Luca Teodori Make-Up Artist: perfezione, dettagli e simmetria. Intervista
- di Pamela CarboneIl protagonista della nostra rubrica dedicata al beauty è Luca Teodori, ci tengo a spendere due parole su questo ragazzo. Da make-up artist mi piace confrontarmi e coinvolgere i colleghi per condividere, imparare e trasmettere a chi legge, i trucchi del mestiere e, soprattutto, raccontare quanto sacrificio e dedizione c'è dietro per chi fa questo lavoro.
Luca nasce con la passione con l'arte, anzi, per lui è sempre stata una necessità e partendo da un semplice corso di trucco correttivo è arrivato a perfezionarsi e, tuttora, continua a studiare perché, come si dice… non si smette mai di imparare. La sua formazione professionale avviene presso una delle migliori accademie di Roma La Muas Academy supportata dal marchio Kryolan e diretta da Arianna Siragusa che è stata oltretutto anche la mia di insegnante!
Luca è molto attivo sui social, dove dispensa consigli di make-up e rallegra i suoi followers con post ironici che tendono a caricare il suo essere, ma è uno degli aspetti che lo diverte di più tanto da essere innamorato del suo personaggio social! Non voglio svelarvi troppo perché è davvero una bella intervista, piena di sentimento e dalla quale traspare l'amore per il proprio lavoro e, soprattutto, Luca si è impegnato nei minimi dettagli per rendervi piacevole questa lettura!
Come nasce la tua passione per il make-up?
«La mia passione per l’arte in generale non è mai nata, l’ho sempre avuta, fin da bambino. Spesso durante le lezioni di greco e latino al liceo, piuttosto che ascoltare le spiegazioni di letteratura, mi ritrovavo a disegnare visi, occhi e labbra sul banco. Per il mondo beauty ho sempre sentito un forte richiamo fin da piccolo. Quella per il make-up è, quindi, una passione nata dal desiderio di trovare una professione che conciliasse più interessi, come la moda, le morfologie, la storia delle epoche, il beauty, la cosmetica, il cinema e la creatività, all’interno di un’unica scatola chiamata “arte” che, più di qualunque altra disciplina, è in grado di accendere le emozioni più profonde dell’animo umano. Picasso diceva che “l’arte scuote dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni”; forse è per questo che ne ho sempre avuto bisogno. Tutti gli interessi citati prima sono spesso per me un rifugio dai dolori della vita e il make-up e il relativo perfezionamento di un volto è per me un’attività da cui riesco a trarre un beneficio immenso. E quando riesci a fare della tua passione il tuo lavoro, quando ti senti lieto di poter aiutare a far sentire a proprio agio qualcuno, quando è proprio il tuo lavoro a renderti felice, allora puoi ritenerti soddisfatto, felice e realizzato».
Qual è stato il primo prodotto make-up che hai acquistato?
«Altri potrebbero ritenerla giustamente una domanda complicata, mentre io lo ricordo perfettamente come se fosse ieri. Ero all’ultimo anno di liceo e avrei dovuto partecipare a un programma televisivo insieme alla mia classe. Già da molto tempo prima mi ritrovavo a usare i correttori di mia madre per correggere le discromie o perfezionare il viso, ma quello è stato il primo “evento” che mi ha spinto ad acquistare il mio primo prodotto di make-up. Così andai in profumeria e acquistai una BB Cream Dior per soddisfare la mia esigenza di uniformare l’incarnato senza l’uso del fondotinta poiché, essendo ancora un principiante, sarebbe potuto risultare “troppo” o per alcuni addirittura ridicolo».
Quale percorso formativo hai fatto e quando hai capito che questa era la tua strada?
