Successo e divertimento per “I cavalli di Monsignor Perrelli” all'Augusteo di Napoli. Recensione

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Successo e divertimento per “I cavalli di Monsignor Perrelli” all'Augusteo di Napoli. Recensione

È andato in scena fino a ieri al Teatro Augusteo di Napoli lo spettacolo “I cavalli di Monsignor Perrelli”, scherzo in musica in due tempi, di Peppe Barra e Lamberto Lambertini, che ne cura anche la regia; con  lo stesso Peppe Barra, Patrizio Trampetti, Luigi Bignone ed Enrico Vicinanza.
Dopo quasi ventisei anni tornano a lavorare insieme Peppe Barra e Lamberto Lambertini riportando in scena una delle opere che incarna a pieno la commedia all’antica italiana che sviluppa una lucida disanima su due personaggi dell’epoca, parliamo della Napoli sotto Ferdinando IV, re Nasone.
Monsignor Perrelli, fecondo personaggio nato dalla fantasia popolare dalla fusione di due persone realmente esistite Filippo Perrelli e suo nipote Pietro, entrambi monsignori, è una delle maschere più ricordate tra le leggende metropolitane partenopee. I napoletani si appropriarono delle sue stramberie e, come avviene spesso, furono raccontati da persona a persona aneddoti dovuti al suo essere smemorato, folle, ignorante, surreale, con i suoi eccessivi peccati di gola e, con queste coordinate, Patrizio Trampetti ne restituisce l’esatta personalità nella sua interezza sempre più aliena scavando più a fondo nel pathos del personaggio. Ed è anche il perfetto coprotagonista di Peppe Barra che interpreta Meneca, la sua perpetua. Dico interpreta e non travestito da donna, perché Barra interpreta una donna e non scimmiotta una donna. Meneca è un semplice ruolo d’attore, come lo può essere Razzullo o Amleto, e dalla grande attorialità di Peppe Barra nasce il vero miracolo, il personaggio Meneca, con le sue espressioni buffe o serie, con la sua forma di registri di voce altalenanti, la sua genialità creativa e dirompente nell’interpretare un personaggio, quel personaggio che cancella l’attore Peppe Barra e diventa vera persona, la perpetua Meneca.
Peppe Barra ha un’ineliminabile forza creativa e attoriale che riempie la polverosa scena di un’aurea magica e raggiunge l’apice con uno dei monologhi più divertenti e dissacranti di quest’opera, La ricetta del bucchinotto,  interagendo con il pubblico.

                       
Il regista Lamberto Lambertini  ha saputo ben combinare le varie scene di vita quotidiana tra Monsignore e Meneca con inframmezzi musicali, scavando tra i suoi ricordi d’infanzia, con canzoni come Presentimento, ‘Miez’’o grano, La luna nova, Il carrettiere del Vomero etc.  nel perseguimento di un inafferrabile equilibrio tra l'adattamento di una sceneggiatura avvincente e la musica tradizionale napoletana interpretata da un magistrale Enrico Vicinanza, attore e cantante che, con la sua tessitura che spazia tra il mezzo soprano e il contralto e con la sua tecnica vocale straordinaria, ha dato energia e vigore ai brani. 
E sul palco anche l’attore emergente Luigi Bignone eccelso con grande capacità interpretativa nello spettacolo teatrale “La paranza dei bambini” confermandola anche in questa commedia.

Le scene sono di Carlo De Marino, i costumi di Annalisa Giacci, le musiche di Giorgio Mellone.

Lo spettacolo riprenderà nei vari teatri italiani dopo "La Cantata dei pastori" cui Peppe Barra è impegnato.