«Dipingo per restare nel mondo, per comunicare con gli altri in modo chiaro». Intervista a Ciro Segreto
- di Nicola GarofanoNuove strade Pompeiane, olio su tela, 2019.
L’artista pompeiano Ciro Segreto ha presentato la sua mostra personale “Pompei… a Pezzi. Visioni statiche di un artigiano cronico” allo store Rosa Pompeiano, una bellissima anteprima domenica sera scorsa coadiuvata anche dalla straordinaria performance della ballerina Alessandra Sorrentino. Una trentina di opere che sviluppano un linguaggio unico, la sua cittadina, Pompei, immagini dense e/o ispirate alla fotografia, usando sia l'astrazione sia la figurazione per dipingere il qui e ora. I suoi dipinti riguardano il presente misto al passato, la Pompei delle rovine. Sensazioni presenti diventano ricordi o anticipazioni di sensazioni future, con l’ottimo controllo delle proprietà del colore, della sua capacità di solidità e liquidità, di opacità e trasparenza.
La mostra si chiama Pompei a pezzi. Com'è nata e che cosa rappresenta per te e quale messaggio vorresti passasse...
«Il primo compito di un pittore che vuole dedicarsi in parte alla pittura paesaggistica, è quello di guardarsi intorno: cioè prendere come modelli della propria ricerca, gli scorci o le vedute che più si conoscono, perché parte del proprio quotidiano. Credo che questa sia la scintilla che ha fatto nascere la mostra "Pompei a pezzi". Tutto quello che in genere dipingo, mi appartiene fisicamente o sentimentalmente. L'intento è di accrescere nelle persone che hanno visto i miei lavori, una maggiore sensibilità verso la propria città o verso le proprie origini».
Quanto ti spingi oltre nel creare un'opera?
«Nel creare un quadro o un'opera d'arte in genere, ogni creativo deve riuscire ad avvicinarsi all'idea progettuale che ha in mente. L'opera d'arte, nasce nella testa dell'artista: è lì, forse, che il creatore può spingersi oltre. Nella realtà la maggior parte delle volte, bisogna fare i conti con le limitazioni che il mondo fisico impone».
L'artista Ciro Segreto e la ballerina Alessandra Sorrentino
Come ti definisci come artista?
«Per quanto riguarda la pittura sono un autodidatta. Tranne qualche piccolo incontro con pittori amici, che mi hanno saputo consigliare. Sul piano tecnico e stilistico, credo di tendere verso una pittura abbastanza classica, cosa un po' strana di questi tempi. Purtroppo alle inclinazioni personali e alle predisposizioni artistiche, non si comanda. Bisogna solo seguirle e lasciarsi andare».
C'è un movimento artistico passato che avresti voluto far parte?
«L'Impressionismo francese, è sicuramente la "madre" di tutti i movimenti artistici, anti-accademici. Mi sarebbe piaciuto poter sperimentare in quel periodo così fortemente innovativo e dissacratorio».
Hai una fotografia o un dipinto preferito che ti ispira?
«No. La mia ispirazione nasce dall'osservazione di modelli reali: paesaggi urbani, manichini o delle foto con soggetti umani che scatto io personalmente».
In tempi di crisi personale, se le hai avute, ovviamente sei un essere umano, qual è il ruolo importante nella tua vita? Fede? Creatività? Le persone che ami?
«Sono perennemente in crisi. Una crisi fortunatamente genuina, propositiva e creativa direi. Credo che nella vita bisogna essere importanti verso se stessi, solo allora, si riesce a essere importanti anche per gli altri. Quello che si trasmette agli altri, la maggior parte delle volte, è quello che si trasmette prima a se stessi».
Io Pulcinella, olio su tela, 2016.
Qual è il ruolo della creatività nei momenti difficili?
«Nei momenti difficili, non creo mai nulla. Al massimo disegno qualche schizzo. La mia pittura non è terapeutica. Non uso la creatività per rifuggire dal mondo, anzi, io dipingo per restare nel mondo, per comunicare con gli altri in modo chiaro. Per questo uso modelli reali come dicevo prima: evito così di pescare idee dal mio subconscio. Diversamente farei sempre lo stesso quadro».
Pompei a pezzi, olio su tela, 2019.