«Oltre a vari Master e Seminari qua e la, ho frequentato e frequento tuttora, visto che non si smette mai di imparare, la Muas Academy di Roma, una delle più prestigiose perché supportata da Kryolan Professional Make-up, uno tra i più importanti marchi di make-up professionale a livello internazionale. Sono nato con lo studio e l’utilizzo dei loro prodotti e devo dire che è uno dei pochi brand, anche se non l’unico, che garantisce al professionista del settore il giusto connubio tra qualità, durata e performance. Del resto parliamo di un marchio che, seppur inspiegabilmente poco pubblicizzato tra la gente comune, ha formulato per gli “addetti ai lavori” infinite linee di prodotti e centinaia di nuances per soddisfare ogni tipo di esigenza. A volte, ad esempio, specialmente nel Fashion, mi saltano in mente delle idee veramente singolari e devo dire che grazie a Kryolan ho sempre trovato il prodotto per ottenere l’effetto cui avevo pensato. Il mio percorso formativo è iniziato, quasi casualmente, da un semplice corso di trucco correttivo. Ho capito che era quello che volevo fare e che avrei voluto avere una formazione generale a 360 gradi sul make-up: trucco beauty, sposa, camouflage, trucco d’epoca, moda, fotografico, face e body painting, trucco aerografico, cineteatrale, trucco drag queen, trucco impersonator con la grande Lucia Pittalis e così via, fino ad arrivare al percorso lungo e interminabile degli effetti speciali di I e II livello che sto continuando a frequentare».
Quali sono, secondo te, i criteri per riconoscere una buona scuola e un buon insegnante?
«Un buon insegnante, come al liceo, si riconosce dalle voci degli alunni che ha formato e da quanto hanno appreso, dal suo curriculum e quindi dalla professionalità che ha maturato nel corso degli anni, ma soprattutto dalla capacità di trasmettere tecniche, idee e nozioni, cercando così di accrescere la nostra passione; e questa è una dote innata che, purtroppo, non tutti gli insegnanti hanno. In altre parole, se fossi un insegnante e finissi per far calare l'interesse di un mio alunno rispetto a questa professione, facendolo sentire in un certo senso demotivato, cambierei subito mestiere. Una buona scuola non sempre si riconosce dalla sua fama o notorietà. A oggi, purtroppo, in Italia sono poche le accademie di make-up che si possono ritenere valide o comunque volte a fornire ai propri alunni una preparazione veramente completa. Inoltre molto spesso le accademie professionali in generale, come quelle di moda peraltro, tendono a promettere qualcosa ai propri allievi senza rendersi conto di non essere certi di poterla offrire, come il lavoro ad esempio. Oppure ci sono quelle accademie che “per offrire esperienze” finiscono per mandare i propri alunni sui set, spesso non per insegnare loro qualcosa ma per avere forza lavoro a costo zero. Ho conosciuto addirittura colleghi provenienti da scuole che, per partecipare come make-up artist presso famosi concorsi, avrebbero dovuto lavorare in cambio del cestello del pranzo o, in alcuni casi, avrebbero dovuto addirittura pagare. Il feedback e le “voci di corridoio” sono in questo caso importanti, come lo sono gli insegnanti che lavorano in quella scuola, la tipologia di attestati che sono rilasciati, il numero di ore previste o anche la presenza o meno di un marchio importante a supporto di tale accademia. Basti pensare appunto a Kryolan che, oltre a fornire un’ottima preparazione ai propri trainers, supporta varie accademie in tutta Italia, come la Muas Academy di Arianna Siragusa a Roma oppure, per citarne un’altra, la MiMua Academy di Monia Iovino a Lecce. Può sembrare sciocco ma, a mio avviso, la preparazione fornita è importante tanto quanto il valore degli attestati rilasciati: un marchio
importante su un attestato non farà altro che convalidarne e incentivarne la validità e sarà senza dubbio più prestigioso, magari anche riconosciuto a livello internazionale, rispetto a quello con la firma di un truccatore “vagamente famoso” che ha fatto cinque tutorial in televisione».
Come si riconosce un tuo make-up? Quali caratteristiche contraddistinguono il tuo stile?
