La Tomba del Tuffatore di Paestum
- di Laura AlloriPaestum gli dedica una mostra, "L'immagine Invisibile" con più di cinquanta opere di tutti i tempi che inaugura il 3 giugno e durerà fino al 7 ottobre 2018. La "Tomba del Tuffatore" è una delle opere più belle, misteriose e affascinanti dell'antichità greca e un raro esempio del suo genere.
Datata tra 480-470 a.C. Lunghezza 220 cm; altezza 110 cm; spessore della lastra sommitale 18 cm.
Si tratta di lastre in pietra completamente intonacate all'interno e affrescate. La Tomba del tuffatore rappresenta una delle più alte testimonianze dell'arte funeraria della Magna Grecia. Fu ritrovata nell'area archeologica di Paestum, in Campania.
E una tomba a cassa, in cui era sepolto un giovane uomo, accompagnato da un corredo funerario costituito da pochi oggetti: tre vasi di raffinata fattura ed una lira.
La tomba è composta da cinque lastre in marmo travertino, interamente decorate ad affresco, con soggetti che alludono al viaggio nell'oltretomba. Rappresenta la più antica pittura parietale conosciuta proveniente da una città greca.
L'opera è stata ricomposta in una sala del Museo Archeologico Nazionale di Paestum.
La figura del tuffatore è impostata secondo un andamento diagonale che determina un effetto dinamico. Questo è rafforzato anche dal diverso orientamento degli alberi e dallo sbilanciamento dei pesi visivi verso destra, grazie all'architettura che funge da trampolino.
La linea è continua e percorre i contorni delle figure, descrive in modo essenziale l'anatomia dei corpi. Come in tutta la pittura arcaica, il colore è uniforme e ridotto a poche tinte: l'azzurro (le coperture dei klinai), il bruno, l'ocra e il bianco.
Un tuffo verso l'aldilà: nella lastra di copertura è raffigurato un giovane nell'atto di tuffarsi da un pilone di pietra. L'ambientazione è limitata ad una piccola superficie d'acqua e a due alberi stilizzati.
Il pilone rappresenta forse una delle colonne d'Ercole, estremo confine del mondo conosciuto. Il giovane, quindi, si sta tuffando verso l'ignoto, rappresentato dall'acqua, che allude al mondo dei defunti
Il tema del simposio: all'interno, lungo le lastre principali, sono rappresentati alcuni giovani che si intrattengono dopo un banchetto, sdraiati su klinai (i letti usati nell'antichità greco-romana). Alcuni sono intenti a bere, altri a suonare. Il simposio, presso i Greci e i Romani, seguiva il banchetto: gli invitati bevevano e si dedicavano ad intrattenimenti diversi, come il canto, la danza, la conversazione, giochi. Esso era considerato un momento fondamentale per la formazione dell'uomo greco, passaggio necessario per entrare a far parte della comunità adulta.
La composizione è schematica, come è evidente nelle lastre laterali, caratterizzate dalla sequenza ritmica delle figure.
La tomba del Tuffatore fu rinvenuta nel 1968 a circa di due chilometri a sud di Paestum, la Lekythos (1), unitamente alle analisi stilistiche hanno permesso una chiara datazione al decennio compreso tra il 480 e il 470 a.C. L'immagine del Tuffatore è raffigurata nella lastra di copertura della tomba. Sui quattro lati sono ritratte alcune scene, che raffigurano un convivio. Il ritrovamento è stato fatto da Mario Napoli, uno dei più capaci archeologi campani del secolo scorso.
La scena del Tuffatore raffigura un uomo nudo che si lancia da una sorta di trampolino piuttosto alto verso un corso d'acqua sottostante. Secondo Mario Napoli il tuffo rappresenterebbe l'inizio del viaggio verso l'aldilà, compiuto dall'uomo al momento della morte, che è allo stesso tempo tuffo verso il mare della vera conoscenza.
Comunque – e fortunatamente -, ci sono anche altre ipotesi: un riferimento a giochi sportivi, che disputavano anche gli atleti delle colonie della Magna Grecia. Quest'ultima ipotesi sarebbe corroborata dal ritrovamento, all'interno della camera funeraria, della lekythos (1), che era utilizzata dagli atleti.
Di sicuro, la Tomba del Tuffatore deve ancora essere studiata a fondo e compresa nella sua interezza, tuttavia essa rimane a tutt'oggi l'unico esempio di pittura greca di età classica e della Magna Grecia ma, al di là del suo inestimabile valore di testimonianza storica, non ha consentito di conseguire progressi nella conoscenza di questa forma artistica pressoché perduta nel mondo greco. Infatti, ciò che conosciamo è legato più alla ceramica, proprio grazie a questa si sono trovate delle affinità stilistiche delle opere, assieme ad un'influenza tutta "italiana" che è la pittura tombale etrusca.
Un esempio lo troviamo nella Tomba della caccia e della pesca a Tarquinia, che è più antica (520 - 510 a.C.) ma conserva alcune caratteristiche simili soprattutto nel modo di sistemare le scene all'interno dello spazio. Il nostro tuffatore di Paestum ha avuto una sepoltura più intima, ma solenne comunque perché si festeggia accanto a lui, e l'immagine del convivio, così gaia e soave, riporta proprio alla bellezza dell'antichità, alla libertà e all'amore, tanto nei confronti del defunto, a tal punto da donargli un mausoleo di pregevole fascino. Amore e gloria ottenute, a mio avviso, per le ripetute vittorie nei tuffi o in qualcosa che molto doveva somigliare ad essi; perché personalmente non trovo l'ipotesi metaforica di Napoli totalmente plausibile, perché il concetto di acqua come aldilà è qualcosa che è venuto più avanti nel tempo, coadiuvato dal pensiero e dalla simbologia del cristianesimo.
(1) La lekythos (in greco antico λήκυθος) è un vaso dal corpo allungato, stretto collo con un'unica ansa e ampio orlo svasato. Era utilizzato nella Grecia antica e nelle zone magno-greche per conservare e versare olio profumato e unguenti, era impiegato dagli atleti, nelle cerimonie funebri e come segnacolo sepolcrale.