà”, spaccato in due ruoli: da una parte il regista, con le cuffie, gli schermi, il microfono, a dirigere la troupe: “Camera B, vai! Camera C, ferma!”, e dall'altra il musicista, che si toglie le cuffie e sale sul palco per suonare i brani scritti insieme a Lucio. È stato intenso, a tratti quasi traumatico, ma sorprendentemente divertente. Amo queste esperienze che ti mettono alla prova, che ti portano un po' al limite: sono sfide che ti spingono a sperimentare. E questo, in fondo, è qualcosa che ci lega molto anche nella musica».

Il film è anche un viaggio visivo: le riprese sfruttano la luce naturale e le transizioni tra giorno e notte, mentre le inquadrature dall'alto, effettuate con il drone, restituiscono l'imponenza dell'abbazia come se fosse un personaggio stesso delle canzoni.

Infatti, alla nostra domanda alla conferenza stampa al Festival del Cinema di Roma: La Chitarra nella Roccia” è un titolo che evoca mito e leggenda. Se l'Abbazia di San Galgano fosse un personaggio delle tue canzoni, che tipo di creatura sarebbe? Lucio Corsi ha risposto: «Che personaggio sarebbe l'Abbazia di San Galgano? La immagino come un grande cetaceo, una balena, o anche una tartaruga—anche se la tartaruga ha il guscio… la vedo così, che “nuota” nella campagna, con una buona acustica nella sua pancia. Poi, raccontare i personaggi è qualcosa che amo molto: ho sempre amato sentirli emergere nelle canzoni. È una pratica un po' in disuso oggi, ma secondo me vale la pena continuare a provare a raccontare storie di personaggi così. Amo le canzoni senza tempo, che non si collocano in un preciso momento storico, e che hanno una forma narrativa interna: ti presentano dei personaggi, ti fanno conoscere nuove persone che possono diventare amici, o anche persone con cui non vai d'accordo. Dipende dalla canzone».

Mentre a Tommaso abbiamo chiesto il suo rapporto con Lucio: Che cosa pensi dell'essere stato catapultato in questo ciclone Lucio Corsi, almeno da Sanremo ad oggi. E prima, cosa succedeva? Raccontaci un po' qualche cosa, qualche aneddoto particolare e che cosa pensi di Lucio Corsi? «Io e Lucio lavoriamo insieme dall'inizio delle nostre carriere, perché le nostre strade si sono incrociate sin dall'inizio. Ci siamo conosciuti meglio a Milano, e il percorso che abbiamo costruito insieme è sempre stato molto divertente; non è mai stato pesante. E nemmeno adesso, con tutti i cambiamenti che ci sono stati, lo è diventato. Come diceva lui prima, il nostro rapporto è più di amicizia che di lavoro, quindi tutte le cose che stanno succedendo non ci cambiano più di tanto. Certo, hanno un'influenza, ma nel nostro metodo e nel nostro modo di fare le cose, non incidono realmente. Non c'è nulla di troppo bizzarro da raccontare. Stiamo condividendo esperienze fantastiche, come ad esempio la realizzazione di questo film: è qualcosa di speciale e non scontato. Per il resto, però, tutto è rimasto sostanzialmente invariato».

21 tracce, tra cui brani dal recente album “Volevo essere un duro” (disco d'oro), accompagnano lo spettatore attraverso la carriera dell'artista. Sul palco, 15 musicisti, 2 coriste, una sezione di fiati e il fotografo Francis Delacroix rendono il concerto un'esperienza intima e al tempo stesso monumentale.

Lucio Corsi parla anche del suo pubblico eterogeneo: «Una delle cose che mi rende più orgoglioso, e che mi ha colpito molto negli ultimi tempi, è la varietà del pubblico. Quest'anno ho suonato tanto, più del solito, e naturalmente il numero di persone ai live è aumentato. Ma ciò che mi emoziona di più è proprio la loro diversità. Nei miei concerti vedo bambini accanto ai nonni, ragazzi della mia età, persone di generazioni diverse che condividono lo stesso spazio, la stessa musica. È un gran minestrone, e il minestrone, si sa, è buono! Scherzi a parte, è qualcosa che mi riempie di felicità: non è affatto scontato che un nipote, un nonno e un ragazzo possano trovarsi insieme a guardare lo stesso concerto e sentirsi parte della stessa storia. Sapere di riuscire a parlare a un pubblico così eterogeneo è una delle cose più belle che mi sono donato capitare».

Il film e il disco anticipano due nuove esperienze live per il 2026: il Tour Europeo e il primo Palasport tour italiano, confermando il percorso in continua crescita di uno dei cantautori più interessanti della scena contemporanea.

A partire da gennaio 2026, sarà infatti protagonista di “Tour Europeo 2026”, la sua prima tournée nei club delle principali città europee, con una prima tappa il 24 gennaio al Padiglione Conza di Lugano (Svizzera) per poi proseguire il 1° febbraio al Volkshaus di Zurigo (Svizzera), il 3 febbraio al Simmcity di Vienna (Austria) , il 5 febbraio al Meet Factory di Praga (Repubblica Ceca), il 6 febbraio al Proxima di Varsavia (Polonia), il 7 febbraio all'Heimathafen Neukölln di Berlino (Germania), il 9 febbraio al La Madeleine di Bruxelles (Belgio), il 10 febbraio all'O2 Shepherd's Bush Empire di Londra (Regno Unito), l'11 febbraio al Den Atelier di Lussemburgo (Lussemburgo), il 13 febbraio al Q Factory di Amsterdam (Paesi Bassi) e il 15 febbraio all'Eliseo Montmartre di Parigi (Francia) (info e biglietti a questo link).

A questo seguirà poi “Lucio Corsi - Palasport 2026”, il suo primo tour nei palazzetti italiani, con tappe alla Nelson Mandela Forum di Firenze il 27 novembre, al Palazzo dello Sport di Roma il 5 dicembre e all'Unipol Forum di Milano l'11 dicembre (info e biglietti a questo link). Entrambi i tour sono prodotti da Magellano Concerti.