«Questa è una domanda cui tengo molto, poiché sono stato spesso accusato da persone estranee a questo mondo di realizzare make-up tutti molto simili tra loro. È un’osservazione tanto giusta, specialmente riguardo alla struttura del make-up occhi, quanto trita e banale, la scelta stilistica e le caratteristiche che distinguono il make-up di un truccatore da quello di un altro è una delle cose cui è posta l'attenzione in accademia. Anche parlando di trucco correttivo, in cui siamo giustamente obbligati a rispettare i criteri morfologici e armocromatici di ogni cliente, credo sia normale e prestigioso che lo stile di un truccatore venga contraddistinto da una o più caratteristiche. Le mie? La perfezione, i dettagli e la simmetria. Sono sempre stato un perfezionista in tutto ciò che mi ha riguardato, dai quaderni di scuola alle sottolineature con il righello, dalla pulizia delle mie palette alla disposizione dei libri negli scaffali in ordine alfabetico o addirittura cromatico. A volte, in alcune situazioni, ho pensato addirittura di avere un disturbo ossessivo-compulsivo. A parte le dovute eccezioni, tutto ciò che appare disordinato o asimmetrico mi mette di malumore, e questo è il motivo per cui m’impegno ossessivamente a non far mai notare in un mio make-up nemmeno un elemento impercettibilmente asimmetrico, che sia l’arco di cupido, l’intensità di un occhio rispetto a un altro o quella del blush rispetto all’altra guancia. Proprio per questa mia innata ricerca di perfezione, quando mi avvicinai al mondo del Fashion o degli Effetti Speciali, notai da subito qualche difficoltà in quanto, trattandosi di lavori in un certo senso più “sporchi”, l'eccessiva perfezione rischiava di rendere il risultato finale banale e ordinario agli occhi degli esperti. Così, maturando anche quest’aspetto, se parliamo del Fashion e ci allontaniamo dal rigido mondo del Beauty, paradossalmente alcune caratteristiche del mio stile sono diventate automaticamente il disordine, l’asimmetria, le macchie di colore, l’alienazione e la follia, da vero amante del pittore irlandese Francis Bacon, su cui anni fa scrissi anche un saggio intitolato “Il Naufragio Esistenziale”, volto a trattare i temi del disagio del corpo, lo stravolgimento delle fisionomie e l’inamovibile finitezza dell’essere umano. Forse un po’ pazzo lo sono sempre stato, ma preferisco di gran lunga la pazzia alla normalità, poiché reputo quest’ultima la barbara invenzione di chi non ha mai avuto fantasia».
Parliamo di clienti. Come riesci ad avere la loro fiducia? Spesso chiedono un make-up totalmente inadatto alla loro morfologia: come riesci a farle cambiare idea e affidarsi totalmente a te?
«Per la fiducia dovreste chiederlo a loro. Faccio questo lavoro con passione e cerco sempre di mettermi dalla loro parte per comprenderne le esigenze. Mi reputo un tipo tranquillo e conviviale e faccio di tutto per metterle a proprio agio e affidarsi completamente a me, compresa la pausa caffè e/o sigaretta durante le lezioni di self-makeup, ovviamente prima dell’applicazione del rossetto!
È vero, molto spesso ci capitano clienti che chiedono dei make-up poco adatti a loro, morfologicamente o armocromaticamente, ma sta anche in questo la nostra bravura. Senza voler peccare di presunzione, devo dire che non mi capita spesso di lavorare con clienti che fanno fatica ad ascoltare il mio consiglio, ma quelle poche volte che è capitato sono riuscito a convincerle spiegando le mie ragioni, mostrando loro ciò che avrebbero voluto e ciò che intendevo fare io e, in alcuni casi, arrivando addirittura a un “accordo” tra le parti. Forse la vedo in modo diverso da alcuni miei colleghi che, pur di guadagnare, sarebbero disposti a mandare in giro una cliente con un make-up che non la valorizza affatto, o forse sono io a essere troppo rigido e severo poiché una mia cliente non uscirà mai con un mio make-up se non è, almeno in parte, come dico io, perché lì c’è la mia firma e la buona pubblicità è stata per la mia carriera molto importante, se non addirittura vitale».
