"Ecco un altro libro sull'ideologia gender". Una delle critiche inutili al mio libro. Intervista a Francesco Cicconetti
- di Nicola GarofanoFoto di Francesco D'Acunzo
Francesco Cicconetti, riminese, meglio conosciuto sui social come Mehths, ha iniziato la sua carriera come creator, raccontando la sua storia sui social. Oggi è una figura di spicco nel panorama della divulgazione inclusiva e della lotta per i diritti LGBTQIA+.
Ha collaborato con diverse testate giornalistiche, tra cui Vanity Fair, ha tenuto un TedX e partecipato a talk di rilievo come Wired, Cicap Fest, Future Vintage Festival e MED. Ha posato per la copertina di Flewid, ha partecipato alla serie Sex Uncut ed è stato protagonista del videoclip di Giovani Wannabe, singolo dei Pinguini Tattici Nucleari. Premiato come creator dell’anno ai Diversity Media Awards 2021, con il suo profilo Instagram @mehths, Francesco ha raccontato il suo percorso di transizione iniziato nel 2017, fornendo un aiuto prezioso a chiunque sentisse la necessità di un confronto o di un punto di riferimento. Il suo libro, Scheletro Femmina, un’autobiografia romanzata, è un’opera che mescola vita reale ed elementi di finzione per narrare la sua transizione di genere. Il libro celebra l’amore, tema centrale della vita di Francesco, che ruota intorno alle figure della sua famiglia e dei suoi amici più cari.
Tra i progetti futuri, spicca l'adattamento cinematografico di Scheletro Femmina, un'iniziativa della Fabula Pictures di Nicola e Marco De Angelis e spera di portare la sua esperienza e la sua lotta anche nel mondo della comicità con la stand-up.
Scheletro Femmina, com'è andato? Quali sono state le critiche positive che ti sono piaciute e quelle negative che hai depennato subito?
«Il libro è andato molto bene, è un po' il mio bambino. Sono veramente molto fiero, perché è un libro molto intimo e personale, quindi avevo un po' di timore a pubblicarlo. Una volta che è fuori, le persone ti conoscono più a fondo, no? C'è una storia molto molto intima. È andato bene, è stato super accolto, è ancora venduto; è un libro longevo, e questo è l'obiettivo più grande per un libro. Le critiche negative, cioè critiche inutili, sono quelle che mi sono arrivate, del tipo: "ecco un altro libro sull'ideologia gender". Queste cose sono totalmente inutili. Critiche costruttive, invece, ne sono arrivate a livello di scrittura. Giustamente, io sono un esordiente, quindi non avevo la pretesa di fare un libro perfetto, cosa che non è assolutamente. Il prossimo sarà sicuramente più elaborato, però volevo pubblicare un libro autentico e onesto, e questo sicuramente lo è. Che sia perfetto, assolutamente no, e ne sono consapevole, però non c'era neanche questa pretesa».
Perché hai voluto fortemente descrivere il tuo passato, il tuo vissuto?
«Beh, perché scrivere mi è sempre piaciuto molto e ho sempre avuto il sogno di pubblicare un libro. E quando ho iniziato a scrivere mi sono detto, beh, è giusto che nella letteratura di oggi, nei libri contemporanei, ci sia una storia di questo tipo, perché non c'è. Le storie delle persone trans sono spesso raccontate in letteratura da altre persone, da persone cis, e quindi sempre in maniera distorta. Questo, invece, è un libro, uno dei pochissimi in Italia purtroppo, scritto da una persona trans che racconta una vita autentica di una persona trans. Non è la vita di tutte le persone trans, però almeno è reale e realistica. E io volevo questo, volevo una testimonianza credibile finalmente per le persone trans».
Hai avuto il pudore di omettere qualcosa?
«Non ho omesso tanto, ho evitato di parlare di sesso, ma perché non è rilevante. L'ho usato quando era utile, ma altrimenti l'ho evitato. Per il resto ho parlato di tutto, anche quando sono stato una persona disfunzionale, un partner disfunzionale, senza vergogna. È un tema importante anche quello».
Presentatore oggi al Milano Pride, copertine su giornali, fashionista e testimonial per grandi aziende. Cosa succederà nel tuo prossimo futuro?
«Spero di fare stand-up. Portare la transgenerità nella comicità, che anche lì è molto poco presente in Italia. Le persone trans che fanno stand-up sono poche e invisibilizzate. Invece, abbiamo bisogno di ridere della nostra esperienza, di non farci più ridere addosso ma di ridere noi, e di raccontare le esperienze in maniera ironica per avvicinare le persone. Chiaramente come parte di una lotta più ampia in cui ci sia anche rabbia e divulgazione. Però vorrei ridere adesso. Ho fatto tanta divulgazione, ho parlato di un'infinità di temi in questi anni, e ora questo è il prossimo passo che mi auguro. Però so che è molto difficile».
Stai già scrivendo qualcosa?
«Sì, ci sto provando. Ho già fatto un paio di prove in due eventi, sono andati bene, ma c'è molto da lavorare».
Quindi ti vedremo in giro…
«Speriamo, questa è la speranza».
Nell’immediato futuro cosa ci dobbiamo aspettare?
«Sto lavorando al secondo libro già da qualche mese».
Che non parlerà di te?
«No, ma di me in qualche modo parlerà, quando scriviamo ci siamo sempre noi e le persone che abbiamo intorno. Però sarà un libro che non tratterà della transgenerità».
E di te cosa metterai? Qualcosa di positivo, di negativo/cattivo?
«Ci sono alcuni modi che ho io di guardare le cose, alcuni miei pensieri che metterò in bocca a diversi personaggi. Poi ci sono le persone che amo, la mia famiglia. Ci sono sempre, però in maniera molto più camuffata questa volta».
Ho visto che porti un simbolo che è piccolo ma importante, la spilla della Palestina. Ci puoi lasciare qualche pensiero al riguardo? Perché hai scelto questo simbolo da portare oggi, nella giornata del Pride a Milano?
«È un tema che oggi, per fortuna, si parla un po' di più, ma mai abbastanza. Dare visibilità anche con una spilla, come in questo caso, è sempre utile. Abbiamo bisogno di questo, perché una persona magari la vede e si chiede che cosa sia. Oppure una persona la vede e dice: anch’io faccio parte della stessa lotta. L'intersezionalità ovviamente passa anche dalle lotte per i diritti umani, non solo quelle LGBTQIA+. E adesso in Palestina sta accadendo un genocidio, quindi è giusto parlarne e puntare i riflettori su questo, perché senza la libertà della Palestina, ma come anche dell'Iran e tantissimi altri luoghi in cui i diritti civili e umani vengono violati, non saremo mai tutte libere. La libertà non deve essere un privilegio, ma un diritto di tutte».