Ricordi la tua prima cliente e in quale occasione l'hai truccata?
«Sì. Era un make-up da cerimonia a una cliente che ho tutt’oggi. Lei ovviamente non ha mai saputo di essere stata la prima, perché mi ricordo che feci parecchi errori tecnici, ma riuscii comunque a renderla felice e soddisfatta per quella giornata importante».
Parliamo di social. Tu sei molto attivo e seguito, come sei riuscito a ritagliare il tuo spazio nel web?
«Ormai da anni dedico la maggior parte del mio tempo libero ai social. Purtroppo non riesco a rispondere sempre alle richieste di consigli o “consulenze” online che ricevo ma quando posso lo faccio volentieri perché, come detto prima, rivelarmi utile per la risoluzione di un problema altrui, specialmente di chi mi segue con affetto, contribuisce a rendermi soddisfatto e realizzato, tanto nel lavoro quanto nella vita. Mi ritengo una persona disponibile, altruista e generosa. Ricordo con piacere i consigli dati a più ragazze che soffrivano di alcune malattie della pelle, come vitiligine, acne, cicatrici o melasma, che anche grazie al mio consiglio sono riuscite a mascherare il loro problema attraverso il make-up. Magari sbagliavano solo prodotti o saltavano qualche passaggio necessario per un risultato ottimale. Non dimentichiamoci che il camouflage, e quindi il make-up correttivo, cerca di intervenire anche sul disagio psicologico e non solo sull’impatto visivo e puramente estetico. Ricordo anche un pomeriggio intro passato ad aiutare una mia collega che mi seguiva su Instagram perché non riusciva a coprire il tatuaggio di una sua cliente. Dare un consiglio ad un collega, magari ancora alle prime armi, a volte è per me addirittura più nobilitante che aiutare una qualsiasi cliente».
Quello dei social è un mondo pieno di haters che spesso si manifestano con offese anche pesanti, ti è capitato? Come hai reagito?
«Sì, mi è capitato, anche se molto raramente. Freud diceva che così come si provocano o si esagerano i dolori dando loro importanza, nello stesso modo questi scompaiono quando se ne distoglie l’attenzione. L’indifferenza e la noncuranza nei confronti di chi esibisce accuse infondate o insulti gratuiti sono due carte che ho imparato a schierare nel corso degli anni e, conoscendo l’interesse che prima avevo per “ciò che pensa la gente”, non avrei mai detto di riuscirne a fregarmene. Penso che a scaturire tali comportamenti siano gli ingestibili sentimenti della frustrazione e dell’invidia: qualcosa d’irrisolto, un mancato successo o caratteristica, una dote o un interesse che avrebbero voluto avere anche loro o qualche piccolo scalino su cui avrebbero voluto appoggiare anche i loro piedi. A volte, quando facciamo presente a qualcuno di essere invidioso di noi, siamo accusati di sopravvalutarci, ma forse non sanno che non serve essere Melania Trump per essere invidiati da questo tipo di persone, poiché a volte basta anche una scipita piccolezza.
A tal proposito, con gli anni mi sono accorto che il concetto d’invidia viene spesso incompreso: esiste l’invidia buona e quella cattiva. La prima è un sentimento stimolante che provo spesso anch’io. Tutte e due producono malanimo, ma mentre la prima è emulazione, mirata al raggiungimento del livello dell’altro, la seconda è disapprovazione, mirata invece alla denigrazione dell’altro. La prima è desiderio, proprio di chi ammira ammettendo di voler diventare come l’altro. La seconda è danneggiamento, proprio di chi disprezza mentendo di non voler mai essere come l’altro. La prima è acclamazione, un encomio e quindi una forza positiva, stimolante e costruttiva. La seconda è condanna, un vituperio e quindi una forza negativa, ostacolante e distruttiva. L’invidia buona ha come obiettivo il miglioramento di se stessi e implica un’eventuale analisi dei propri insuccessi. Quella cattiva ha come obiettivo il danneggiamento dell’altro, e implica un particolare godimento generato dagli insuccessi altrui. Paragonarsi all’altro prendendolo come punto di riferimento è un atteggiamento umano, ma non è tramite la disonorazione di questo che ci convinciamo a migliorare noi stessi. È un comportamento controproducente che non fa altro che accentuare il nostro senso d’inferiorità, poiché non credo che la volpe si sia sentita meglio dopo aver reputato l’uva “acerba”».
Spesso i social tendono a far prevalere il personaggio più che la persona o il professionista. Come riesci tu a gestire questa situazione?
«Sono follemente innamorato del mio personaggio social: non che sia diverso dalla realtà, ma ha sicuramente qualche aspetto caricaturale. L’autore dei miei post spesso discussi è un personaggio caustico, aspro, sarcastico, pungente, talora velenoso, anche se a volte potrebbe essere reputato snob o addirittura offensivo dalle menti più intolleranti e limitate. Chi mi conosce veramente sa che tipo di persona sono e quanto tempo passo ad aiutare gli altri. ma non pretendo di certo che tutti riescano ad apprezzare i miei post concettualmente sensati, semanticamente ironici e, permettetemi, lessicalmente esagerati ma lodevoli».
Segui in particolare qualche make-up artist cui ti ispiri?
«Nel mondo Beauty, seppur ogni truccatore abbia il proprio stile, non ho forti ispirazioni perché è un campo in cui spesso gli spunti e la fantasia devono per forza lasciare spazio a tecnica, conoscenze, nozioni, abilità correttive e standardizzazioni. Nonostante questo, però, seguo, m’interesso e conosco i nomi dei truccatori della maggior parte delle celebrità italiane e internazionali. Nel mondo del Fashion invece, in un certo senso più libero e meno accademico, divinamente ubriacato da creatività e originalità, anche se non di certo privo di tecnica, ho molte ispirazioni, tra cui Pat McGrath, l'italianissima Lucia Pica, direttrice creativa di Chanel Beauty, Peter Philips, direttore creativo di Dior Make-up, e molti altri. Anche nel campo del cinema e degli Effetti Speciali ho le mie ispirazioni: uno tra tutti il grande Rick Baker, di cui conobbi il nome grazie alla mia amica e collega Giulia Stronati, perché specializzata in questo campo. Una filmografia da far invidia a chiunque quella di Baker, da Il Grinch a Il Pianeta delle scimmie, da The Ring a Maleficent. Un mostro del make-up ma anche della recitazione. Un genio del male. Uno di quelli per cui nutro l’invidia buona citata prima».
Molte influencer contattate da aziende si dilettano a sponsorizzare prodotti di make-up anche attraverso tutorial sui propri canali YouTube. Spesso ciò accade senza avere alcun tipo di nozione o senza aver frequentato un’accademia. Tale situazione potrebbe in qualche modo infastidire un professionista del make-up?
«Rispetto ad anni fa la nostra professione, come tante altre, è stata senza dubbio rinnovata e sconvolta dall’arrivo dei social. Pertanto è stato permesso a chiunque di attingere a un vastissimo fondo culturale e di emergere attraverso questa vetrina. E visto che a oggi, purtroppo, la nostra professione non è ancora regolamentata da un albo, sono potute emergere figure non professionalmente riconosciute, che solo in virtù dell’esposizione mediatica offerta da canali come Youtube e Instagram esercitano un mestiere che “legalmente” non potrebbero fare, diffondendo così notizie, tecniche e consigli del tutto errate. Oramai però sono altrettanto certo che tutti quelli che cercano legittimamente informazioni sul make-up in rete prendano tutto con le pinze e capiscano che la nostra è una professione complessa che va oltre i tutorial su Youtube. Ci sono dei truccatori molto bravi che ricavano del tempo per fare anche questo, ma esistono anche quelle “influencer” che grazie alle vostre visualizzazioni hanno costruito finti altarini e fatto indossare la maschera della professionalità alla loro voglia di apparire. Piuttosto, se non conoscete nessun make-up artist cui affidarvi, invece di bere nozioni sterili da chiunque, se volete imparare qualcosa sul make-up per valorizzare voi stesse, iscrivetevi a qualche gruppo Facebook. Uno di quelli in cui mi trovo meglio e con cui, quando posso, cerco di interagire il più possibile, è Armocromia e Trucco Correttivo, fondato dalla mia collega Annalisa Affinito e formato da più di 30.000 membri, all’interno del quale, oltre a scambiare opinioni sul make-up, sul beauty, sui prodotti da utilizzare e su altri argomenti off-topic, troverete file e documenti utili e potrete addirittura essere stagionati per scoprire i colori più adatti a voi. Avere a disposizione un vasto numero di professionisti del settore pronti a rispondere ai vostri dubbi e aiutarvi gratuitamente, per quanto sia possibile attraverso uno schermo, è un modo sicuramente più valido, sensato ed intelligente per informarsi e imparare».
Qual è il prodotto a cui non riusciresti mai a rinunciare?
«È una domanda alla quale mi rimane difficile rispondere perché ce ne sono molti. Forse i due prodotti Kryolan di cui non riuscirei a fare a meno sono i Dual Finish, una polvere pressata, micronizzata, cremosa e sottilissima che può essere applicata da bagnata come fondo o da asciutta come cipria, e quindi ideale per il contouring, e i Lip N’Cheek, un prodotto in crema eccezionalmente waterproof nato per labbra e guance dalla texture morbida e impalpabile e dall’intensità modulabile in quanto, a seconda delle applicazioni, andrà a donare alle labbra un tocco di colore naturale fino a un aspetto pieno e pigmentato. Un altro prodotto diventato “pane quotidiano” da quando l’ho scoperto è il Calligraphie di Chanel, un eyeliner dalla tenuta pazzesca, ideale anche come base in crema per lo smokey o per la tecnica dell’infracigliare. Parlando di ombretti invece, non riuscirei mai a rinunciare al Deep Black, sempre di Kryolan, poiché credo sia uno dei neri più intensi e pigmentati sul mercato del make-up. Vi consiglio di fermarmi, perché se inizio a parlare dei fondotinta o della skincare è finita...».
Ci sveli un piccolo trucco di make-up solo per i nostri lettori?
«Non voglio svelare nessun trucco del trucco ma ricordare un passo fondamentale che contribuisce a rendere ottimale il risultato e la durata del make-up: la skincare. Il trucco può perfezionare la texture della pelle, ma è la pelle che perfeziona la resa del make-up. Non esiste nessun primer, fondotinta o fissante in grado di nascondere in modo ottimale una pelle trascurata e non adeguatamente curata. Con cura della pelle non intendo l’applicazione di una semplice crema idratante, ma una serie di passaggi quotidiani secondo il tipo di pelle di ognuno di noi. Potrebbe sembrare banale, ma sarà proprio una buona e adeguata detersione con i suoi relativi step, una pulizia del viso costante e una serie di prodotti e trattamenti mirati a rendere la vostra pelle idratata al punto giusto, compatta e luminosa. Ovviamente, inutile dirlo, anche la scelta del fondotinta dovrà essere subordinata al tipo di pelle sul quale intendete applicarlo. Ho sempre avuto una particolare attenzione verso la pelle in generale e, non a caso, ho iniziato a usare il mio primo trattamento per prime rughe a venticinque anni. Forse perché, essendo l’organo più esteso del nostro corpo, è ritenuto da molti il vero specchio dell’anima. Proprio in questi giorni ho finito di leggere un libro bellissimo di Lise Bourbeau, intitolato Le cinque ferite e come guarirle, in cui viene più volte spiegato il modo in cui difendiamo noi stessi attraverso la pelle, un organo in grado di parlare a noi e agli altri e quindi la stretta corrispondenza espressiva tra pelle e stato d’animo e quella difensiva tra pelle e mondo esterno».